Salvini lo ha deluso. E se i giornalisti sono prostitute i politici allora sono i loro ‘magnaccia’ perché «invadono i talk show» dopo averli definiti «pennivendoli e puttane».
Sulla durata del governo giallo-verde, però, il direttore del Giornale prevede che sarà più lunga di quanto immaginato: a nessuno conviene staccare la spina.
Ospite, seppure a distanza, di Conto alla Rovescia – il programma di Pasquale Damiani dedicato ieri sera alla libertà di informazione dopo gli attacchi dei 5 Stelle alla stampa in occasione dell’assoluzione della sindaca di Roma Raggi – Alessandro Sallusti nell’intervista realizzata da Pierluigi Boragine, che proponiamo, si dice d’accordo su un solo punto con i pentastellati: l’abolizione dell’Ordine professionale.
Lo scontro fra governo e organi di informazione, ragiona Sallusti, «non è una novità, perché la conflittualità fra chi governa e la stampa è fisiologica, addirittura è sana. Ci mancherebbe altro che un governo non avesse una stampa critica che lo incalza, lo tiene sotto pressione: è il ruolo della stampa. La novità è una reazione plateale, volgare, a tratti pericolosa, perché quando si minaccia di chiudere i giornali o di intralciarli anche economicamente c’è un salto di qualità di questa conflittualità».
Di Battista ha detto che i giornalisti sono puttane. Si è sentito offeso?
«No, per niente. La prostituzione è il mestiere più vecchio del mondo ed è molto più nobile di quello della politica perché la prostituta mantiene le promesse col cliente, fa un patto e lo mantiene, mentre i politici fanno patti e non li mantengono. Ma soprattutto in Italia la prostituzione non è reato, è reato lo sfruttamento della prostituzione e i politici sfruttano i giornalisti-prostitute nel senso che nei giorni in cui ci danno delle prostitute poi invadono i talk show per avere una platea attraverso la quale parlare a tutti gli italiani, premono sui giornali per essere intervistati. Per cui, se noi siamo prostitute loro sono dei magnaccia».
E questo governo sta onorando quanto promesso in campagna elettorale?
«No, appunto. I 5 Stelle hanno superato il 50% in Puglia promettendo di chiudere il Tap e l’Ilva e il Tap e l’Ilva sono aperti e godono di ottima salute. Hanno promesso entro la fine dell’anno il reddito di cittadinanza e come l’hanno promesso non ci sarà mai. Se ci sarà qualche briciola di reddito di cittadinanza chissà quando e chissà come. Ma soprattutto avevano promesso in campagna elettorale che mai avrebbero governato con la Lega, invece governano con la Lega. Tutti i governi e tutti i partiti non mantengono le promesse, però almeno ci provano e nei limiti delle possibilità qualcosa cercano di mantenere. Qui siamo proprio all’anno zero».
Che effetto fa essere inserito nella lista di proscrizione?
«È un onore, una medaglia. Qualsiasi giornale che viene additato dal potente di turno sta facendo bene il suo lavoro. E qui non è tanto questione di essere nel giusto o no, fare il giornalismo significa anche avere una visione della società e se la visione che porta avanti il governo non coincide con la tua è un tuo dovere criticare quell’idea e sostenere quella in cui credi. Noi siamo un giornale nato per sostenere il liberismo, di fronte a un governo che sta avviando il Paese verso un socialismo reale è quasi nostro dovere opporci».
I 5s propongono l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Andrebbe a scalfire i principi dell’articolo 21 della Costituzione?
«Guardi, questa è l’unica cosa su cui sono d’accordo coi 5 Stelle. Quella di abolire l’Ordine dei giornalisti è una battaglia anche liberale, nel senso che l’Ordine è l’ultimo residuo del fascismo. Le corporazioni sono state inventate dal duce per controllare le professioni. Che i medici e gli ingegneri debbano aver un Ordine per attenersi a delle regole perché hanno in mano la vita delle persone è comprensibile, ma non si capisce perché debba esistere un Ordine per fare informazione. L’informazione per definizione è libera, se chi fa informazione commette dei reati c’è già il codice penale, c’è anche il codice civile. Basta e avanza, non si capisce perché debba esserci anche il tribunale del popolo dell’Ordine dei giornalisti».
L’informazione sui social contribuisce a inasprire i rapporti tra chi governa e chi ‘controlla’ il governo?
«Sicuramente, perché l’informazione social non ha controllori, in rete circola di tutto e di più. Qualche giorno fa girava la notizia che Vasco Rossi si era lamentato che Salvini avesse cantato Albachiara al programma di Costanzo definendo Salvini un fascista che non poteva permettersi di cantarla. Questa notizia è circolata sui social, è stata ripresa da diversi siti anche autorevoli, salvo scoprire qualche ora dopo che si trattava di una fake news totale, nel senso che era stato inventato un finto account di Vasco Rossi… ma tra chi non sta lì tutto il giorno a leggere le notizie se qualcuno l’ha intercettata è convinto che Vasco Rossi abbia dato del fascista a Salvini e gli abbia ‘impedito’ di cantare Albachiara. Le fake news sui giornali le fermi, nel senso che i giornali sono assoggettati non solo ai controlli ma anche alle regole dell’Ordine e del codice penale e civile, quindi se un giornale pubblica una notizia falsa poi deve informare i suoi lettori che ha sbagliato o è caduto in una trappola. Sui social una volta che è andata, è andata. Perché raggiunge migliaia, addirittura milioni di persone contemporaneamente e non c’è nessun obbligo di rettifica e quindi credo che ancora adesso molti italiani siano convinti che Vasco Rossi ha dato del fascista a Salvini».
Da uno a dieci, quanto l’ha delusa Salvini? Se l’ha delusa…
«Mi ha deluso sicuramente e fin dall’inizio, come elettore – i giornalisti sono anche elettori – perché nel mio collegio ho votato Lega, il candidato all’uninominale era della Lega, immaginando che Salvini mantenesse i patti: o si governa col centrodestra o non si governa. E invece mi sono ritrovato al governo Di Maio. Quindi mi sono sentito da subito un po’ tradito e preso in giro. Salvini, col senno di poi, ha fatto bene dal suo punto di vista perché è passato dal 17 al 30% di consensi. Ma questo è un problema che riguarda Salvini. Se avere Salvini al 30% significa avere Di Maio al governo e reddito di cittadinanza e non fare la Tav a me del 30% di Salvini non me ne frega niente perché il mio voto viene utilizzato per fare cose nelle quali non solo non credo ma che ritengo dannose. Mi auguro che appena possibile stacchi la spina di questo governo, proprio per coerenza».
Quanto durerà, allora, questo governo?
«Più di quello che immaginiamo, per far cadere un governo ci vuole che a qualcuno convenga farlo cadere. Salvini, finché i consensi non diminuiscono in modo sensibile nei sondaggi, non ha nessun vantaggio a far cadere il governo. Di Maio non può far cadere il governo perché altrimenti arriva Di Battista, Forza Italia e Pd sono ancora molto malmessi per cui non hanno nessuna convenienza ad andare a votare in tempi ravvicinati. Non essendoci la convenienza, temo che questo governo ce lo terremo finché succede un fatto economico molto rilevante – immaginiamo lo spread a 400 quindi il sistema bancario a rischio, i risparmi a rischio – oppure sicuramente fino alle europee ma forse anche dopo».
ppm

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