Una situazione molisana catastrofica quella descritta da Michele Petraroia in una nota alla stampa. Il consigliere ha elencato decine di aspetti della regione che proprio non vogliono saperne di cambiare volto, evidenziando come il Molise non riesca a superare il periodo di crisi, a differenza – secondo lui – dell’Italia, che qualche segnale positivo lo ha lanciato. “I dati macroeconomici della Banca d’Italia confermano una crisi irreversibile del nostro sistema produttivo, l’aumento esponenziale dei disoccupati, la progressiva diminuzione del numero delle imprese, la cancellazione di servizi pubblici essenziali e l’impoverimento dei ceti medi” – ha affermato Petraroia.
“Nel mentre l’Italia segna una doppia vittoria su scala europea, recupera credito e assume un ruolo di rilievo nella definizione delle misure per difendere l’euro, accelerare l’integrazione bancaria e rilanciare l’occupazione, il Molise arretra paurosamente, traballa e stenta a rimanere in piedi”. “In tutti i comparti produttivi, salvo rarissime eccezioni, le imprese hanno problemi di liquidità, fatturati in calo, contrazioni d’organico e perdita di competitività. Le Poste Spa chiudono e razionalizzano 44 uffici, le Ferrovie non investono dai tempi della Venafro – Rocca d’Evandro, l’Enel non potenzia nemmeno le linee, la Telecom è irrintracciabile anche fisicamente, l’Anas non batte chiodo e non garantisce nemmeno gli stagionali storici, 27 milioni di euro per fermare il dissesto idrogeologico sono fermi a Roma, la scuola ha cancellato centinaia di posti di lavoro, la sanità è finita su un binario morto, i collegamenti stradali vivono di annunci promozionali che si susseguono stancamente, nel trasporto pubblico locale c’è un caos inenarrabile, l’ultima pianificazione urbanistica regionale risale al Provveditorato Campano agli inizi del 1960, gli uffici pubblici scompaiono l’uno dopo l’altro, nel sociale si taglia e si esternalizza, il tessile langue, l’agroalimentare è a terra, la Fiat è un’incognita, il turismo una chimera, dell’Interporto di Termoli si sono perse le tracce e l’Università aumenta le tasse e diminuisce l’offerta didattica”.
“Gli appalti vengono vinti, e non solo in edilizia, da imprese campane e pugliesi a costi proibitivi per le nostre aziende” – tuona il consigliere. “Il Molise aborrisce i controlli e persiste in logiche feudali, tribali e familistiche che umiliano i talenti, marginalizzano le competenze, cooptano i servi sciocchi e promuovono la mediocrità a simulacro della rappresentanza. Per salvarci servirebbe un salto culturale con cui prendere atto del fallimento dell’autonomia regionale e provare ad accollare il nostro fardello doloroso sulle spalle degli abruzzesi e dei marchigiani, che nutrono mille riserve al riguardo. C’è una classe dirigente non più in grado di offrici una prospettiva, naviga a vista e che ci condurrà, in modo inconsapevole, ad essere un feudo dei casalesi. E tra uno sbocco simile e l’ingresso in una Macro-Regione, preferisco la seconda ipotesi senza alcun tentennamento!”