Incentivi al pensionamento coniugati con l’abbassamento del costo del lavoro per agevolare le assunzioni. Questo avrebbe messo in campo il presidente di Confindustria Molise invece che reddito di cittadinanza e quota 100. Al governo regionale guidato da Donato Toma, invece, Vincenzo Longobardi suggerisce di non imboccare la strada del ‘libro dei sogni’.
Comincia il 2019 da dove aveva lasciato il 2018, il capo degli industriali molisani. Per esempio ribadendo il senso di uscite pubbliche e scambi non di maniera con esponenti della nuova maggioranza di Palazzo D’Aimmo.
Presidente Longobardi, non ha risparmiato in questa prima parte del suo mandato dichiarazioni critiche nei confronti dell’assessore Cotugno prima e del consigliere Tedeschi poi. Ma in una lettera agli associati ha sollecitato fiducia verso il futuro. C’è un collegamento tra queste sue iniziative che a prima vista sembrano in contrasto?
«Più che un collegamento c’è coerenza nel modo di intendere il mio mandato da presidente. Da una parte sono naturalmente portato a tutelare l’iniziativa privata, essendo manager di una grande azienda che in questa regione ha un importante stabilimento. Da questo punto di vista mi sono sentito in dovere di criticare chi ritiene un’attività economica, il turismo, “migliore” delle altre per ottenere sviluppo e occupazione. Il turismo, per quanto potenziabile, non riesce nel nostro contesto ad esprimere i numeri dell’industria. Nello stesso momento mi sono sentito di contestare chi esprime “sospetti” nei confronti di un’attività industriale in regola con tutte le autorizzazioni e con le leggi previste dallo Stato italiano e dall’Unione europea e ogni anno investe risorse importanti per la propria sostenibilità. Mi consenta di ricordare che uno dei pochissimi campi in cui l’Italia eccelle nel mondo industrializzato è il numero di certificazioni ambientali Iso 14001.
Sono intervenuto, quindi, per invitare coloro che ci rappresentano politicamente a ponderare meglio le loro posizioni, per evitare che dilaghi nella società una sottocultura industriale che fa del sospetto e dell’accusa un freno allo sviluppo. Dall’altra parte ho voluto spingere i colleghi ad avere, comunque, più fiducia nel futuro perché questa è una caratteristica prioritaria del fare impresa. In tal modo ho voluto sensibilizzare gli imprenditori a tutelare l’importanza del proprio ruolo diffondendone il valore in una società in cui troppo spesso, per pura strumentalizzazione, l’impresa viene demonizzata o interpretata in termini di pura contrapposizione».
La crescita economica dell’Italia nel terzo trimestre del 2018, dati alla mano, si è fermata. Perché? Cos’è che spaventa le imprese?
«L’incertezza e la mancanza di fiducia sul futuro. Per noi questi elementi sono essenziali per fare investimenti e decidere di assumere. Laddove vengono meno, la crescita si blocca. È un dato di fatto ed è quello che temiamo accada in Italia, perché le misure cardine di quest’esecutivo – “quota 100” e “reddito di cittadinanza” – non hanno impatto sulla crescita. Cosa diversa, a mio avviso, sarebbe stata coniugare un esodo pensionistico con una agevolazione per i nuovi assunti, prevedendo per ogni giovane assunto un sistema di decontribuzione e defiscalizzazione in grado di abbassare il costo del lavoro. Mi rendo conto che questo avrebbe comportato una violazione delle promesse elettorali, ma avrebbe avuto un’influenza nettamente superiore sull’occupazione e quindi sulla crescita del Paese».
Di cosa hanno bisogno le imprese?
«Innanzitutto di segnali favorevoli, che aumentino la loro competitività: in primis le infrastrutture! Abbiamo bisogno di aprire i cantieri e non di chiuderli! Negli anni 70-80 eravamo tra i primi in Europa per investimenti, oggi vaghiamo intorno alla 17^ posizione. Abbiamo bisogno di un fisco meno pesante e complesso, di una burocrazia a supporto del sistema-imprese-Paese, di un minor costo dell’energia, complessivamente di un clima di fiducia che consenta al nostro Paese di essere più credibile».
Come valuta il nuovo governo regionale molisano?
«Dopo una lunga fase di attesa dovuta alla mancata nomina di un commissario della sanità, siamo ora giunti ad una soluzione e dunque ci aspettiamo che finalmente l’esecutivo regionale si concentri prevalentemente sulle politiche di sviluppo, senza lasciarsi, andare, però, ad inutili “libri di sogni” come sta avvenendo da troppi anni in Molise. Ricordo i risultati ottenuti con la legge Obiettivo, con il cosiddetto Articolo 15, con il Programma di sviluppo regionale, con il Piano per il Sud e via dicendo. Tutte iniziative rimaste sulla carta. Il problema vero è che un programma di sviluppo del nostro territorio deve essere accompagnato da risorse aggiuntive rispetto a quelle dei fondi strutturali che da sole, soprattutto per migliorare i dati sull’occupazione e sulla crescita economica, non sono assolutamente sufficienti. Non lo sono sul piano della quantità delle risorse messe in campo e non lo sono per le procedure farraginose e complesse che sono previste e che non consentono quella rapidità nell’attuazione delle misure che il periodo di crisi imporrebbe».
Resta dell’idea che promuovere il comparto industriale sia la chiave di volta per la crescita complessiva del Molise?
«Voglio ricordare che l’Italia è il secondo Paese manifatturiero d’Europa e il settimo nel mondo, pur avendo il patrimonio artistico e culturale più importante al mondo che la rendono molto attrattiva sul piano turistico. Questo a riprova della possibilità di far coesistere le diverse attività economiche. È indubbio che il peso dell’industria in ogni regione d’Italia sia fondamentale per generare ricchezza e posti di lavoro. Altrimenti qualcuno dovrebbe spiegarmi perché le regioni italiane più ricche sono quelle con i maggiori insediamenti industriali! Perciò sono intervenuto pubblicamente, nei giorni scorsi, per ricordare ai nostri amministratori regionali di fare attenzione a certe dichiarazioni che minano il valore dello sviluppo industriale. Vorrei ricordare che qualche anno fa questa regione ha perso un importantissimo progetto di ampliamento di una multinazionale con stabilimento a Termoli (mi riferisco alla Momentive) che, di fronte alle resistenze strumentali poste in essere sul piano territoriale, ha scelto di spostare in Germania il suo progetto di ampliamento. Cose di questo genere non ce le possiamo assolutamente permettere!».
Tradizione agricola, turismo ancora poco sviluppato ma con le giuste potenzialità, la Pa è invece ancora un’aspirazione, il posto fisso intendo. Che spazio c’è in una regione che ha queste caratteristiche per l’iniziativa privata industriale? Non è forse una forzatura rispetto alla vocazione turistica e naturalistica del Molise?
«Basta osservare territori simili al nostro, che però sono riusciti a crescere più di noi. Guardiamo l’Abruzzo, per esempio, regione dalla quale ci siamo separati: il turismo si è sviluppato parallelamente alla crescita industriale del territorio. Come mai? Perché in Abruzzo sono state fatte delle politiche a favore dello sviluppo industriale e turistico nello stesso tempo: investimenti sulla viabilità e sui servizi infrastrutturali fondamentali alla nascita di aree industriali come quella a noi limitrofa di San Salvo o all’altra della valle del Trigno. I nostri consorzi industriali sono ancora sostanzialmente carenti di servizi fondamentali alle imprese (impianti di depurazione, snodi ferroviari per il trasporto merci, tariffe consortili e costi della pubblica amministrazione altissimi) e perciò non sono assolutamente competitivi e attrattivi per nuove realtà industriali.
Quindi, per tornare alla sua domanda, occorre creare occasioni anche in una terra come quella molisana, di tradizione agropastorale, ma vere occasioni che possono nascere solo da un cambiamento radicale della mentalità. In molte altre aree del nostro Paese si sono coniugate con successo queste due realtà. Da qui il mio impegno affinché si diffonda una cultura industriale moderna e responsabile sia in chi ci governa che nelle nuove generazioni, fatte di giovanissimi che devono lasciare le loro famiglie e luoghi in cui sono nati per cercare lavoro altrove, in società e aziende grandi e strutturate in grado di riconoscere e di gratificare i loro personale».
Lo sviluppo industriale come opportunità di crescita e di progresso?
«Certamente! Guardi che il problema dello spopolamento del Molise è una conseguenza quasi naturale della mancanza di lavoro e più in generale di opportunità e rappresenta la cartina di tornasole della capacità di chi ci governa di “far bene”. Se guardiamo al Molise, è evidente che fino ad ora si è fatto poco per creare chance di sviluppo e lavoro, rivendicando fantomatiche azioni per la crescita e l’utilizzo “appropriato” dei fondi strutturali… siamo indietro anni luce rispetto ad un governo della regione moderno e responsabile! E non mi riferisco a questo governo che da pochi mesi si è insediato, ma alla storia precedente di questa regione, perché purtroppo il Molise si porta dietro problemi irrisolti da decenni».
Cosa auspica allora per il nuovo anno?
«Mi auguro, ovviamente, che sia migliore del precedente. Onestamente spero che la politica si riappropri della sua funzione di rappresentanza istituzionale, con maggiore onestà intellettuale e senso del bene comune, abbandonando le dirette e i post su Facebook, i commenti estemporanei e gli slogan che nulla aggiungono se non far crescere il livore, la rabbia e lo scontento, spegnendo consapevolmente il senso di critica e di osservazione dei fenomeni economici e sociali. Mi auguro, infine, che il 2019 sia anche un anno che veda crescere nei cittadini il valore dell’europeismo e dell’integrazione, il valore del non lasciare indietro nessuno, il valore dei corpi intermedi della rappresentanza sociale come la Confindustria e i sindacati, osservando che il rapporto diretto della “politica” con i cittadini oggi è la causa principale del suo decadimento. Dal punto di vista delle imprese infine, mi auguro che la “capacità di resistere” non venga meno in ciascuno di noi, nella consapevolezza che l’impresa è un valore per il territorio nel quale opera».
ppm