C’è l’isernino Raffaele Di Mario al centro di una complicata vicenda legata al crac della Dimafin, accaduto tra il 2008 e il 2011. Ad occuparsene è la procura della Repubblica di Roma attraverso la ricostruzione del vaso di Pandora che vede al centro una serie di Istituti di credito e l’isernino Di Mario, un ex carpentiere che in dieci anni è riuscito a mettere in piedi un vero impero immobiliare tra Pomezia e Bologna, valutato intorno agli 800 milioni di euro. Il settimanale L’Espresso ricostruisce tutte le fasi della vicenda. Di Mario diventa famoso quando acquista palazzo Sturzo, sede storica della Dc. Ad aprile dello scorso anno per il crac della Dimafin fu arrestato insieme al suo più stretto collaboratore, Lucio Giulio Capasso. I reati ipotizzati sono di tipo fiscale oltre alla bancarotta fraudolenta. Dal 16 ottobre 2009 le banche decisero di estromettere Di Mario dalla gestione del gruppo affidandosi ad una serie di professionisti che proposero un piano per salvare la Dimafin. Ai fornitori e ai dipendenti fu chiesto di dare fiducia all’operazione in corso e quindi nel frattempo lavorare a credito. Ai pm romani Di Mario e Capasso hanno riferito che in realtà esisteva un piano delle banche per mantenere in piedi la Dimafin ormai inesorabilmente diretta verso il crac, erogando il minimo possibile. L’obiettivo, secondo Di Mario e Capasso, era avere più tempo per cercare di ridurre la grande esposizione che Dimafin aveva con le Banche. In pratica c’era da fare rientrare in cassa circa 200 milioni di crediti non privilegiati, su un totale di 540 milioni. Un’operazione che avrebbe danneggiato il fisco, i fornitori i dipendenti e i creditori. Ai pm romani Di Mario dichiarò anche che le banche, pur conoscendo le condizioni della Dimafin, avrebbero imposto una serie di operazioni in perdita, a loro esclusivo vantaggio. Secondo ciò che riferisce l’Espresso, Di Mario e Capasso avrebbero dichiarato ai pm il sospetto che vi fosse un piano per portare il gruppo Difamin al fallimento per poi spartirsi il suo patrimonio alle aste fallimentari attraverso entrature al tribunale di Roma. Su questo specifico aspetto indaga anche la Procura della Repubblica, di Perugia.