La Coldiretti chiede a gran voce lo stop alle importazioni di pollo ‘con il trucco’ dall’Ucraina. L’organizzazione evidenzia come il Paese dell’est Europa stia approfittando delle agevolazioni tariffarie concesse dalla Ue per aiutare i paesi dell’Europa orientale, mettendo a rischio le produzioni nazionali ed europee.
Nel 2018 si è verificato un boom delle importazioni Ue di carne di pollo dall’Ucraina, cresciute del 53,7%, superando le 123mila tonnellate di carne avicola arrivata da Kiev. Il problema tocca da vicino anche il Molise dove, ad oggi, ci sono oltre 250 allevamenti avicoli.
Il meccanismo ideato dall’Ucraina è semplice: «Per evitare di pagare dazi più alti sui pezzi pregiati come il petto – spiega la Coldiretti – gli ucraini hanno inventato un nuovo taglio composto da petto e ala chiamato ‘breast with cap in’ classificato invece come pollame generico che passa i confini dell’Unione a tariffa zero per poi essere preparato e venduto come petto a ristoranti, mense e in altri canali industriali dove non c’è la possibilità per il consumatore finale di verificare l’origine o l’etichetta».
Questo trucco del ‘petto travestito’ per pagare meno dazi fa concorrenza sleale agli allevatori e a tutta la filiera italiana che affrontano dei costi di produzione maggiori e che nell’ultimo anno hanno subito un taglio di oltre 2,6 milioni di chili sulle esportazioni di polli nella Ue, mentre quelle verso l’Ucraina sono crollate del 65,8%.
«È necessario che l’Unione europea intervenga per garantire il rispetto delle regole, la trasparenza delle filiere e la correttezza degli scambi commerciali – spiega il direttore regionale di Coldiretti Molise Aniello Ascolese -. In un momento di generale rallentamento dell’economia mondiale bisogna tutelare ancora di più produzioni e posti di lavoro».
«L’Italia – sottolinea la Coldiretti – con oltre 1,3 milioni di tonnellate di carni avicole è uno dei principali produttori europei di pollame con una quota del 9% nella Ue, dietro alla Germania con il 10%, alla Spagna e alla Francia con l’11% a testa, al Regno Unito con il 13% e alla Polonia che si piazza al primo posto con il 16% del totale. La produzione italiana rende il Paese autosufficiente sul fronte dei consumi interni, pari a oltre 20 chili pro capite, tutelando la sovranità alimentare nazionale in questo comparto. Da Nord a Sud del Paese – conclude l’organizzazione – ci sono 18.500 allevamenti con una filiera che, con oltre 55mila addetti, comprende anche 400 stabilimenti per la produzione di mangimi, 174 macelli piccoli e grandi e oltre 500 stabilimenti per la trasformazione».

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