Matteo Varanese indica un punto marrone in mezzo al verde dorato dal sole degli alberi nella vallata. “Sono nato lì, in quella casa”. Pochi metri più in alto, al km 160.400 della vecchia statale 87, si è costruito un rifugio attrezzato. “Lo comprai che era solo mattoni uno sull’altro”. Ora è un villino. Aveva un giardino e un orto. Non c’è più nulla, le ruspe del cantiere che ha ammodernato la statale 87 gli hanno lasciato solo un ponte alto trenta metri a pochi passi dall’uscio. La vecchia strada era distante 9,10 metri (ora sono 7,9), il passaggio a livello e le curve addolcivano e frenavano la corsa della auto. L’arteria che corre veloce verso il Cratere gli si è minacciosamente avvicinata. Secondo il Tar quel ponte riduce la vivibilità dell’immobile ed è pericoloso per la sicurezza del luogo. Soprattutto la sentenza del 9 marzo scorso, arrivata sei anni dopo il ricorso curato per Varanese dall’avvocato Rossella Di Pilato, ufficializza quel che finora era rimasto confinato alle denunce di Varanese, dei comitati e degli ambientalisti: l’opera divisa in quattro lotti (all’inizio gli interventi previsti erano 7) a Campolieto è stata realizzata in parte (quella su cui poggia il viadotto Montagna) su un’area ad alto rischio idrogeologico.

Una storia del Sud, una storia nata dal tragico terremoto del 2002. L’intenzione della Regione e del Soggetto attuatore nel 2004 era di garantire “l’immediata percorribilità” – la tabella dei lavori è chiara nel titolo – del tratto che porta dai paesi colpiti dal sisma al capoluogo Campobasso. La concretizzò con un’opera che costa 41 milioni di euro, affidati al soggetto attuatore in qualità di stazione appaltante. I lavori per il lotto A4 (quello di Campolieto) furono consegnati il 12 giugno 2006: esattamente un anno prima la conferenza dei servizi aveva dato il nulla osta al progetto definitivo, quasi due mesi dopo (il 29 settembre 2006) l’Autorità di Bacino adottò il nuovo piano per l’assetto idrogeologico (Pai) che classifica la zona su cui poggia il ponte in quelle PF2. Vale a dire “livello di elevata pericolosità”. La proprietà di Varanese invece non è fra quelle a rischio frana. Ma non vuol dire che non possa vantare un interesse ad evitare la realizzazione di quel tracciato, argomentano i giudici. “Senza contare che, con riguardo specifico al pericolo di frana, pur essendo la loro proprietà esclusa dal presunto movimento franoso (secondo quanto riferito dal Ctu), essa si trova comunque sotto un viadotto che, almeno in parte, ne sarebbe probabilmente interessato”, scrive l’estensore Massimiliano Balloriani. Varanese, inoltre, è titolare di una concessione demaniale sul tratturo. Nessuna particella tratturale è stata formalmente espropriata, ma “dagli elaborati progettuali e dai rilievi in loco risultano effettivamente occupate alcune aree di suolo tratturale (la particella 42 del foglio 6 è stata occupata, per una superficie di 75 mq., con materiale arido e «chiaramente utilizzata provvisoriamente per finalità connesse all’operatività del cantiere »; la particella 2 del foglio 6 è stata, invece, occupata per una superficie di circa 280 mq., proprio dalla carreggiata attuale della SS 87, vecchio tracciato, la quale è stata deviata al fine di evitare l’interferenza del flusso veicolare con il tracciato in corso di esecuzione)”, si legge ancora nella pronuncia del Tar. Ha avuto ragione su tutti e tre i rilievi che per anni ha rappresentato insieme ai comitati e agli ambientalisti Matteo Varanese. “Prima di arrivare alla via giudiziaria abbiamo cercato di farci ascoltare dalla Regione e dall’Anas. Pensate che i lavori sono stati realizzati per rendere sicura la vecchia strada. Abbiamo riproposto un vecchio progetto dell’Anas che passava a pochi metri da qui, un tracciato che anche ai sensi del nuovo Pai è fuori dalle zone a rischio idrogeologico”, racconta. Invece, non c’è stato verso. Ricorda di quando “l’ingegnere Strassil assicurò anche sulla stampa che il percorso non era sulla frana”. Il progettista della ‘‘‘‘nuova 87’ è Carlo Strassil. Di lui si è occupata la stampa nazionale perché nel 2010 finì agli arresti nell’inchiesta ‘‘‘‘Mare Monti’ in Abruzzo. L’indagine per la strada mai nata davvero è coordinata dal pm Gennaro Varone, magistrato che anni fa lavorava in Molise. Di Strassil l’informazione poi ha reso note anche le intercettazioni in cui ‘‘‘‘rideva’ al telefono sul gran lavoro da fare a L’Aquila dopo un altro, e ancora più tragico, terremoto.

La battaglia proseguirà al Consiglio di Stato. Il verdetto di primo grado però scredita il percorso di un’infrastruttura ideata per mettere in sicurezza quella ‘‘‘‘antica’. È una macchia sull’opera inaugurata dall’ex ministro Matteoli meno di un anno fa, un mese prima delle regionali del 2011. Perché se devi mettere in sicurezza non stravolgi il territorio e le vite dei singoli – per quanto gli interessi privati debbano giustamente soccombere di fronte a quello preminente dello Stato – costruendo un ponte su una particella di terreno a rischio frana. Resta l’amarezza di Matteo Varanese. E molte domande. Se è vero che il tratturo è stato illegittimamente occupato, che la distanza del viadotto Montagna da casa del ricorrente è fuori norma e mette in pericolo l’abitazione, se è vero che quel ponte si estende su una zona franosa, adesso cosa succederà? rita

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