Un manifesto inatteso è comparso ieri sui muri della cittadina alto molisana. Mentre sta per cominciare il Festival dell’Avanti organizzato dal Partito Socialista, che ieri si è occupato di giovani e di agricoltura, salta all’occhio l’encomio funebre di un’azienda agricola locale che annuncia la sua morte. “Senza i conforti del Comune di Agnone e della Cia il giovane imprenditore agricolo Giangiacomo Menchinelli annuncia alla cittadinanza la morte della propria azienda agricola e la cessione delle amate capre”. Questo il testo che ha destato non poco scalpore. Scopriamo che il giovane imprenditore è al centro di un contenzioso con la ditta che ha costruito la sua stalla di capre. Un contrasto che a suon di denunce avrebbe portato ad una serie di percorsi burocratici irreparabili, fino all’annunciata chiusura. Mario Menchinelli, padre dell’agricoltore, ex sindacalista, ci racconta la sua storia e il perché dell’insolito manifesto. “Abbiamo costruito una stalla per le capre due anni fa – spiega – per una serie di motivi economici siamo entrati in contrasto con l’impresa costruttrice, perché pretendeva una somma molto superiore a quanto stabilito per i lavori svolti. Tale ditta non ci ha concesso il collaudo della stalla, per questo il Comune di Agnone non ha potuto rilasciare l’agibilità per la struttura, che in realtà è a norma di legge”. Menchinelli sottolinea, a questo punto, di aver richiesto agli uffici comunali l’agibilità provvisoria, che non gli è stata concessa perché non previsto dalla normativa vigente. “Ci sono invece bar e bed and breakfast che possono svolgere la propria attività anche con l’agibilità provvisoria”, precisa Menchinelli che ora vorrebbe denunciare il sindaco, convinto delle sue ragioni. “Ho ricevuto dal Comune – ci dice – un’ordinanza di sgombero delle capre. Così vanno in fumo duecentocinquanta mila euro investiti sulla stalla, quaranta capre, i formaggi che si riuscivano a fare in un mini-caseificio, che avevamo costruito ad hoc. E soprattutto mio figlio ora è disoccupato”. Il Comune, dal canto suo, non riconosce le responsabilità della vicenda, perché a quanto pare i contenziosi in atto tra l’agricoltore e la ditta in questione avrebbero reso inevitabile l’applicazione delle normative, dunque la questione non rientra nelle competenze dell’Ente, né della CIA. “Come amministratori non abbiamo colpe – afferma il consigliere Placido Cacciavillani, esponente della CIA – la competenza è dell’ufficio tecnico, che deve rispettare le leggi. Quando si accendono dei fuochi, non si può pretendere che la CIA e il Comune tolgano le castagne dal fuoco per vicende che non competono loro”. “Dovevano mettersi in regola – asserisce Santoianni, presidente regionale della CIA – abbiamo cercato di persuaderli. Ci dispiace che un’azienda che era un fiore all’occhiello per il settore debba chiudere, ma non sappiamo cosa farci”. Insomma, la situazione è intricata. Senza cercare colpevoli, il manifesto che decreta la morte dell’azienda di capre è senza dubbio sintomo di un’esasperazione che si fa irreparabile. Che fine farà l’attività del giovane imprenditore?

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