Per usare una metafora calcistica, per Isernia è arrivata la notizia che l’attaccante della squadra avversaria s’è infortunato. Sulla questione delle Province, quindi, una buona notizia c’è. Il problema è che la gara non è ancora iniziata e non è detto che, pur con la partenza a handicap, il governo non possa spuntarla. Per il momento, però, da via Berta si godono la vittoria. Che ha le sembianze di Piero Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte costituzionale. Il giudice ha espresso un parere sulla questione della legittimità del riordino delle Province. Bocciandolo sonoramente. Un ‘‘no’ importante quello che incassano gli enti territoriali. Capotosti, che individua “gravi dubbi di costituzionalità sotto diversi profili” nell’articolo 17 del decreto legge numero 95 del Governo, e nella relativa legge di conversione sulla revisione delle circoscrizioni provinciali. L’intervento di Capotosti, marchigiano, ex vice presidente del Csm, è stato sollecitato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Fermo, che lo ha poi trasmesso al Cal provinciale. Fermo, così come Isernia e uno stuolo di altre Province, è finita sotto la mannaia dei tagli del governo. “Lo strumento del decreto legge – osserva – non può venire utilizzato nei casi di evidente mancanza dei presupposti di necessità e urgenza”, e inoltre “non sembra sussistere alcuna plausibile giustificazione per la palese difformità fra il procedimento di riordino previsto dal decreto e la ben diversa procedura di modifica dei territori delle Province, stabilita nella Costituzione”. Due le principali perplessità. La prima, di natura formale, riguarda l’ipotetica violazione dell’articolo 77 della Carta costituzionale e “la fonte scelta dal Governo”. Secondo la più recente giurisprudenza costituzionale infatti, non si può far ricorso allo strumento del decreto nei casi “di evidente mancanza dei presupposti della necessità e dell’urgenza del provvedere, e neppure può venir utilizzato per far confluire in un unico atto una serie eterogenea di provvedimenti non collegati realmente fra loro sotto il profilo della materia trattata”. Fin qui aspetti puramente formali. C’è poi la sostanza. In questo caso, secondo Capotosti, “non sembra sussistere alcuna plausibile giustificazione per la palese difformità fra il procedimento di riordino previsto dal decreto legge e la ben diversa procedura di modifica dei territori delle Province stabilita in Costituzione”.