Pomeriggio intenso e sicuramente formativo quello odierno a Roccaravindola dove, nella chiesa Santa Maria Ausiliatrice, si è svolto un interessantissimo incontro sul tema dell’accoglienza. “Adesso ascolta…” l’eloquente titolo scelto dalla sezione locale dell’Associazione nazionale alpini. Interventi toccanti e stimolanti, con un unico comun denominatore: l’accoglienza. Durante il pomeriggio si sono succeduti vari interventi – aperti dall’introduzione del capogruppo alpino Fiorentino Castaldi e dai saluti del sindaco Franco Rossi -, da un ‘accalorato’ don Giuliano Lilli agli avvocati Luigi Fantini e Felice Fiacchino dell’associazione “Figli per i figli”, passando per padre Franco Gitto che da Isernia è stato spedito in missione in Ciad. Anche i cittadini hanno preso la parola per raccontare le loro esperienze e per porre domande. Fino ai migranti stessi, accompagnati dalla mediatrice culturale Patrizia Senerchia che non li abbandona mai, nemmeno per un istante. “Sono miei figli, la mia figlia biologica ormai sa che ha 33 fratelli e sorelle”, afferma riferendosi ai richiedenti asilo ospitati presso il borgo antico di Roccaravindola alta. Loro ricambiano allo stesso modo, considerandola come una seconda mamma.
I nigieriani che hanno raggiunto la chiesa per seguire l’incontro e per portare le loro esperienze hanno salutato e ringraziato tutti per l’accoglienza ricevuta. Tuttavia, “ci mancano le nostre famiglie” hanno affermato. Senerchia ha quindi spiegato che spesso si vedono i migranti parlare a telefono, specificando che “loro con i cellulari non giocano, come facciamo noi… Loro li usano per mettersi in contatto con i padri, le madri, i fratelli, i figli che hanno lasciato nei loro Paesi”. Il racconto del viaggio, che è stato “lungo e penoso” per raggiungere l’Italia è stato lasciato da parte. Si è preferito non parlarne per non riaprire in loro una ferita. Piuttosto si è parlato del futuro che vogliono. I ragazzi presenti all’incontro hanno detto di essere musulmani ma non per questo respingono o disprezzano i cattolici, anzi. Il loro primo grazie è stato proprio per don Giuliano Lilli, il quale ha avuto modo di smentire chi pensi che l’Africa sia un continente povero. Al contrario. “L’Africa è ricca, ha tutte le risorse ma è il continente più sfruttato e non il più povero!”.
Il momento più toccante (ed educativo, aggiungiamo) è stato la testimonianza di padre Franco Gitto. Il frate ha raccontato infatti la sua esperienza in Ciad. Dal 2010, momento in cui i superiori gli chiesero di lasciare la parrocchia di padre Giacinto ad Isernia per raggiungere il centrafica. “All’inizio dissi di no – racconta – ma poi venni convinto ed accettai. Ricordo che avevo paura, poi mi venne curiosità del nuovo, del diverso. La prima impressione, ciò che più mi ha colpito, è stata l’accoglienza ricevuta in Ciad. L’accoglienza – ripete – e il loro sorriso. Sin dalla prima volta i musulmani, con il loro capo villaggio, ci hanno fatto entrare nei loro villaggi, nelle loro capanne. E ci hanno offerto tutto ciò che avevano malgrado noi non portassimo nulla”. Quindi, padre Franco richiama la “convivialità delle differenze” citando don Tonino Bello. E passa a raccontare di come gli africani del Ciad, musulmani, a Pasqua si recano nella parrocchia della missione dei cappuccini per “rispetto e per condividere un momento che loro sanno essere importante per noi”. Insomma, “rispettano l’altro ed è ciò che dovremmo fare maggiormente noi”. Oggi, a cinque anni dalla prima volta, il frate torna in Ciad sempre con “paura” ma che scompare quando “penso all’accoglienza ed ai sorrisi che troverò. Eppure loro non hanno niente”. Dunque, secondo padre Franco occorrerebbe cambiare approccio e scegliere di “accogliere chi è ‘diverso’”. Prima di concludere, il cappuccino lancia una riflessione potentissima: “A Larino alcuni bambini mi chiesero: ‘padre Franco ma lì (in Africa, ndr) i bambini si annoiano?!’… E forse tutti dovremmo imparare qualcosa dall’esperienza e dalle parole del frate missionario.
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