Ogni volta una nuova emozione e ad ogni passo la consapevolezza di essere entrati in una dimensione unica, dove ogni pietra respira di storia, dove i Sanniti hanno voluto custodire un mondo prezioso, che dopo ogni campagna di scavo si arricchisce, facendo si che l’immaginazione diventi certezza.
VIAGGIO SPECIALE NELLA DOMUS PUBLICA.
Il viaggio nel santuario sannitico di Pietrabbondante, accompagnati da un “Cicerone” d’eccezione, il professore Adriano La Regina – che dagli anni ’50 lavora su quello che si è rivelato essere il luogo istituzionale e religioso più importante della nazione sannita – comincia dalla domus pubblica, il grande edificio scoperto nel 2002 nella zona ovest del santuario. Entrarci adesso dà davvero l’idea di tornare nel II-I secolo a.C., quando era popolato di magistrati e sacerdoti. La domus, costruita secondo lo schema delle residenze aristocratiche romano-italiche, è una grande casa con impluvio ed ospita ambienti che a pensarci ora sono davvero esclusivi. Negli ultimi anni l’edificio è stato oggetto di restauro, che quest’estate, come ci mostra La Regina (presidente dell’istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte di Roma, che ormai dell’area archeologica di Pietrabbondante conosce ogni minimo dettaglio) sono stati concentrati sul portico delle offerte votive.
Nove colonne si innalzano delineando il lato esterno del grandioso portico a due navate, la cui parte interna ne svela altre cinque. Tutte perfettamente allineate, dopo studi e ricerche. “Quest’anno è stato fatto un grande lavoro nella zona del portico – ci spiega La Regina – siamo riusciti a ricostruirlo attraverso le colonne originali che abbiamo trovato qui e quelle che abbiamo rinvenuto in varie zone del paese, per esempio in piazza e in chiesa”. Parti delle colonne, quando il santuario fu dismesso, furono portate via dagli abitanti della zona, che le utilizzarono per costruire altre strutture. Adesso sono state tutte recuperate e sono tornate nel luogo in cui sono nate e in cui tutto il contesto esprime il loro valore. Tra queste, una è stata ricostruita interamente.
È stata trovata sotto terra in modo scomposto e grazie a studi e misurazioni è tornata ad elevarsi elegante. Nella parte interna poi c’è il sacello e gli ambienti chiusi utilizzati per omaggiare le divinità con doni votivi pregiati. Si può osservare qui la base con dedica alla dea dell’abbondanza Ops Consiva, è a lei che il sacello è dedicato. “Sapete perché questa si chiama località Calcatello? – Ci dice ad un certo punto Benito Di Marco, che si occupa del restauro – perché qui c’erano tante pietre di calcare, e quando il santuario fu dismesso, furono saccheggiate. Ora tutto deve tornare a far parte di questo monumento. Ogni singolo blocco è stato numerato e poi sono stati adattati alle basi e ricomposti”.
Il prossimo anno, il restauro si concentrerà sulla parte della “casa” della domus publica, nella quale già oggi si possono riconoscere benissimo gli ambienti. C’è tra gli altri la stanza delle terme, dove si possono osservare le sospensioni per far passare l’aria calda sotto il pavimento. “La domus ha vissuto una fase sannitica – ci spiega il professore La Regina –, poi tra la fine del I sec. a. C. e il I d.C. c’è stata la fase romana, nella quale alcuni ambienti sono stati trasformati in bagni termali”. Poi c’è la Curia, un grande spazio in cui si riunivano i sacerdoti, collegato da un corridoio alle cucine, che erano a servizio sia dei fedeli che si trovavano nel portico, sia della domus. Il portico, invece, aveva un tetto, che è stato ricostruito solo graficamente. Ed era un portico aperto, in quanto aveva carattere pubblico. Una caratteristica che rende l’edificio un unicum. “La domus publica – come ci aveva spiegato il professore La Regina in occasione di un altro viaggio nel mondo sannita – sia perché connessa al santuario, dunque di carattere sacro, sia perché il portico era aperto su uno spazio pubblico. Pietrabbondante ha tanti elementi di informazione che sono importantissimi non solo per conoscere la religione e la storia antica, ma anche perché dai suoi monumenti provengono elementi di conoscenza generale del mondo antico, che possono essere presi come riferimento per altre ricerche”. Se i restauri continueranno anche il prossimo anno, a breve la nuova area potrà essere aperta al pubblico.
I NUOVI SCAVI SUL TEMPIO ORIENTALE.
Incontriamo due giovani archeologi dell’università La Sapienza di Roma che da 9 anni si occupano degli scavi a Pietrabbondante e che tornano in Alto Molise ogni estate con entusiasmo per lavorare nell’area archeologica e non perdersi neanche una scoperta. Si chiamano Palma D’Amico e Roberto Mazzeo e sono loro ad accompagnarci nella zona sud-est del santuario, dove solo pochi anni fa è stato scoperto il tempio orientale, con funzioni di erario. I due archeologi lavorano con altri circa 100 studenti che ogni anno arrivano da tutte le università italiane e straniere. Per gli ultimi scavi hanno raggiunto Pietrabbondante dalla Spagna, gli Stati Uniti e la Cecoslovacchia, tanto per fare qualche esempio.
Mentre attraversiamo la zona del meraviglioso teatro, sovrastato dal tempio principale (il tempio B), notiamo che c’è un’impalcatura: anche la parete del tempio è ora oggetto di restauro.
“Lo scavo intorno al tempio orientale – ci spiega Palma D’Amico, quando vi arriviamo davanti – è stato ampliato ed è venuto fuori il muro di contenimento. Inoltre è stato messo in luce il pavimento della cella centrale, che era fatto di coccio pesto con tessere di mosaico bianco. A terra, nella parte del pronao, la parte anteriore del tempio, c’era un’iscrizione fatta di tessere bianche e nere di forma più allungata”. Un’altra particolarità ci svela Palma: in questo edificio, diviso in tre parti, sono stati rinvenuti tanti materiali in ceramica, custoditi nel tempio per svolgere rituali all’interno e all’esterno. Adesso si sta cercando di capire a quale divinità fosse dedicato. Con le ceramiche sono state trovate anche ossa di animali, e poi monete ed oggetti in bronzo. Altri sondaggi sono stati fatti anche più a valle, dove è stato individuato un muro di contenimento e la base di un percorso viario che probabilmente conduceva al tempio. Ad est della struttura – ci svelano gli archeologi – potrebbero esserci edifici ancora più antichi. Il tempio orientale è già più antico del complesso tempio-teatro, essendo risalente al III sec.a. C.
C’è ancora, dunque, una vasta area da esplorare.
“Lo facciamo con onore – ci dice Palma D’Amico – per gli archeologi lavorare qui è incredibile e dà tante soddisfazioni. Per questo continuiamo a tornare”.