Ci sono attori che, per scelta propria o altrui, restano congelati sempre in uno stesso tipo di ruolo; altri che per talento, sensibilità o divertimento passano con agio da un personaggio al suo opposto; e fra questi ultimi, qualcuno incarna e “colleziona” le vite degli altri con gentilezza. Nel panorama del cinema contemporaneo italiano (e non solo) c’è almeno una figura che spicca per questa gentile poliedricità. Parliamo di Pierfrancesco Favino; 25 anni di carriera e già tre David di Donatello e quattro Nastri d’Argento all’attivo, una carriera che si snoda lungo oltre 50 film per il cinema e una dozzina di miniserie televisive: sarebbe bastato anche molto meno a fargli guadagnare il titolo di “collezionista di anime”, come è definito nell’omonimo libro edito dalla molisana Cosmo Iannone che nella sera del 6 agosto è stato – quasi – presentato a Casacalenda. Ad affiancare l’attore romano sono stati i due curatori del volume: Fabio Ferzetti, critico de l’Espresso, e Federico Pommier Vincelli, direttore artistico del più rinomato festival cinematografico regionale, MoliseCinema – che diventa “maggiorenne” con un’edizione particolare per via delle restrizioni dovute al Covid-19. Già a pochi giorni dall’annuncio della presenza di Favino l’evento aveva registrato il tutto esaurito; eppure quanti erano mossi magari dalla sola curiosità di vedere una star a pochi passi da casa, a cui strappare un selfie o un autografo, sono rimasti invece affascinati da un’emotività e un’amichevolezza che non si è soliti attribuire ai personaggi dello spettacolo. Cresciuto coi modelli di Totò, Sordi, Tognazzi e De Sica, Favino ha sposato la causa della leggerezza nel mestiere dell’attore, che «non dev’essere diviso in categorie: da un lato i drammatici, dall’altro i comici e così via. È noioso. Quando faccio spettacolo ci metto passione e mostro ogni lato di me, anche quello più spiritoso che i miei amici conoscono ma non gli spettatori». È con questo spirito che ha abbracciato con entusiasmo anche l’idea di partecipare a Sanremo nel 2018. Nel libro e dal palco l’attore racconta di una vena artistica già esistente nella famiglia d’origine, specie in campo musicale, ma mai trasformata in mestiere da nessuno prima di lui. «Da piccolo mi portavano spesso a teatro, mi mostravano il teatro in tv, sono cresciuto fra libri, musica e cultura e questo è stato determinante per lo sviluppo di una certa sensibilità». Come determinante è stato avere tre sorelle: crescendo circondato da donne, Pierfrancesco Favino non ha mai avuto paura di esprimere le emozioni e mostrarsi sensibile – un grandissimo vantaggio per il suo lavoro. L’amica e collega Kasia Smutniak nel libro dice infatti di lui che “è metà donna”. «Tutti siamo per metà uomo e per metà donna!» replica con fermezza Favino, che una donna l’ha interpretata per davvero e in modo grandioso, senza caricature, nel film “Moglie e marito” di Simone Godano. Ma proprio mentre sul palco si inizia a toccare una questione fra le più attuali e necessarie, quella del genere, la pioggia inizia a cadere sempre più fitta sull’arena, suscitando in un primo momento ilarità e poi costringendo a interrompere l’incontro. Poco dopo arriva l’annuncio di Federico Pommier: ci si sposta nel piccolo cinema-teatro, che però per le norme di distanziamento non può accogliere che una manciata di persone. Una spiacevole mancanza per un evento di tale portata, per il quale viene assicurata in ogni caso la prosecuzione in una diretta streaming mai arrivata, lasciando gli astanti a bocca asciutta e vestiti bagnati. Agli amanti del cinema e ai fan dell’attore resta comunque il ricordo di una serata surreale, della coppia Favino-Ferzetti spalla contro spalla sotto uno stesso ombrello, e un saggio biografico in cui scoprire come possa un sol uomo essere scrittore omosessuale e parlamentare corrotto, compagno premuroso e violento celerino, pentito di mafia e segretario di partito in esilio, marito, amante, donna.
Valentina Gentile