Caterina Cerroni ha salvato in piena zona Cesarini il Partito democratico. La brava ragazza agnonese è riuscita nell’impresa di diventare, a soli 31 anni, parlamentare della Repubblica italiana. Se non è record poco ci manca.
Segretaria nazionale dei giovani democratici del Pd, pupilla di Letta, non è riuscita a farsi eleggere nel collegio Lazio 1. In compenso ce l’ha fatta in Molise a togliere lo scettro a Elisabetta Lancellotta che già si sentiva proiettata nell’Olimpo del Parlamento.
Il risultato di queste elezioni secondo i sondaggi era scontato. Si è fatto a gara a fare annunci, proclami, a dar retta alle cabale dei sondaggi. Si è affermato in poche parole che c’erano già alla vigilia del voto vincitori certi, sconfitti certi e che fosse incerta la percentuale degli indecisi. Senza poi parlare degli astenuti che sarebbe più logico definire persone che rinunciano a esercitare a un proprio diritto democratico.
Si è avuta l’impressione di essere un Paese prevedibile e per certi versi cinico.
Tutti i sondaggi dicevano che la destra avrebbe stravinto. Così è stato. Fratelli d’Italia ha sfondato in tutto il Paese risultando il primo partito, seguito a ruota dal Partito democratico. Forza Italia ha retto l’urto grazie all’esperienza di Berlusconi e Tajani, mentre la Lega ha avuto una forte flessione.
Il Terzo polo di Calenda e Renzi ha galleggiato nel panorama politico ma non è riuscito a sfondare. Il Movimento 5 stelle, forte del reddito di cittadinanza, è risalito al Sud e quindi anche in Molise. Ma ha perso rispetto alle scorse elezioni politiche milioni di elettori passando dal 32% al 15%.
Tutto confermato? Direi di sì. Fratelli d’Italia ha sfruttato benissimo il suo posizionamento all’opposizione del governo Draghi. Chi sta al governo ha dovuto affrontare emergenze come il Covid e le bollette che non premiano in fatto di popolarità.
Durante la campagna elettorale c’è chi ha alzato il tono dello scontro politico contro Giorgia Meloni e poiché gli italiani non hanno l’anello al naso hanno finito per premiarla. Sconfitti quei politici che hanno osato denigrarla anziché parlare di programmi e i gufi appollaiati sul trespolo che dalle loro tribune hanno giocato la partita a senso unico senza preoccuparsi minimamente di urtare tante coscienze, tanto che il loro credo è risultato indigesto alla stragrande maggioranza degli italiani.
C’è chi ha giocato a tirar fuori poteri internazionali, convinti che non gli serviva avere il consenso degli italiani ma era meglio la protezione di alcuni potentati stranieri.
Meloni non si è fatta intimidire da chi non è in sintonia con la libertà e la sovranità popolare.
Se la Meloni riuscirà a governare l’Italia dovrà capire che non esiste solo una rappresentanza popolare ma anche una spinta popolare. Deve evitare di commettere errori di “onnipotenza”. Basti ricordare gli ultimi esempi di Berlusconi e Renzi. Nel 2002 il fondatore di Forza Italia tentò di fare la riforma dell’articolo 18 ma si trovò contro il sentimento popolare malgrado il suo forte successo alle urne. Stessa sorte toccò a Renzi con il fallimento referendario dopo che aveva toccato consensi stratosferici per un leader politico. Su certe scelte bisognerà confrontarsi.
Meloni sa bene che per l’avvenire prossimo l’Italia ha bisogno di intrepidezza riformatrice in tutto il costume politico, nella educazione e istruzione del popolo, nel sistema fiscale, nel regime giudiziario, nei congegni di difesa nazionale, negli ordinamenti amministrativi. Onde uscire più forte e agile per sconfiggere la macchina dello Stato tentennante in molte azioni cercando di inculcare nel popolo italiano sani principi e le perfette norme del vivere civile.
Infine, dovrà fare una seria riflessione sugli astenuti o meglio su coloro che non sono andati a votare: è anche con il sentimento popolare di milioni di persone che hanno disertato le urne che si fanno i conti. Perché è rischioso andarsi a cercare bandiere che possono urtare la suscettibilità dei cittadini.
Ma il punto più atteso è come si riusciràa venir fuori dal caro bollette. Mettere soldi senza fermare il prezzo del gas significa finanziare gli speculatori. Da subito va fatto il disaccoppiamento del prezzo del gas dall’energia. È il tema centrale di chi governerà il Paese dal prossimo mese. Dal 1° ottobre i prezzi saliranno e tutte le famiglie, tutte le imprese soffriranno.
Ma ora viene il bello, perché i partiti sono già con la mente rivolta alle prossime regionali. Il primo dato è che il centrodestra unito vince e convince. Anche in Sicilia ha prevalso con Schifani. Quando si è diviso perde la faccia e qualcos’altro. Basta ricordare quanto avvenuto a Isernia dove Di Sandro e Iorio hanno consegnato su un piatto d’oro la vittoria al centrosinistra. Memori di questo errore i nuovi eletti in Parlamento Claudio Lotito e Lorenzo Cesa saranno i garanti dell’unità di tutta la coalizione, soprattutto in vista delle prossime regionali. Chi credeva che attaccarli potesse essere il toccasana si è dovuto ricredere. Lotito e Cesa hanno dimostrato con la loro forte personalità tutto l’attaccamento al Molise. Se ne sono accorti tutti tranne i soliti gufi appollaiati sul trespolo che sono rimasti con una mano davanti e l’altra di dietro.
Secondo voci molto accreditate Cesa dovrebbe diventare ministro e questa volta lo sarà a vantaggio dei molisani. Avere due personalità di spicco al Senato e alla Camera permette al Molise di non essere più la cenerentola come lo è stata negli ultimi quattro anni quando la presenza dei parlamentari 5 stelle è stata molto deludente.
Vogliamo, dunque, augurarci chela nuova delegazione parlamentare molisana, conscia dei gravi e imperiosi doveri, possa meritare subito la fiducia dei molisani che aspettano di vedere all’opera Cesa e Lotito, con il desiderio vivo che dalle parole si venga finalmente ai fatti, giacché, dopo tutto, questo solo desiderano i cittadini molisani. Ed hanno ragione.
Le lotte contro Cesa e Lotito a inizio di campagna elettorale, le ire di parte, le millanterie, lo strepitio e la smania morbosa di demolire i “paracadutati” hanno potuto anche distrarre e forse anche divertire una parte più o meno importante della pubblica opinione, soprattutto quella parte più rumorosa, ma dopo tutto il nostro Molise ha bisogno di chi lo conosca, l’ami sinceramente e l’aiuti con tutte le sue forze.
Dalla prossima settimana Cesa e Lotito avranno il loro punto di riferimento in Molise con tanto di segreteria. È certamente un buon inizio per dimostrare il loro attaccamento al territorio. E loro sono pronti a fare da garanti per tutto il centodestra tranne che per chi crede di proclamarsi santo da solo.
Si voterà in primavera e molte sorprese sono dietro l’angolo. Non è un mistero che il Pd sia uscito con le ossa rotte da queste elezioni e se non è crollato definitivamente lo deve solo alla simpatica Caterina Ceroni, divenuta a buona ragione la regina del Pd in Molise. Sicuramente sarà la donna più invidiata e dovrà guardarsi bene le spalle altrimenti rischia di essere impallinata prima del tempo.
Il sindaco di Agnone Daniele Saia conosce bene certe dinamiche e nel suo primo percorso parlamentare le sarà molto vicino. La classe dirigente del Pd dovrà interrogarsi come si fa a perdere in due roccaforti quali San Martino in Pensilis e Riccia. Un dato che ha lasciato di stucco tutti gli addetti ai lavori. Nei paesi cari a Vittorino Facciolla e Micaela Fanelli i conti non tornano ed hanno fatto gridare allo scandalo. Chissà se i vertici regionali del partito analizzeranno queste cocenti sconfitte.
Ma quel che più preoccupa molti militanti storici è che ora il Pd dovrà scendere a compromesso con i 5 stelle che hanno raggiunto la leadership regionale. I ragazzi di Conte rappresentano la prima forza in Molise e venderanno cara la pelle, alzando il tiro delle loro richieste. Dall’alto del primato raggiunto non sono più in una fase di subordine nei confronti di Facciolla e Fanelli che ora rischiano di giocarsi tutte le loro carte dovendosi candidare da semplici consiglieri e non da possibili aspiranti governatori. Nel momento in cui i due partiti si troveranno di fronte tireranno fuori i loro attributi. Questa volta il coltello dalla parte giusta ce lo hanno i grillini che se matrimonio si farà chiederanno la presidenza della Regione. Altrimenti ognuno per conto suo. Una scelta che non giova né al Pd né al Movimento 5 stelle.
Per quanto riguarda la scelta del candidato presidente in questi ultimi giorni sono salite le quotazioni di Ottavio Balducci e Vittorio Nola. Sono i nomi più gettonati a ricoprire il ruolo di candidato governatore per il campo largo. Balducci ha un rapporto di vecchia amicizia con Conte e questo può alla fine favorirlo rispetto a Nola. Se il buon giorno si vede dal mattino Balducci è sul trampolino di lancio visto anche il suo successo personale al Senato. Però Balducci deve fare riferimento anche alle dinamiche delle elezioni regionali completamente diverse dalle politiche. Infatti, il peso politico dei 5 stelle è diverso tra elezioni politiche e amministrative. L’esempio più lampante viene da ciò che è accaduto quattro anni fa quando Andrea Greco credeva di avere in mano la vittoria. Nel giro di un mese è passato da percentuali bulgare a un 38% che ha permesso a Toma di vincere le elezioni.
Il Movimento 5 stelle riesce a dare il meglio di sé solo alle politiche. Quando deve confrontarsi con le amministrative perde tanti consensi. Il caso più eclatante è avvenuto alle recenti elezioni comunali a Isernia. L’ultimo esempio viene dalla Sicilia. Nello stesso giorno si è votato per le politiche e per le regionali. Alle prime i 5 stelle hanno totalizzato oltre il 30%, alle regionali la percentuale è scesa all’improvviso al 15. Val la pena di ribadire che si è votato nello stesso giorno.
Questa ipotesi potrebbe essere l’unica carta a disposizione del Pd per far prevalere la candidatura a presidente della Regione. Ma i 5 stelle venderanno cara la pelle. Altrimenti salta il campo largo.
Nel centrodestra tutti i fari sono puntati su Fratelli d’Italia. Il vero vincitore di queste elezioni è stato Quintino Pallante che si è affermato su tutti i fronti, al Senato con il suo fido amico Costanzo Della Porta e alla Camera con l’exploit di Elisabetta Lancellotta, anche se quest’ultima ha dovuto cedere lo scettro a Caterina Cerroni. Ormai Pallante è l’uomo forte del partito di Meloni in Molise e giocherà tutte le sue carte per trionfare anche alle prossime regionali.
Qualcuno timidamente cerca ancora di mettergli il bastone tra le gambe. Sicuramente Meloni ha intuito la bontà dell’azione di Pallante da sempre nell’alveo del partito.
Chi è arrivato per ultimo dovrà fare la fila o mettersi da parte. Alla porta di Fratelli d’Italia, per le prossime regionali, bussano in tanti, dato che il nome della Meloni fila come un treno d’alta velocità.
Nei quartieri alti di Fdi sanno bene che bisogna ritrovare la serenità e la compattezza. Per questo motivo qualcosa accadrà entro la prossima settimana. Si parla di un intervento drastico dei vertici nazionali per rimettere in riga qualche voce stonata.
Forza Italia ha retto bene sia con Nicola Cavaliere che con Annaelsa Tartaglione. Questo è un dato da non sottovalutare. Anche da parte di chi aveva intenzione di traslocare in Azione che a sua volta non ha sfondato né in Molise né nel resto del paese. Meglio dunque rimanere sulla vecchia via. Sono circolate voci in questo ultimo mese di un eventuale passaggio di un noto esponente del centrodestra nelle fila di Calenda, Rosato e Carfagna. Non credo che un politico scaltro e navigato possa commettere un errore simile. Sono sicuro che dall’alto della sua esperienza politica non si muoverà dal suo alveo naturale perché sa valutare molto bene i rischi a cui andrebbe incontro. Non può permettersi di giocarsi tutto il suo prestigio in vista di importanti appuntamenti elettorali, perché conosce bene quali sono i rischi della politica. E lui non ama percorrerli.
La Lega ha fatto bene con Marone e Tramontano e può dedicarsi con più serenità alla composizione della lista per le prossime regionali.
Anche Mimmo Izzi e Filomena Calenda hanno dato il loro onesto contributo.
Poi ci sono tutte le altre anime della politica di centrodestra: da Micone a Di Lucente, da Niro a Cefaratti, da Cotugno a Di Baggio, da Calenda a Romagnuolo, per finire a Iorio. Ognuno rifletta con calma su cosa vorrà fare da grande. Il centro destra ha dimostrato che unito vince. Se qualcuno non è d’accordo lo dica apertamente. Non è pensabile che si tiri in ballo, a giorni alterni, il povero Toma a ogni occasione. L’attuale Governatore avrà fatto anche degli errori ma in fondo è una persona onesta e perbene. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Pasquale Damiani