Quelli della mia generazione e quelli nati prima, se hanno nelle corde l’emotività giusta per sentirsi Campobasso addosso, non potranno che sentire un altro colpo deflagrante al ricordo di una città che sembra provare gusto a rimuovere tutto ciò che la teneva stretta socialmente.
Il Cinema Modernissimo è stato abbattuto! Precisiamo subito che la sala ha tentato di essere l’alter ego dell’Ariston che troneggiava giusto trenta metri più giù. Il tentativo non è mai riuscito ma per i Campobassani scegliere per quella domenica l’altro Cinema di Via Isernia, non era una deminutio perché lo scenario assorbiva comunque dignità anche se di tanto in tanto la macchina da presa si inceppava e dalle zone alte i fischi per il manovratore non mancavano.
Escludendo la sobrietà e la storicità del Teatro Savoia che pure proiettava pellicole, eludendo il ricordo dell’Odeon un po’ periferico pure per i film che proponeva, Via Isernia con il Modernissimo e l’Ariston, nel fine settimana, si riempiva di gente come quando in città sfilano i misteri.
Tra le più grandi ambizioni delle famiglie Campobassane c’era quella di finire su quelle tavolacce dure degli sgabelli che a tutti sembravano poltrone “sofà” al punto che nessuno faceva caso alle nuvole di fumo che avvolgevano vestiti e capelli per l’intera settimana.
Il Modernissimo e l’Ariston sono stati il nostro Cinema Paradiso. Quando con l’oscurità si usciva dalle sale tutti si sentivano più dotti e qualche volta più maturi se la compagnia era stata al femminile o al maschile a seconda dei casi.
In questi luoghi palpitava socialità alta e pura se è vero come vero che al Cinema si andava con il vestito della festa.
Con il Modernissimo giù e l’Ariston rinnegato, tutta la storia che hanno potuto raccontare i due “monumenti” scivola veloce verso l’oblio perché nel rivedere un palazzo di sei piani la memoria si ammutinerà nel riconoscere quel passato pieno di colori e di odori visto che nelle nostre narici ancora avvertiamo l’aroma dei biglietti che ci consentivano l’accesso e il profumo delle belle signorine della cassa.
Le nuove generazioni degli amministratori, probabilmente, non conoscendo certe storie e distraendosi quando qualcuno ha cercato di raccontargliele, appaiono gelidi sui Santuari che istruivano civicamente i Campobassani e li aggregava. Dal Mercato Coperto di Via Monforte alla Casa della Scuola di Via Roma, dal Modernissimo al Vecchio Romagnoli, mai si è sentito un palpito per ricostruire la genesi di quello che rappresentavano. In campo sono scese sempre e solo le aride considerazioni intrise di uno sciatto modernismo secondo cui non si può vivere andando appresso ai ricordi e alla nostalgia. Eppure i grandi della storia hanno sempre sostenuto che chi non vive di ricordi è un povero uomo.
È più facile buttare giù che rimettere su, le ruspe agevoleranno la smemoratezza di chi poggerà le suole sul lastricato di Via Isernia. Senza il flashback di quelle tavolacce dure ci riconsegneremo alla dura realtà della irriconoscenza simbolo luccicante dei tempi che viviamo.
Sergio Genovese