L’odore della legna che arde ha inondato il quartiere già alle prime luci dell’alba. Il ‘profumo’ di una tradizione che da secoli richiama gli abitanti di sant’Antonio Abate e tutti i campobassani, riuniti ieri di fronte al grande fuoco in onore del Santo.
Sant’Antonio Abate, detto anche sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, fu un eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Sant’Antonio è invocato come patrono dei macellai e salumai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici. Fu reputato essere potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili. Solitamente è raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella.
Come ogni anno Campobasso ha risposto presente: in prima fila la comunità rom che ha rinnovato la tradizione, tramandata di generazione in generazione, della benedizione dei cavalli e dei pony, ma anche i padroni degli amici a quattro zampe. Ad aprire la festività la messa delle 8.30 con la benedizione del pane, poi una seconda celebrazione eucaristica alle 11 e a mezzogiorno la benedizione degli animali. Alle 17 la processione lungo le strade del quartiere e un’altra messa celebrata dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano Giancarlo Bregantini. E la giornata non poteva che concludersi nel segno della tradizione con lo spettacolo musicale ‘Ulesse areturnà a Sant’Antuon’, canzoni campobassane e maitunate di Nicola Mastropaolo con Antonio Mandato e la partecipazione di Riccardo Izzo, Alessandro Serino e Giuliano Civetta.
Insomma, stavolta è filato tutto liscio, contrariamente a quanto accaduto un anno fa con il ‘tentato’ rinvio della festa, ufficialmente per avverse condizioni atmosferiche.
E ieri sera, come vuole la tradizione, è caduto anche qualche fiocco di neve. Perché si sa, come ripetono i campobassani ‘veraci’, Sant’Antuone a’ fa la barba bianca.

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