Le note del ‘Mosè’ di Rossini, gli angeli sospesi, i diavoli tentatori e uno, due, tre… scannett’ allert’! Domenica è stato il giorno dei campobassani, il giorno dei Misteri. Alle 10 dal Museo di via Trento è partito il viaggio dei quadri viventi di Paolo Saverio Di Zinno: quattro chilometri di percorso attraverso le vie del borgo antico, passando per il centro murattiano fino a Palazzo San Giorgio per la benedizione del vescovo Bregantini. Ma la macchina condotta da 50 anni dalla famiglia Teberino si era messa in moto già dalle 8 di mattina con la santa messa e la vestizione all’interno del Museo dove sono custoditi i 13 ingegni del Di Zinno.
Ad accendere i motori sono stati ancora una volta loro: i portatori dei quadri viventi. Trecento volontari che, spinti dalla passione e dalla devozione, ‘sorreggono’ e portano avanti la tradizione.
Come Christian Scoccimarra, capogruppo del Mistero di Abramo. Ha 40 anni e da 5 vive e lavora a Ferrara. Ma ogni anno, cascasse il mondo, si ritrova con i suoi affetti a Campobasso per la consueta festività del Corpus Domini. L’amore per gli ingegni e la sfilata dei Misteri gliel’ha tramandata il papà e lui l’ha trasmessa a sua figlia Sofia che vive con la mamma ad Isernia.
È lui che ci racconta i dettagli in un’intervista.
Christian tu sei quello che definiremmo un campobassano doc. La passione per le tradizioni ti è stata tramandata dal tuo papà, Tonino Scoccimarra, storico caposquadra del Mistero di Abramo che ora tu dirigi. Qual è il primo ricordo che hai della sfilata?
«Ho praticamente mosso i miei primi passi sui Misteri. Da che ho memoria non ricordo di essere mancato ad un solo appuntamento. Diciamo che da quando sono in grado di camminare con le mie gambe ho partecipato a questo importante evento ricoprendo, anno per anno, ruoli differenti. Il primo compito che ho avuto da piccolo in dialetto si chiama ‘o scarpariell’, mi occupavo cioè di sistemare le scarpe ai bambini. Poi il salto di qualità: sono salito sui Misteri e per quasi 8 anni ho rivestito diversi personaggi, tra cui il classico diavoletto e l’angioletto. In una sola edizione invece ho trasportato la scala finché poi, ancor prima di diventare maggiorenne, sono diventato uno dei portatori. Nel 2004 infine sono stato ‘promosso’ caposquadra».
Parlaci un po’ del tuo rapporto con la squadra.
«Ho preso le redini del team circa 15 anni fa, quando mio padre mi ha passato il testimone. La prima cosa che ho fatto è stata quella di scegliere persone ‘fidate’ a prescindere dai rapporti di amicizia che avevo nella vita quotidiana, perché come ben sappiamo sull’Ingegno ci sono dei bambini e per me la loro sicurezza è sempre al primo posto.
Sotto questo aspetto sono stato fortunato perché tre quarti della squadra è composta da persone che conosco bene, con le quali sono cresciuto. Persone che reputo assolutamente affidabili come Luigi Di Francesco, Fabrizio e Marco Trivisonno, Matteo Parentini, Michele Quici, e molti altri, tutti padri di famiglia e persone che ci tengono davvero a questa tradizione. Oggi ho 14 portatori, due scanni, un caposquadra e un vice caposquadra donna di cui mi fido molto…».
Ecco, soffermiamoci proprio su quest’ultima figura. Quest’anno c’è una novità. Per la prima volta in questo ruolo ci sarà una donna. Di chi si tratta?
«Si tratta di una persona di cui mi fido ciecamente e cioè mia sorella minore, Ambra Scoccimarra.
È assolutamente una novità. Ci sono state, in passato, altre donne nei vari team, ma mai con questo ruolo. Lei sarà praticamente i miei occhi dalla parte opposta del Mistero perché ovviamente non posso essere presente a 360 gradi. Dunque io curerò la parte davanti dell’Ingegno affinché passi in sicurezza lungo tutto il percorso, soprattutto nei vicoli del centro storico. Lei si occuperà di quella opposta. Se poi qualcuno dovesse sentirsi male, io prenderò il suo posto e lei quello di caposquadra».
Parlaci un po’ del ‘dietro le quinte’. Come vi preparate al giorno del Corpus Domini?
«Dietro la manifestazione c’è una preparazione che dura circa un anno durante la quale mettiamo insieme la squadra. Diciamo che il giorno della sfilata siamo già a metà del lavoro.
Una volta scelto il team il compito del caposquadra è quello di procurarsi tutto il materiale necessario alla vestizione e all’allestimento dell’Ingegno di sua responsabilità. Essendo io un tipo un po’ ‘precisino’ e scrupoloso ho già consegnato la divisa ai componenti della mia squadra (l’intervista è di venerdì 1 giugno ndr). Il giorno della festa ci incontriamo alle 8 di mattina davanti al bar centrale e da lì ci incamminiamo verso il Museo dei Misteri».
Avete un rito in squadra prima di mettere in moto la macchina della sfilata?
«Il nostro personalissimo rito è quello di prenderci in giro a gran voce usando i nostri soprannomi. Sembra una sciocchezza, lo so (sorride) ma aiuta tantissimo a smorzare la tensione. Una volta sul posto aiuto i miei personaggi nella vestizione. Prima di iniziare a prepararci, davanti al museo dei Misteri viene celebrata la consueta messa a cura del vescovo Bregantini. Una volta completata la vestizione si parte con la sfilata».
Quest’anno per la festa patronale avete avuto anche il grande onore di essere scelti dal sindaco per trasportare la statua di San Giorgio. Che esperienza è stata?
«È stato un onore essere selezionati. Lavoro da 5 anni a Ferrara ma appena ho avuto la comunicazione ho subito preso le ferie per partecipare alla processione. La cosa bella è anche il patrono di Ferrara è San Giorgio. Una coincidenza assurda che mi fa sentire ancora più legato alle tradizioni della mia città. Sono lontano 700 chilometri da casa ma è come se fossi sempre qui. L’unica critica che mi viene da sollevare è che la statua, nonostante fosse molto più leggera rispetto a quella dei Misteri, era usurata alla base e i miei ragazzi ne hanno un po’ risentito. Per il resto un’esperienza unica e da ripetere».
Quanto conta dunque la tradizione per te.
«La tradizione per me è fondamentale. È la motivazione per la quale, ogni anno, organizzo tutta la mia vita, lavorativa ed affettiva, intorno a quella data. È una passione che mi fa contare i giorni, le ore e i minuti che precedono quell’istante in cui il tempo si ferma e passato e presente si fondono. Una passione che, così come avvenuto con me, sto cercando, per ora con grande successo, di trasmettere anche a mia figlia Sofia».
Serena Lastoria
Foto b&n Giuliano Graphic