Solo pochi giorni fa, con la Giornata internazionale delle vittime dell’amianto, ha ricordato a tutti che il cosiddetto ‘killer silenzioso’ non si riesce ancora a battere. Anzi, ogni anno in Italia provoca la morte di 4mila persone. Un problema che da quasi quindici anni terrorizza Campodipietra, dove da tre anni il consigliere comunale Giovanni Barra ha lanciato il grido d’allarme. Era il 3 ottobre 2012 quando Barra ha segnalato all’Arpa che in contrada Selva di Campodipietra, al bivio con la statale per Foggia, la presenza di una struttura dalla copertura di eternit. Il caseggiato apparteneva a Fasolino Carni, costituita da locali e depositi che servivano alla macellazione di polli ed altro.
“Non si volevano creare allarmismi – sottolinea il capogruppo di ‘Unione e Partecipazione’ – ma con il doveroso intervento dell’Arpa bisognava evidenziare il problema almeno per poter tranquillizzare i residenti di Campodipietra e quelli dell’area del Fortore”. Il consigliere comunale ricorda che “le lastre piane o ondulate di cemento-amianto, impiegate per copertura in edilizia, sono costituite da materiale non friabile che, quando è nuovo o in buono stato di conservazione, non tende a liberare fibre spontaneamente. Il cemento-amianto, quando si trova all’interno degli edifici, anche dopo lungo tempo, non va incontro ad alterazioni significative tali da determinare un rilascio di fibre, se non viene manomesso. Invece, lo stesso materiale esposto ad agenti atmosferici subisce un progressivo degrado per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell’erosione eolica e di microrganismi vegetali. Di conseguenza, dopo anni dall’installazione si possono determinare alterazioni corrosive superficiali con affioramento delle fibre e fenomeni di liberazione. Pertanto veniva richiesto, in relazione ai principali indicatori utili di valutare lo stato di degrado delle coperture in cemento-amianto, in relazione al potenziale rilascio di particelle: la friabilità del materiale; lo stato della superficie ed in particolare l’evidenza di affioramenti di fibre; la presenza di sfaldamenti, crepe o rotture; la presenza di materiale friabile o polverulento in corrispondenza di scoli d’acqua, grondaie; la presenza di materiale polverulento conglobato in piccole stalattiti in corrispondenza dei punti di gocciolamento”.
Il 4 gennaio 2013, l’Arpa, dopo gli accertamenti, ha comunicato all’allora sindaco di Campodipietra, alla Regione, alla Provincia di Campobasso, al Prefetto e ad altri, che “…tutto il complesso creato negli anni Settanta, ormai è in uno stato avanzato di disfacimento e che da anni non è soggetto ad alcuna manutenzione e controllo riguardante specialmente i pannelli di copertura del capannone in materiale di cemento amianto vi è la possibilità di dispersione nell’atmosfera delle fibre di amianto. Si ravvisa quindi, l’esistenza del rischio per la salute pubblica per cui risulta urgente un immediato intervento di bonifica”.
A seguito di altre segnalazioni anche da parte del Comitato sorto a tutela dell’ambiente, nuovi accertamenti sono stati effettuati dall’Arpa Molise, ma questa volta dal Dipartimento di Isernia, unitamente ai Carabinieri del Noe, che in una nota del 14 ottobre 2014 confermava quanto già accertato. “Il problema ambientale riscontrato – si legge nella nota – è rappresentato prevalentemente da materiale solido contenente amianto posto a copertura degli immobili in disuso, che essendo esposto costantemente all’azione erosiva degli agenti atmosferici, potrebbe nel tempo sfaldarsi e mutare e mutare consistenza facendo affiorare all’esterno le fibre di amianto contenute; valutato che nelle vicinanze insistono: una strada trafficata, alcuni esercizi commerciali ed alcune abitazioni”. Per questo motivo, venivano effettuati ulteriori accertamenti al fine di rilevare la presenza di fibre disperse nell’atmosfera circostante. Sempre nella stessa nota si legge ancora: “In conclusione, si ritiene opportuno rilevare che la problematica ambientale sollevata in ordine alla possibile dispersione di fibre di amianto nell’aria circostante le strutture dell’ex ditta Fasolino Carni, trova reale fondamento nelle precarie condizioni riscontrate su alcune strutture esistenti nel sito”. Per questo, anche se la struttura è recintata “non si può escludere una dispersione delle fibre oltre l’area recintata, in quanto trasportate dai venti”. Infine, l’Arpa, al fine di ridurre al minimo tale evenienza, propone di rimuovere i materiali usurati, rotti e precari, adottando un piano di bonifica mirata ad eliminare le probabili fonti di dispersione di fibre ai sensi del decreto ministeriale 6/6/94.
Nel frattempo, chiosa Barra, “l’area nelle vicinanze del sito è stata indicata per la realizzazione di un generatore a biomasse, già contestata dai residenti di contrada Mascione e delle adiacenti contrade di Campodipietra. E questa è un’altra storia”.