Una sorta di “bufala”, benedetta addirittura dalla Santa Sede, sfruttata semplicemente a fini propagandistici e politici. È l’impietosa lettura, assolutamente fuori dal coro, arriva dall’architetto venafrano, ma originario di Capracotta, Franco Valente, rispetto alla prima edizione, piuttosto riuscita, della festa dei fuochi rituali ospitata ad Agnone nel fine settimana. «Fra qualche anno ai nostri rappresentanti politici faranno dire anche la Messa di Natale di fronte alla giusta indifferenza dell’autorità religiosa per questo genere di manifestazione folkloristica». L’esperto di storia e tradizioni del Molise e dell’Alto Molise in particolare, commenta, in maniera caustica, l’evento legato ai riti del fuoco sacro andato in scena ad Agnone. A suo dire, infatti, si tratterebbe molto banalmente di una tradizione contadina, non certo millenaria, che oggi viene in qualche modo “politicizzata”, usata dai sindaci per fare la solita sfilata in fascia tricolore e “mercificata” per scopi propagandistici e turistici. Raccontando magari qualche “bufala”. «Totalmente ignorato dagli studiosi di antropologia, – spiega infatti Valente – questo fenomeno oggi è una straordinaria e suggestiva celebrazione della gioia effimera per il godimento estetico occasionale. Uno sforzo colossale che dimostra come la rivisitazione della consuetudine antica di recarsi dalle campagne alla chiesa del paese illuminando la via con la “ndoccia” possa diventare un richiamo turistico di valore internazionale». Non che ci sia nulla di male, in effetti, perché alimentare il turismo va sempre bene, ma vanno raccontate le cose per come sono; questo, in sintesi, sembra essere il pensiero di Valente. «Le ‘ndocce sono realizzate con legno di abete bianco abilmente fasciato di ginestre secche – continua l’architetto – In origine erano di assoluta semplicità e individualmente si portavano a spalla perché potevano superare anche un paio di metri. Nella pratica era una sorgente di luce collettiva perché accompagnava i gruppi familiari che si recavano in chiesa la notte di natale. Poi, piano piano, la singolarità di questo sistema di illuminazione ha determinato una sorta di competizione tra i portatori e le “ndocce” hanno cominciato ad assumere una forma particolarmente complessa. Soprattutto a ventaglio in maniera che ogni singolo portatore possa portare più di una torcia. Prima due torce, poi quattro, poi quante ne poteva portare un giovane di bella corporatura. Addirittura fino a venti». «È uno spettacolo collettivo straordinario che ha raggiunto il massimo della notorietà quando gli organizzatori, grazie ai rapporti dei Pontefici romani, hanno affascinato il mondo intero illuminando la via della Conciliazione – insiste Valente nella sua spiegazione fuori dal coro – In quella occasione insieme al crepitio delle ginestre incendiate è esplosa anche la genialità degli agnonesi che sono riusciti a suggerire al Papa di annunciare “urbi et orbi” che quella cerimonia fosse originata da una antica tradizione legata alle celebrazioni del solstizio d’inverno. E se lo ha detto il Papa… nessuno ha avuto più il coraggio di smentirlo. Oggi è lo spettacolo politico più suggestivo del Molise. E noi di questo siamo contenti» chiude sarcastico l’architetto Valente. Che sia derivato dalla cultura contadina o, viceversa, affondi le sue radici nella millenaria storia pagana e pre-cristiana dei riti legati all’elemento fuoco, in effetti conta poco se è vero, come è vero, che migliaia di persone, turisti e curiosi, si sono recati ad Agnone per assistere allo spettacolo dei fuochi. Il turismo, in qualche modo, va alimentato. Franco Valente se ne faccia una ragione.

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