Su uno dei più grandi misteri italiani, quello del sequestro dello statista Aldo Moro, la trasmissione di Rai3, Report, tira in ballo il prefetto vaticano Enrico Marinelli, all’epoca dei fatti commissario di Monte Mario, quartiere dove in una palazzina fu tenuto in ostaggio il presidente della Democrazia Cristiana prima di essere ammazzato dalle Brigate Rosse. Nella puntata andata in onda domenica sera, il giornalista Paolo Mondani dà voce ad un ufficiale, non meglio identificato, di polizia giudiziaria che con volto nascosto e voce modificata ha raccontato: «Il 19 marzo (1978, ndr) alle ore 15,15 nella sala operativa della questura di Roma arrivata una chiamata. Il tizio anonimo dice di conoscere il nascondiglio di Aldo Moro e aggiunge: se mandate qualcuno io vi faccio vedere dove è il covo delle Br e dove sono entrati i brigatisti. Dalla relazione di polizia sappiamo solo che i poliziotti arrivati sul posto in via Massimi, 91, non trovarono la fonte».
L’ufficiale fa intendere che la «fonte si fosse dileguata a causa delle sirene spiegate degli uomini di polizia giunti sul posto». In seguito alla domanda di Mondani su chi aveva il compito di raccogliere e gestire le informazioni sul piano investigativo, l’ufficiale ha risposto: «La Digos, ma in realtà fa tutto il commissariato di pubblica sicurezza di Monte Mario diretto da Enrico Marinelli». «Abbiamo lavorato negli archivi del commissariato di Monte Mario e scoperto che i fascicoli relativi a Moro furono ridotti a pochissimi fogli di carta. L’impressione è che quell’archivio fosse stato sostanzialmente eliminato» ha detto, sempre a Report, Gianfranco Donadio, magistrato e consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro 2014 – 2018. In seguito la testimonianza dei fratelli Antonino e Benedetto Macerola, ex inquilini della palazzina in via Massimi, 91, dove Marinelli sentì più volte il padre chiedendogli se Moro poteva essere passato di lì. Altro particolare raccontato dai due fratelli il fatto che Marinelli si recò sempre da solo per sentire il genitore. Eppure le palazzine della zona furono viste tutte, tranne quella di via Massimi, 91, chiede ancora Mondani. «Però Marinelli c’era stato» hanno replicato i fratelli Macerola. Infine all’ufficiale di polizia giudiziaria Mondani chiede: «Ma Marinelli cosa scoprì?»
«Nel dicembre del ’78 esce sulla rivista statunitense Penthouse un articolo di un giornalista italo americano, Pietro Di Donato il quale racconta di aver conosciuto a Roma un brigatista che gli aveva rivelato che Moro, immediatamente dopo il rapimento, era stato portato attraverso un garage sotterraneo in un grosso complesso residenziale della Balduina, a dieci minuti da via Fani e nascosto in una stanza dietro una parete mimetizzata. Dopodiché un servizio pubblicato da Il Tempo riprese il racconto di Di Donato e quando Marinelli lo lesse accertò che si trattava del garage delle due palazzine dello Ior in via Massimi, 91, ma non mise nulla a verbale» ha terminato l’ufficiale di polizia giudiziaria che in precedete passaggio ha rimarcato come lo stesso Marinelli anni dopo «diventò responsabile della sicurezza di papa Giovanni Paolo II».

Quella volta che disse: dall’alto mi vietarono la scorta al presidente Dc

«All’epoca dei fatti dirigevo il commissariato di Monte Mario a Roma e Moro, che abitava lì vicino, quotidianamente passava a piedi sotto il mio ufficio al punto che pensai con molta discrezione di farlo seguire da una pattuglia dei miei uomini fino al limite della mia circoscrizione. Poi un giorno, dall’alto, mi vietarono di continuare con quella sorta di scorta. Sono già stato ascoltato un mese fa dal magistrato. La settimana prossima ho un nuovo incontro dove racconterò cose che reputo inedite ed anche mie supposizioni sul caso Moro. Non nascondo che negli anni di piombo ho avuto paura anch’io. Restare vittima di qualche attentato». Questa la dichiarazione che a giugno del 2016, Enrico Marinelli fece durante un convegno ad Agnone e riportata dal sito de l’Eco online.

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