«Con tutta la buona volontà, ma il cibo è immangiabile. E non parliamo dell’odore che emana» raccnta un paziente ricoverato nel reparto di Medicina del San Francesco Caracciolo. Arriva da San Pietro Avellana ed è ricoverato nella struttura da circa dieci giorni. Si capisce chiaramente che dal giorno del suo arrivo ad Agnone è sempre stato così: «Sempre», sentenzia. Sfoglia un quaderno dove è riportato il numero telefonico di un ristorante del posto e aggiunge: «Almeno una volta a settimana proviamo a mangiare qualcosa di commestibile, mentre i restanti giorni dobbiamo ringraziare i nostri parenti che a turno ci portano panini, pizza e biscotti». Sa perfettamente che prima del suo ricovero esisteva una cucina interna che dispensava cibo di ottima qualità. «So tutto – sostiene – ma in Molise ciò che funziona evidentemente va distrutto. Peccato mi sia dovuto ricoverare proprio quando è stata chiusa la cucina». «Questa pasta, con rispetto parlando, non la mangerebbero neppure i miei cagnolini» rincara la dose il compagno di stanza, un omone di quasi due metri di Castropignano. «Orrendo, è l’aggettivo adatto» riprende il primo che non vede l’ora di essere dimesso, non solo perché vorrà dire che starà meglio. Insomma, una situazione insostenibile che viene confermata a denti stretti anche da qualche operatore. «La maggior parte delle pietanze torna indietro» rimarcano dispiaciuti. Non tutti però si lamentano. È il caso di una anziana di Rosello che mentre mangia pastina racconta: «È buona, ma cosa pretendiamo?» «Solo quantità e nessuna qualità» la zittisce una signora di Udine, ma residente a Larino. Il tutto accade da circa due settimane, cioè da quando l’Asrem ha deciso di sopprimere il servizio di cucina assicurato da tre cuochi, uno dei quali andato in pensione, e affidato la commessa ad una società campana che si occupa del trasporto da Isernia, dove viene confezionato il cibo, ad Agnone. Un’ora e mezza tra viaggio e somministrazione dei pasti con risultati scadenti e ormai sotto gli occhi di tutti. Trentacinque mila euro per quattro mesi, la cifra assegnata alla ditta di Somma Vesuviana che si occupa di portare i pasti anche al Santissimo Rosario di Venafro. La vicenda, nei giorni scorsi, è stata sollevata all’attenzione dell’opinione pubblica dal consigliere regionale del M5s, Andrea Greco che nel frattempo ha presentato una interrogazione la quale approderà in aula questa mattina. «Quanto si verifica al Caracciolo è una vergogna – attacca Greco -. Si potevano percorrere strade decisamente migliori, ad esempio, affidare il servizio ad un ristorante del posto, oppure sottoscrivere una convenzione con l’istituto Alberghiero del posto. Ed ancora, con cifre minori si poteva assumere un giovane cuoco che avrebbe sostituito il professionista andato in pensione. Non solo, mi risulta la disponibilità, mai presa in considerazione, di uno dei cuochi del Caracciolo, attualmente assegnato ad altre mansioni, che voleva accollarsi il servizio. Per queste ragioni chiediamo ad Asrem di tornare suoi propri passi e valutare l’immediata riapertura delle cucine dell’ospedale altomolisano».
Dal canto Daniele Saia, presidente della Conferenza dei sindaci, organismo che ha competenze in ambito di programmazione socio-sanitaria, ha sottolineato come il provvedimento sia temporaneo. In attesa di sapere come andrà a finire restano le testimonianze dei pazienti i quali non pretendono altro che un piatto caldo, mica la luna!