Con la fine del 2024, Agnone si prepara a salutare altri quattro esercizi commerciali, un segnale sempre più preoccupante di un fenomeno inarrestabile: lo stillicidio di serrande abbassate che colpisce piccoli negozi e botteghe artigianali.
Dopo la chiusura di due storici caseifici registrata solo lo scorso anno, e non ultima quella dell’istituto di credito Bper (Banca Popolare dell’Emilia Romagna) che ha trasferito i suoi servizi ad Isernia, il territorio si trova a fare i conti con una desertificazione economica sempre più marcata. Le ricadute negative non si fermano all’aspetto puramente finanziario, ma investono anche il tessuto sociale e occupazionale.
La riduzione dell’offerta commerciale non fa che alimentare il senso di isolamento della comunità locale, già provata da uno spopolamento crescente e da un drastico calo demografico. La denatalità, unita alla cronica mancanza di opportunità lavorative, spinge le nuove generazioni a cercare fortuna altrove, lasciando il territorio sempre più svuotato e privo di prospettive.
Con una popolazione in continuo calo, le attività commerciali dei piccoli centri sono inevitabilmente costrette a chiudere. A questo si aggiunge il peso degli acquisti online, esplosi durante la pandemia, che propongono prodotti a prezzi spesso più bassi rispetto ai negozi di vicinato. Un altro aspetto critico è il mancato ricambio generazionale: molte attività sono oggi gestite da persone prossime alla pensione, senza eredi disposti a portare avanti l’impresa.
Non da meno quanto si registra in fatto di viabilità. L’esempio più evidente è rappresentato dalla chiusura del viadotto “Sente-Longo” che se un tempo spingeva le popolazioni dell’alto Vastese a recarsi nel comune capoluogo dell’Alto Molise, oggi le dirotta verso la costa o la Val di Sangro.
In questo contesto si inserisce anche l’azzeramento di strutture sportive (vedi palasport e piscina) che in qualche maniera richiamavano i giovani del vicino Abruzzo.
La situazione richiederebbe una riflessione profonda da parte delle istituzioni e della politica, che sembrano però voltarsi dall’altra parte. Individuare soluzioni praticabili non è semplice, ma alcuni interventi potrebbero invertire la rotta.
Sarebbe necessario implementare un welfare mirato per incentivare i giovani a rimanere e a investire nel territorio. Ciò potrebbe tradursi in una minore pressione fiscale, agevolazioni sugli affitti e tassi ridotti per i mutui di chi desidera acquistare una casa o aprire un’attività.
Solo attraverso misure concrete e mirate si potrà tentare di arginare l’inesorabile declino di realtà come Agnone e le tante altre comunità simili che rischiano di scomparire.
La crisi del commercio nella cittadina, un tempo polo attrattivo commerciale e artigianale per l’intera area, rappresenta solo l’ennesimo campanello d’allarme. La chiusura di storici negozi, unita alla perdita di istituzioni bancarie, disegna un quadro a tinte fosche in cui le comunità perdono progressivamente i loro punti di riferimento sia economici sia sociali.
Il futuro di centri come Agnone dipenderà dalla capacità di bilanciare innovazione e tutela del tessuto economico locale, puntando a invertire il circolo vizioso dello spopolamento e dell’isolamento commerciale.
Il quadro nazionale. In Italia, la chiusura dei piccoli esercizi commerciali è un fenomeno che ha assunto proporzioni preoccupanti. Entro la fine del 2024, si stima che spariranno circa 24mila negozi di vicinato, con oltre 11.800 chiusure già registrate nella prima metà dell’anno.
Dal 2012, la desertificazione commerciale ha causato la perdita di più di 111mila attività, pari al 20% del totale. Il commercio di prossimità è messo alle corde dall’aumento di affitti e bollette, dalla crescita esponenziale dell’e-commerce e dal progressivo spopolamento delle aree marginali.

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