Oggi pomeriggio alle 17, in occasione della festa delle Repubblica e giorno di unità nazionale anche per coloro che vivono “oltre-confine”, sulla curva di Colle Mingone di Agnone, si svolgerà una manifestazione dedicata all’emigrazione. Il clero locale, con l’arciprete don Alessandro Di Sabato e il cappellano ospedaliero don Francesco Martino, benediranno la curva Mingone come simbolo universale d’emigrazione. Il luogo prescelto, dopo il quale Agnone scompare alla vista, diventa ufficialmente l’ “extreme point” emotivo per chi parte e per chi torna. Curva Mingone è per Agnone il punto estremo dove intere generazioni hanno esclamato e purtroppo continuano ad esclamare “addio addio Agnone!”. In questi ultimi anni è tornato più intenso l’esodo migratorio, non solo giovanile, ma anche di intere famiglie. Ed è prevedibile che nel futuro prossimo l’emigrazione sarà ancora massiccia.
Così, il cenacolo culturale francescano “Camillo Carlomagno” di Agnone, su iniziativa dell’Università delle Generazioni, intende rendere omaggio a tutti gli emigrati di ieri, di oggi e di domani con una solenne cerimonia che avrà luogo sulla “curva delle lacrime” che il dolore di chi emigra (ma anche la gioia di chi ritorna) consacra simbolo dell’emigrazione universale. Un omaggio, quindi, che Agnone intende rendere a tutti gli emigrati del mondo, diventando così la simbolica capitale mondiale dell’emigrazione.
Giuseppe De Martino, presidente pro-tempore del cenacolo, vestirà la fascia iridata per indicare in quei sette colori e nell’arcobaleno che li esprime l’abbraccio a tutti i popoli migranti.
Verrà posta, inoltre, una gigantografia del monumento agli emigrati, opera dello scultore Ruggiero Di Lollo.
La “Giornata agnonese dell’emigrazione mondiale” terminerà nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria di Costantinopoli (ex Cappuccini) con la celebrazione di una messa dedicata a tutti gli emigrati, in particolare a Sabatino Travaglini scomparso di recente e che, emigrato in Canada, non soltanto ha voluto il monumento agli emigrati in Agnone ma ha raccontato in un bel libro l’emigrazione agnonese della seconda metà del XX secolo, la più dolorosa e la meno rassegnata.