Un italiano su dieci vorrebbe andare a vivere in montagna e altri tre su dieci potrebbero essere presto, con “probabilità molto elevata”, nuovi abitanti delle aree montane, a patto di avere servizi primari e connessioni veloci a disposizione capillarmente. Al 25 per cento degli intervistati da Ipsos per Uncem, piacerebbe “molto” andare a vivere in montagna e più della metà sa che lo spopolamento delle zone montane è un’emergenza nazionale. L’unione nazionale dei Comuni montani ha commissionato uno studio sulle percezioni e le opinioni degli italiani in merito alle aree montane del Paese, quelle che, come l’alto Molise, sembrano finalmente tornate al centro del dibattito politico anche del Governo centrale. L’indagine commissionata è stata svolta utilizzando un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per genere, fasce d’età, area geografica di residenza, ampiezza del comune di residenza, livello di scolarità, condizione occupazionale. Quello che emerge, in prima battuta, è che l’estensione delle superfici montane risulta sottostimata dagli italiani, così come il numero di paesi che vengono definiti dall’Istat «almeno parzialmente montani». Si tende al contrario a sovrastimare l’effettiva estensione delle aree boschive del paese. Dubbi e poca informazione emergono anche in relazione all’entità del cosiddetto fondo nazionale destinato ai comuni montani, che per il 2022 è stato di cento milioni di euro, raddoppiati per l’anno appena iniziato. «Se le dico montagna, qual è la prima parola che le viene in mente?» è stata una delle domande poste agli intervistati. Neve è la prima risposta data, poi aria pulita, natura, ma anche boschi o ad esempio libertà. Gli intervistati riconoscono in larga parte una chiara peculiarità delle persone e della vita in montagna, ritenute molto diverse da quella cittadine; si dividono invece rispetto alla percezione che questa differenza stia o meno riducendosi grazie alla tecnologia. «Quali sono secondo lei i primi tre problemi delle montagne italiane?»: spopolamento, cambiamenti climatici ed incuria o abbandono sono i tre principali problemi che secondo gli intervistati affliggono oggi le aree montane, pur non mancando altre difficoltà quali l’accessibilità ai servizi di base, le prospettive per i giovani dovuta alla scarsità di posti di lavoro. La stragrande maggioranza degli intervistati riconosce alle aree montane un ruolo rilevante nell’identità e nell’economia del paese, riconoscendo tuttavia il rischio che la montagna sta vivendo per il cambiamento climatico. Prevale l’idea che le conseguenze del climate change siano percepibili maggiormente in montagna, piuttosto che nelle zone urbane. Interessanti spunti anche relativamente alla fruizione della montagna. Appena il 14 per cento vive in un comune montano, il 35 per cento è in grado di raggiungere la montagna in meno di un’ora da casa propria, ma l’aspetto positivo è che uno su due dichiara di andare in montagna, per svago e turismo, almeno una volta l’anno. Questo a dimostrazione dell’enorme potenzialità e dell’attrattività delle aree interne del paese. La montagna infatti risulta molto apprezzata dagli italiani: piace «molto» ad un intervistato su tre, «abbastanza» ad un ulteriore 44 per cento. A fronte di questo interesse manifestato, manca però la conoscenza diretta. Solo una minoranza ritiene di conoscere approfonditamente la montagna, un terzo pensa di conoscerla «abbastanza». Anche tra quanti vivono in comuni montani, molti ammettono di conoscerla poco o per nulla. Tra le attività che chi frequenta la montagna dice di svolgere, al primo posto viene indicato il relax, lo stacco netto rispetto alla fatica e al caos quotidiani tipici della vita in città e nelle metropoli. Elevate anche le citazioni relative al buon cibo tipico, alla visita dei luoghi d’interesse e all’attività fisica all’aria aperta. Trekking, hiking, passeggiate sono lo sport più praticato da chi frequenta la montagna, seguito dallo sci, legato quasi esclusivamente alla stagione invernale e dall’arrampicata, attività, queste ultime, più tecniche e anche dispendiose. Le risposte indicano un’inversione di tendenza importante anche in termini numerici: prima si andava in montagna solo per sciare, la classica settimana bianca; oggi si va più spesso in montagna, durante le varie stagioni, per camminare. E’ il turismo lento, quindi, quello che attrae maggiormente nelle zone interne. E anche i dati sulle presenze e le attività poste in essere in alto Molise, tra Capracotta e Pescopennataro, confermano questa inversione di tendenza che è anche un chiaro indicatore per gli operatori turistici sul quale evidentemente investire. In merito alla attrattività della montagna, un intervistato su quattro dichiara di sentirsi «molto» a proprio agio in montagna, uno su due «abbastanza», poco più del 20 per cento percepisce al contrario una sensazione di disagio. Nell’immaginario comune i principali vantaggi della vita in montagna sono legati agli aspetti naturali: aria buona, natura, tranquillità e silenzio, aspetti riconosciuti ai primi posti anche da chi vi vive effettivamente. Alla bellezza del vivere immersi nella natura si accompagnano ovviamente anche le difficoltà peculiari della montagna. Le più citate riguardano l’assenza di collegamenti pubblici, la mancanza di servizi di base, dalla sanità alla scuola, la scarsità di opportunità lavorative, il senso di isolamento e il doversi adattare ad un clima più estremo. Altra cosa interessante che emerge dallo studio è che il bilancio tra aspetti positivi e negativi del vivere in montagna porta circa un italiano su quattro ad apprezzare molto l’idea di trasferirvisi, anche se meno del 10 per cento reputa questa scelta concretamente attuabile. Tra i driver che potrebbero spingere la scelta di trasferirsi in montagna troviamo innanzitutto un costo della vita più basso, seguito dalla possibilità di avere incentivi economici mirati. Contano anche fattori come la presenza di una comunità locale forte e la possibilità di poter lavorare da casa, evitando lunghi trasferimenti verso il luogo di lavoro. Nemmeno troppo a sorpresa la pandemia da covid-19 è stato un evento che ha spinto più intervistati ad accrescere il proprio desiderio di passare del tempo in montagna, piuttosto che diminuirlo. La strategia nazionale delle aree interne risulta un termine noto a poco meno del 30 per cento degli intervistati, nonostante il tema sia onnipresente da anni sui giornali, ma solo un’esigua minoranza dichiara di conoscere questa politica con un certo dettaglio. Più di un terzo dichiara di aver invece sentito parlare di green communities, con un 10 per cento che afferma di riconoscerne a pieno le loro principali caratteristiche. Più note agli intervistati risultano le comunità energetiche rinnovabili, un termine che risulta noto a circa metà di loro, con oltre il 20 per cento in grado di riconoscerne le principali caratteristiche. Riassumendo, i punti chiave dello studio commissionato da Uncem e sui quali lavorare, sono questi: buona conoscenza generale delle questioni relative alla montagna; riconoscimento sia della peculiarità delle persone e della vita di montagna sia della montagna come parte importante dell’identità e della stessa economia del paese; la montagna è un luogo dove rilassarsi lontani dalla confusione della vita urbana; la montagna soffre lo spopolamento, la carenza di adeguati trasporti pubblici, di servizi di base e di lavoro e un maggiore impatto del cambiamento climatico; bassa conoscenza della strategia nazionale per le aree interne.

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