«La legalità attecchisce solo in terreni fertili, come quello creato dalla Caritas diocesana di Trivento qui in Alto Molise e Alto Vastese».
Ha esordito così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e prete scomodo nemico giurato della mafia, ospite della giornata di legalità e dell’impegno sociale organizzata dal direttore della Caritas diocesana di Trivento, don Alberto Conti.
Disertata, come ormai d’abitudine, da tutti i sindaci e politici di zona, sia abruzzesi sia molisani, fatta eccezione per il consigliere regionale Alessio Monaco e ovviamente del sindaco del posto Mario Di Paolo e dell’assessore di Agnone, Enrica Sciullo, la giornata della legalità e dell’impegno sociale ha tagliato il traguardo della decima edizione.
Un paese blindato, con Digos, unità cinofile e artificieri della Polizia, in ragione della presenza dell’ospite d’onore, don Luigi Ciotti, appunto, minacciato dalla mafia. La macchina della sicurezza è stata gestita e coordinata sul posto dal sostituto commissario Andrea D’Angelo, della Squadra Mobile di Chieti, e dalla dirigente della Digos, Miriam D’Anastasio. Presente, in veste di rappresentanza, anche il signor Questore di Chieti, Aurelio Montaruli.
Dopo la recita dell’ora media, all’interno della chiesa parrocchiale, don Luigi Ciotti ha tenuto la sua riflessione che invita all’impegno sociale appunto, nel pieno spirito della Caritas diocesana triventina.
«La pace e la giustizia sociale non sono solo doni di Dio – ha affermato con chiarezza il fondatore di Libera e del Gruppo Abele –. Perché è Dio che ci chiede una mano. E allora pregare equivale ad agire, mettersi in gioco, sporcarsi le mani, senza pensare ipocritamente che sia sempre compito degli altri fare qualcosa. La preghiera del cristiano deve tramutarsi in accoglienza, amicizia, fratellanza universale, altrimenti resta sterile».
Una dimensione concreta e operativa della preghiera, dunque, questo l’appello di sfida lanciato da don Ciotti. «Mi rendo conto che non è facile – ha aggiunto il sacerdote antimafia –, ma è l’unica strada. Solo così la preghiera diventa carità, come dimostra l’opera, nel corso degli anni, della Caritas di Trivento. Pregare, sì, ma anche agire, soprattutto agire; è anche l’insegnamento provocatorio che ci ha lasciato il cardinale Pellegrino. Sono le azioni e l’agire quotidiano che danno concretezza alla preghiera, altrimenti essa rimane uno sterile esercizio egoistico. Nella società attuale viviamo continue ed evidenti contraddizioni: la povertà che dilaga, la fragilità che aumenta, la corruzione che è una vera e propria patologia nazionale. Le cose cambiano solo se cambiamo noi stessi, se non ci giriamo dall’altra parte, se ci rimbocchiamo le maniche e diventiamo operatori concreti di pace e giustizia sociale. La Caritas questo fa, riesce a saldare la giustizia alla carità. Altrimenti la preghiera è solo ipocrisia».
Ciascuno faccia il suo dovere, questo, in sintesi, l’appello di don Ciotti: «Pensiamo sempre che tocchi ad altri il fare: alle forze di polizia, ai magistrati. Ma Dio ha bisogno delle nostre mani per realizzare pace e giustizia. E allora tacere davanti alla corruzione diventa una colpa, diventa complicità; mentre denunciare e parlare diventano un obbligo morale. Trasformare la Parola, il Vangelo, in vita vissuta, questo è il solo compito del cristiano. La pace e la giustizia cominciano qui, accanto a noi, nelle nostre piccole comunità, mostrando attenzione e solidarietà, fratellanza a chi fa più fatica o è più svantaggiato».

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