Don Pietro Paolo Monaco, parroco del paese, commenta la situazione che sta vivendo la comunità di Pescolanciano dopo i due atti vandalici consumatisi nei giorni scorsi – lo sfregio al cimitero e l’incendio della struttura destinata ad ospitare migranti – che sembrano ricondursi entrambi all’opposizione manifestata dai cittadini all’arrivo di richiedenti asilo.
«Quello che si è verificato ha colpito tutto il paese – dice don Pietro -, si è discusso molto sull’accoglienza, non solo ora ma anche in passato quando il sindaco sottopose all’attenzione dei cittadini la possibilità di aderire al progetto Sprar. L’interrogativo è uno e riguarda la possibilità di garantire un servizio di accoglienza degno per le persone che arrivano, evitando speculazioni e business che purtroppo caratterizzano questo settore. Come diocesi di Trivento, con la Caritas diocesana abbiamo aderito ai corridoi umanitari per l’accoglienza di persone che scappano dal continente africano a causa della guerra, abbiamo un esempio molto vicino a noi, don Antonio Mascia, recentemente rientrato in diocesi dal Camerun, fuggito proprio dalla guerriglia in atto. È proprio nella diocesi camerunense in cui è stato don Antonio Mascia che abbiamo collaborato alla costruzione di un centro di accoglienza per le persone costrette a fuggire dalla Nigeria e dai Paesi vicini. Allo stesso modo stiamo aiutando persone che vengono dal Venezuela, dove la situazione è molto difficile, oltre alle varie adozioni a distanza. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che, il rifiuto della popolazione di Pescolanciano non è alimentato da motivi razzisti ma semplicemente dall’intenzione di fare accoglienza per bene. È giusto che queste persone vengano seguite, ma senza speculazioni. In paese abbiamo un chiaro esempio di accoglienza: la comunità alloggio per minori, che è diventata parte integrante della realtà sociale di Pescolanciano. Il problema non è l’accoglienza in sé, ma la gestione dell’accoglienza, se si segue da dentro si conoscono bene le situazioni e si sa che ci sono casi di speculazione, che si faccia pure carità ma che si faccia per bene. Lo straniero in genere non è un problema. Sicuramente se la popolazione fosse stata informata bene prima non si sarebbe arrivati a tanto. Quanto accaduto è stato rimproverato dall’intera cittadinanza che non si riconosce in questi gesti e che avrebbe dovuto essere coinvolta prima sia dalle istituzioni che dalla cooperativa che dovrebbe gestire il centro».