«Negli ultimi 15 anni ai comuni altomolisani sono stati tagliati circa 200 posti di lavoro legati all’ospedale “Caracciolo”. Una razzia sconsiderata, violenta, e ottusa. Questo ha accelerato lo spopolamento dell’area, non solo, ma ha anche negato le cure alla zona interna che soffre di collegamenti viari vetusti e condizioni meteo sfavorevoli. Per questo, da oggi, è opportuno rimettere sul tavolo la “Vertenza Alto Molise”. Toma e Giustini devono ribaltare l’assunto che tutti i governi Regionali hanno avallato: la negazione del diritto alla cure e allo sviluppo delle nostre popolazioni. In termini numerici, all’ospedale di area disagiata spettano, in rapporto alla popolazione, 20 milioni di euro».
Conti alla mano, visto che spesso la sanità è gestita in maniera ragionieristica, il capogruppo di Nuovo Sogno Agnonese, l’ex consigliere comunale e provinciale Daniele Saia, batte cassa in Regione e lo fa puntando l’indice sul governatore Toma e sul commissario. Una dura presa di posizione, quella dell’esponente di centrosinistra, che per Agnone e i centri dell’Alto Molise e del confinante Vastese rivendica diritti alle cure sanitarie e un’attenzione da parte delle classe politica regionale, venuta meno negli ultimi 15 anni, almeno.
«L’impiego si può declinare nei modi più disparati – sottolinea ancora l’esponente del centrosinistra – ma con il risultato che in Alto Molise la sanità pubblica deve tornare ad offrire cure e servizi, oggi appaltati a cliniche e clinichette private che lucrano alle spalle dei cittadini. In altre regioni – puntualizza Saia – l’organizzazione sanitaria ha concentrato in uno solo stabilimento, non necessariamente nei capoluoghi, gli esami diagnostici, quelli clinici, la farmacia, interventi di day surgery. Il Molise potrebbe fare altrettanto ottenendo risparmi e servizi più efficienti. Su questo si può e si deve discutere, purché il nostro ospedale venga implementato». Al momento, invece, mentre altrove si sono potenziate o riaperte strutture sanitarie messe in panchina da anni, come Venafro ad esempio, il “Caracciolo” continua ad essere dimenticato dalla politica regionale e dai vertici dell’Asrem. Una tenda per il pre triage, questa è stata l’unica dotazione aggiuntiva per l’ospedale di Agnone dall’avvio dell’emergenza sanitaria da Covid19. Altrove, nel vicino Abruzzo, ad Atessa per essere più chiari e diretti, il piccolo nosocomio in dismissione è stato potenziato e trasformato in Covid Hostpital e nei giorni scorsi l’azienda sanitaria del Chietino ha acquistato una innovativa tac a 64 strati che una volta finita l’emergenza coronavirus resterà comunque in dotazione al “San Camillo de Lellis”. Il “San Francesco Caracciolo” invece deve accontentarsi di una tenda per il pre triage.
«Alla base della discussione non c’è l’inutile spirito campanilistico, – precisa Saia tornando a parlare dell’ospedale altomolisano – ma l’analisi sulla utilità della regione Molise per le zone interne. L’attuale quadro vede l’ente prendere in termini fiscalità e non restituire adeguatamente in termini di servizi, con la popolazione costretta a subire danni e costi, sociali ed economici, superiori». Tante tasse, zero servizi, questa la sintesi del pensiero di Saia. E oltre alla sanità carente, c’è anche il tema dei trasporti che Saia rimarca con fermezza: «Per raggiungere Campobasso da Agnone, con i mezzi pubblici, si impiegano circa due ore. L’ultima corsa dal capoluogo è alle ore 14. Dopodiché, si resta a piedi. Da Isernia l’ultimo pullman per l’Alto Molise parte alle 18, alcune ore prima degli ultimi treni da Roma e Napoli. Il ponte sul Sente, il cordone ombelicale vitale con l’Abruzzo, è chiuso dal settembre 2018. E ancora i finanziamenti per le manifestazioni tradizionali: mentre alle Carresi sono stati destinati 350 mila euro per la messa in sicurezza dei percorsi, alla Ndocciata, che conta migliaia di presenze, vere e da tutta l’Italia, solo poche migliaia di euro. I parlamentari agnonesi furono i primi sostenitori e determinanti per la nascita della Regione Molise. Il bilancio di quella scelta, oggi, è deficitario. Il perdurare di questa dicotomia apre, naturalmente, la porta ad ogni valutazione. Questa prospettiva va disinnescata urgentemente – chiude Saia – con scelte responsabili che mettano in atto meccanismi perequativi».