Sette ore, 420 minuti interminabili quelli trascorsi dalla caduta accidentale in un dirupo alla morte. E per quel decesso la Procura di Isernia ha chiuso le indagini e ha iscritto nel registro degli indagati sei persone.
Bruno Pallotta, imprenditore del settore caseario a Capracotta, quella mattina del 18 novembre del 2019 cercava un animale del suo allevamento che si era allontanato dalla mandria. Una giornata nebbiosa, umida e forse anche le condizioni meteorologiche contribuirono a quella rovinosa caduta in un dirupo di oltre 50 metri, su monte San Nicola in località Macchie. L’imprenditore chiamò i familiari, intorno alle 14, avvisandoli della caduta. «La gamba è andata» disse. Ma era lucido, cosciente, indicò il luogo dell’incidente. Di lì, secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica di Isernia, una lunga catena di errori nella gestione e nel coordinamento dei soccorsi. Sette ore, 420 minuti quelli che trascorsero dalle 14, orario della caduta, alle 21 circa, quando finalmente Bruno Pallotta fu portato su per la china di monte San Nicola ormai gravissimo, al punto che il decesso arrivò subito dopo.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i familiari – dopo aver ricevuto la telefonata di Bruno – allertarono immediatamente il 118. Nel frattempo gli stessi riuscirono a raggiungere Bruno Pallotta attraverso un percorso fuori sentiero. Minuti interminabili rotti, ad un certo momento intorno alle 16, dal rumore di un elicottero in volo.
Il mezzo di soccorso che si era alzato in volo da Pescara per recuperare il ferito nel dirupo. Ma nessuno di chi avrebbe dovuto sembra abbia indicato le coordinate del luogo dove Bruno Pallotta giaceva ormai da due ore, ferito. Giri interminabili sull’intera area; intorno alle 17, complici il buio e la nebbia, il veivolo tornò a Pescara senza aver potuto prestare soccorso al ferito. Nessun medico sul posto, nessuna valutazione della situazione sanitaria del ferito. Quando, solo un quarto d’ora prima delle 21, Bruno fu caricato su una barella, era davvero troppo tardi.
Nella ricostruzione degli inquirenti, quindi, l’attenzione viene posta sugli errori, su quella catena mortale che avrebbe decretato la fine dell’uomo che aveva allertato per primo la famiglia indicando il luogo dove si trovava. Era possibile un percorso alternativo per accelerare le operazioni, c’è stata qualche falla nella gestione del coordinamento delle ricerche e nella modalità con le quali sarebbe stato organizzato il soccorso? Secondo la Procura quella lunga catena mortale ha causato il decesso dell’imprenditore. Finito in un dirupo mentre cercava di recuperare un animale che si era allontanato dalla sua mandria.

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