Mille sindaci, in aumento il loro numero, chiedono al premier dimissionario Mario Draghi di restare a Palazzo Chigi, presa di posizione considerata ostile da Fratelli d’Italia, che con la leader Giorgia Meloni, alla guida del partito che i sondaggi premiano di più, ha lanciato ieri una stoccata a chi indossa la fascia tricolore e si professa pro Draghi: «Mi chiedo se tutti i cittadini rappresentati da Gualtieri, Sala, Nardella o da altri sindaci e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello a un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale ad andare avanti imperterriti, condannando questa Nazione all’immobilismo solo per garantire lo stipendio dei parlamentari e la sinistra al governo. E mi chiedo se sia corretto che questi sindaci e governatori, rappresentanti di tutti i cittadini che amministrano (anche quelli che non li hanno votati e che la pensano diversamente) usino le Istituzioni così, senza pudore, come se fossero sezioni di partito. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura». Tra i sindaci che la pensano come la Meloni c’è il primo cittadino di Colletorto, Cosimo Damiano Mele: «Non condividiamo l’appello che alcuni Sindaci hanno promosso per sostenere la conferma di Draghi a Palazzo Chigi. L’iniziativa, proposta secondo un’egida istituzionale, sottende al contrario una chiara volontà politica di parte. A ben vedere, invocare una sorta di “accanimento terapeutico” per mantenere in vita un governo paralizzato da veti e divisioni interne danneggia l’Italia e le stesse comunità locali. I sindaci, infatti, hanno bisogno di certezze e di un quadro istituzionale capace di sostenere gli sforzi inenarrabili a cui sono chiamati quotidianamente. Quell’appello non è solo sbagliato ma per certi versi “contro natura” visto che la credibilità e la legittimazione dei sindaci nasce proprio dal consenso diretto che ciascuno di loro ha saputo conquistare. È giunta l’ora che anche a livello nazionale l’Italia possa finalmente confidare in un governo reso forte e autorevole dallo stesso consenso popolare».