25 gennaio 2003-25 gennaio 2023. Dopo nemmeno 3 mesi dalla tragedia di San Giuliano di Puglia e dal sisma che devastò parte del basso Molise, nuova emergenza e stavolta sulla costa. Una rovinosa alluvione, costata al territorio un miliardo di euro di danni, di cui un quarto allo stabilimento Fiat. L’unico aspetto positivo è stata l’incolumità delle persone, non ci furono, miracolosamente, morti o feriti, anche se a perire furono tanti capi di bestiame nelle aziende agricole a valle del Biferno. Giorni da tregenda per l’area che dalla piana dopo il Liscione arriva al mare. Piogge abbondanti e intensissime mandarono riempirono l’invaso, tanto che per evitare conseguenze disastrose, fu aperto lo scarico di fondo e una quantità di acqua defluì dalla diga, allagando campi e strade, fino a trovare sfogo parzialmente in mare e fermata dal catino rappresentato dalla massicciata ferroviaria. Italia divisa in due, chiuse A14, statale 16, la stessa ferrovia. Operai dello stabilimento Fiat saliti sul tetto della fabbrica e nel giorno dopo la morte di Giovanni Agnelli altro colpo terribile per l’azienda, 40mila le vetture prodotte in meno per lo stop all’impianto, in un contesto di grande sofferenza, oltretutto. Venne mobilitata la protezione civile nazionale, che insediò una colonna in sala consiliare, logisticamente parlando. Tante le aziende del nucleo in ginocchio, tanti gli sfollati a Rio Vivo e nella zona Sud. Centinaia di persone costrette a sgomberare, ospitati negli alberghi cittadini, si raggiunsero in alcuni punti anche i 5 metri d’acqua, automobili sommerse, terreni devastati. Il timore concreto che la Fiat potesse scegliere di andarsene, svanito solo dopo la firma dell’accordo di programma da 434 milioni di euro attraverso cui venne prodotto il cambio m40, quello che equipaggia i furgoni Ducato assemblati alla Sevel. La fabbrica riaprì i battenti dopo nemmeno due mesi, con un open day a marzo. «Se la Fiat ha subito sì danni in quell’occasione, ma non irreversibili e se ha potuto riprendere la produzione dopo un solo mese, è stato per merito della volontà delle maestranze, di tutti i livelli, che si sono tirate su le maniche, mosse da un senso di appartenenza alla vita di fabbrica da far loro e a noi onore», dissero i rappresentanti sindacali di allora. Dal punto di vista delle responsabilità, il giudice penale ha assolto gli indagati accusati di disastro colposo, ma la Regione dovette pagare i risarcimenti a chi i danni li aveva subiti, per il giudice del Tribunale di Larino non c’era un potere di spesa tale che consentisse l’impiego di almeno 20 milioni di euro per mettere in sicurezza gli argini del Biferno, che così com’erano (e come sono ancora) non possono accogliere senza rischi rilasci da almeno 100 metri cubi a secondo dall’invasi del Liscione. A sancire la vittoria “civile”, il Tribunale delle acque pubbliche, ma per avere i soldi, i ricorrenti dovettero chiedere al Tar un giudizio di ottemperanza, dopo atti di precetti e pignoramenti dei conti regionali, che non aveva ancora pagato un centesimo ai cittadini danneggiati. Questa è cronaca, poi ci sono gli aspetti attuali, ossia la mancata realizzazione delle opere di messa in sicurezza degli argini del fiume Biferno, coi 15 milioni assegnati dal Cipe in capo alla Regione, poi transitati come soggetto attuatore al Cosib e tornati indietro, per essere recuperati e rimodulati, ma ancora non viene fatto nulla, tanto che questo pericolo incombente è anche uno dei motivi che frenano l’ulteriore espansione del nucleo industriale termolese. Soldi rifinanziati con i patti per il Sud, sono uno strumento indispensabile per lo sviluppo di un’area importante da salvaguardare sotto l’aspetto naturalistico-ecologico e sotto per tutto lo sviluppo dell’area. Il sindaco di allora, Remo Di Giandomenico, che incontrammo nella zona del Terminal Bus, effettuò un sopralluogo in elicottero, raccontando di aver visto Termoli come isola circondata dall’acqua, anche a Nord, era esondato pure il Sinarca. Quel sabato, alla Fiat, tutti gli operai e gli impiegati, una volta invaso d’acqua lo stabilimento e venuta meno la corrente elettrica, rimasero al buio e al freddo. Evacuati in elicottero con la protezione civile nelle ore successive. Termoli andò in cronaca nazionale.