Si torna a parlare di fonti da energia rinnovabile e in particolare di fotovoltaico nel comprensorio di Campomarino. A bersaglio il ricorso promosso dalla società Campomarino Srl, che ha impugnato al Tar Molise, richiedendone l’annullamento, gli atti della Regione, della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio del Molise e del Ministero della Cultura, così come l’Arsarp, relativi alla proposta di realizzazione di un impianto da poco più di 14 megawatt, a Nuova Cliternia. Altresì, il ricorrente ha chiesto la condanna della Regione a convocare la conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, nominando sin d’ora un commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inerzia dell’Amministrazione. L’udienza è stata celebrata lo scorso 30 novembre, la sentenza invece è stata pubblicata il 15 maggio. Il 25 agosto 2020, con due distinte istanze, è stato chiesto alla Regione Molise, rispettivamente, la verifica dell’assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale del relativo progetto e il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio dell’impianto ex art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003. A seguito della pubblicazione dello studio preliminare ambientale il Servizio Energia della Regione Molise ha comunicato il formale avvio del procedimento di autorizzazione dell’impianto, salvo statuire, al contempo, che il relativo iter di svolgimento sarebbe rimasto sospeso in attesa delle valutazioni ambientali da parte dei competenti organi. Con atto di istruttoria tecnica del 3.6.2021 l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise (di seguito A.R.P.A. Molise) ha rilevato la sussistenza delle condizioni per escludere il progetto della ricorrente dalla procedura di impatto ambientale, rimettendo all’Autorità competente l’adozione del provvedimento autorizzatorio definitivo previo approfondimento (in particolare) della tematica del “consumo di suolo”. La Campomarino s.r.l., non ricevendo riscontri dalle Amministrazioni procedenti, ha provveduto a diffidare la Regione alla convocazione della conferenza dei servizi per l’esame e il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003. E, stante il silenzio serbato in proposito dall’Amministrazione, la ricorrente ha promosso, avanti a questo Tribunale, il ricorso R.G. n. 111/2021, definito di lì a poco con la sentenza n. 294/2021, con la quale è stato testualmente ordinato “alla Regione Molise di convocare, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente decisione o, se anteriore, dalla sua notificazione, la conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003 e dell’art. 14.6. delle Linee Guida regionali allegate alla D.G.R. n. 621/2011, invitandovi anche l’Amministrazione competente all’esperimento delle procedure ambientali, e infine, all’esito, di pronunciarsi sull’istanza autorizzatoria della parte ricorrente”. Il servizio V.I.A. della Regione Molise, tuttavia, in luogo di disporre la convocazione della conferenza di servizi sull’istanza di autorizzazione unica della società ricorrente, con determinazione dirigenziale n. 5594 del 22.9.2021 ha disposto l’assoggettamento del progetto della medesima a V.I.A. Il primo dicembre 2021 il Tar negò la sospensiva, poi accolta, invece dal Consiglio di Stato. Nel merito, il collegio del Tar Molise ha accolto il ricorso, poiché «la motivazione dei pareri risulta dunque slegata dalle condizioni dell’area di intervento, non dando conto della presenza di specifiche esigenze di tutela legate alla conformazione di essa, e apparendo dunque affidata a formule praticamente di stile. Per tale ragione, le considerazioni addotte al fine di sottoporre il progetto a V.I.A non risultano idonee a scalfire la tenuta del giudizio negativo di screening in precedenza espresso dall’Arpam, giudizio che ha di contro avuto peculiare riguardo proprio allo stato dei terreni specificamente interessati dall’iniziativa in esame, caratterizzati unicamente dalla loro destinazione agricola. Senza dire che un ipotetico riconoscimento, per contro, della bontà di simili motivazioni meramente astratte porterebbe alla ineludibile quanto insostenibile conclusione di reputare sempre e comunque necessario l’assoggettamento a VIA di qualsiasi progetto di localizzazione di impianto per la produzione di energia da F.E.R., che non potrebbe mai mancare di determinare, come ogni altro insediamento, un qualche “consumo di suolo”. Il Tribunale non può poi mancare di ravvisare la palese illogicità dei provvedimenti impugnati nella misura in cui hanno imposto la V.I.A. senza nemmeno tener conto del piano agronomico proposto a corredo dell’iniziativa in esame, e finalizzato proprio ad esaltare le caratteristiche proprie dell’area di progetto. Secondo l’Amministrazione regionale, la Soprintendenza del Molise non avrebbe escluso la presenza di eventuali emergenze archeologiche nell’ambito territoriale ove sarebbe prevista la localizzazione dell’impianto, e avrebbe pure paventato una modifica percettiva del contesto paesaggistico.
Il punto è però che il detto organo di tutela non ha reso nell’occasione alcun parere definitivo sull’istanza del privato, avendo espressamente rinviato ogni sua conclusione finale alla fase di rilascio del titolo autorizzatorio unico, dando così per scontato che si dovesse addivenire alla conferenza dei servizi di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003: “È opportuno precisare che in attuazione dei principi di integrazione dell’attività amministrativa e di azione preventiva di tutela, le presenti osservazioni non costituiscono parere finale che invece verrà rilasciato in fase autorizzativa” (così si esprime testualmente il parere prot. n. 656-p/2021). Per completezza il Tribunale, avuto riguardo agli aspetti archeologici e paesaggistici presi in considerazione dalla Soprintendenza, ritiene peraltro opportuno aggiungere che dalla posizione di quest’ultima non affiorano, su basi razionali, elementi, pur dubitativi, che possano fondare un ragionevole rischio di impatto ambientale delle opere progettate dalla ricorrente. Sotto l’aspetto archeologico, la Soprintendenza ha infatti semplicemente ritenuto di non poter escludere che anche nelle aree interessate dalla localizzazione dell’impianto fosse riscontrabile la presenza di siti o emergenze archeologiche, affidandosi dunque sul punto a considerazioni puramente ipotetiche, avulse da un concreto esame dello stato dei luoghi, e, soprattutto, da verificare comunque, alla stregua delle sue stesse precisazioni, in fase di eventuale rilascio del titolo abilitativo. Analogamente è a dirsi sul versante della tutela del paesaggio. Le osservazioni della Soprintendenza, nella parte in cui sembrano richiamarsi alla sussistenza di aree con produzioni di pregio degne di tutela dal punto di vista paesaggistico, si riferiscono però, genericamente quanto solo aprioristicamente, al generale “contesto sub pianeggiante” della vasta area sottoposta al piano paesistico. Il Tribunale non ritiene però di dover accogliere anche la domanda di condanna della Regione Molise alla convocazione della conferenza di servizi di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, essendosi in tal senso già pronunciato in occasione della propria sentenza n. 294/2021, che nella sussistenza dei relativi presupposti potrà essere posta dalla ricorrente in esecuzione».