Cambia il vento ‘amministrativo’ e dopo alcune sconfitte in sede di Tar e Consiglio di Stato, stavolta Nicolino D’Ascanio, dal suo scranno di oppositore alla giunta Travaglini, ha avuto ragione in sede di Tribunale amministrativo regionale, per un ricorso del 2016, dove aveva contestato il regolamento del Consiglio comunale. Una causa promossa con la collega Valentina Bozzelli, affidata all’avvocato Vincenzo Fiorini, dello studio Iacovino. I due consiglieri hanno impugnato la delibera del Consiglio Comunale di Montenero di Bisaccia n. 10 del 18.03.2016 con cui si procedeva alla modifica del Regolamento del Consiglio Comunale di Montenero di Bisaccia e limitatamente alle modifiche inerenti gli artt. 11 comma 3; 15 comma 3; 29 comma 2; 31 comma 5; 37 comma 5, nella parte pregiudizievole agli odierni ricorrenti ed in particolare nella parte in cui si evidenzia, in riferimento agli articoli citati, che “nel caso in cui il calcolo del quinto (dei consiglieri) dia il risultato in termini decimali, si adotta il criterio di arrotondamento per eccesso” e di ogni atto presupposto, connesso comunque lesivo della posizione dei ricorrenti tra i quali la delibera di Giunta Comunale n. 24/2016 del verbale della Commissione Statuto e Regolamenti dell’11.03.2016 che esprimeva parere favorevole alle modifiche regolamentari suindicate tutti sempre nella parte in cui procedevano alla modifica del Regolamento del Consiglio Comunale di Montenero di Bisaccia degli artt. 11 coma 3, 15 comma 3; 29 comma 2; 31 coma 5; 37 comma 5 evidenziandosi che “nel caso in cui il calcolo del quinto (dei consiglieri) dia il risultato in termini decimali, si adotta il criterio di arrotondamento per eccesso” nonché di ogni ulteriore atto connesso o conseguente lesivo della posizione dei ricorrenti. Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2018 il giudice Domenico De Falco. I ricorrenti contestavano la sussistenza di un potere del Consiglio comunale di integrare in via interpretativa la norma relativa ai quorum minimi, ed affermano che si dovrebbe applicare il criterio aritmetico dell’arrotondamento verso il basso allorché il calcolo di un quinto desse luogo a resti più vicini all’unità inferiore che a quella superiore (ad esempio 2,40). Nel caso del Consiglio comunale di Montenero di Bisaccia, in quanto i ricorrenti sono in numero di due e, pertanto, se venisse applicato il criterio elaborato nella gravata previsione regolamentare allora essi perderebbero la possibilità, come esponenti di un gruppo di minoranza, di richiedere la convocazione del consiglio. In sede cautelare questo Tribunale ha respinto l’istanza di sospensione, rilevando che l’interpretazione delle disposizioni, come l’art. 39 co. 2 del Tuel, che regolano il funzionamento del Consiglio comunale e i presupposti per la sua convocazione, sembrano effettivamente rientrare nell’ambito delle competenze demandate al Consiglio stesso, il quale, anche secondo la giurisprudenza del Supremo consesso amministrativo, legittimamente può fissare con proprio regolamento le regole sui criteri di arrotondamento dei quorum delle sedute del Consiglio stesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694).
Nel merito il Collegio, rivedendo la posizione espressa in sede cautelare, ritiene che il ricorso sia fondato ed accoglibile alla stregua delle seguenti considerazioni.
Sulla base di tale orientamento è possibile trarre due conclusioni: in primo luogo deve ritenersi che il Consiglio comunale sia titolare del potere di dettagliare i criteri relativi al funzionamento del Consiglio stesso anche con riguardo alla materia dei resti; in secondo luogo deve ritenersi, altresì, che in materia debbano trovare prioritaria considerazione i fondamentali principi che regolano la dialettica democratica tra cui, anche quello della tutela della minoranza. Nel caso di specie, essendo di fronte ad una soglia prescritta al fine di tutelare le minoranze, di modo che l’arrotondamento di essa per eccesso condurrebbe ad una limitazione delle prerogative delle minoranze non ad un rafforzamento di esse, tradendo, così, la ratio della disposizione di cui all’art. 39, co. 2, del Tuel che è quella di fornire una garanzia minimale appunto ai gruppi di minoranza all’interno dei consigli comunali. Di tanto si è fatta interprete anche la Circolare del Ministero dell’Interno invocata da parte ricorrente che, sul punto, ha correttamente affermato che in queste ipotesi deve propendersi per un arrotondamento in senso opposto, ovvero per difetto, sempre che il resto conduca ad un risultato dopo la virgola inferiore al “50”, solo così pervenendosi ad un rafforzamento delle prerogative delle minoranze. Ciò considerato, il ricorso deve essere accolto e conseguentemente i provvedimenti impugnati devono essere annullati nei limiti in cui prevedono che ai fini dell’esercizio delle prerogative previste dall’art. 39, co. 2 del Tuel, qualora il calcolo della soglia del quinto dei consiglieri comunali dia luogo a resti, debba procedersi all’arrotondamento per eccesso all’unità superiore e non invece a quella inferiore.