«Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati, siamo sconvolti, ma non disperati, perseguitati ma non abbandonati, colpiti ma non uccisi. Quello che ci è accaduto il 30 aprile scorso è stato un tentativo martirio, il tentativo di un genocidio culturale dei Popoli della Carrese». Parole dure, sferzanti, quelle che ha pronunciato don Nicola Mattia nell’intervento conclusivo che ha chiuso ieri il programma religioso della festa patronale di San Leo a San Martino in Pensilis, Un discorso molto netto, tutto dalla parte della tradizione, come nel solco delle esternazioni diocesane degli ultimi giorni.
«Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi (2 cor 4, 8 -9)
Questo ci dice la Parola di Dio che, credo esprime come tutti ci sentiamo.
Quello che ci è accaduto il 30 aprile scorso è stato un tentavo di martirio del nostro popolo.
Quello che è successo il 30 aprile è stato un tentativo di genocidio culturale dei popoli della carrese. Come in ogni tentativo di genocidio anche per noi c’è stato il tentativo di stuprare la nostra storia, la nostra cultura, la nostra fede.
Stanno provando a cancellarci nascondendosi dietro una ipotetica legalità senz’anima.
Il 30 aprile 2018 è una data che non cancelleremo mai dalla nostra storia ma la trasmetteremo alle generazioni future per raccontare la tracotanza di chi ha provato a cancellare millenni di vita.
Essi credono di aver vinto. Ammesso che sia vero, hanno vinto questa mano, va bene, ma la partita è lunga e la giocheremo fino in fondo. Fino alla fine.
Uniti, a fronte alta e con la schiena dritta senza piegarci alle ideologie dominanti che il vento, come insegna la storia, porterà via.
Chi ha sostenuto, da lontano, nelle chiuse stanze della burocrazia, nei mezzi di comunicazione locali, che tutto è stato fatto per il nostro bene e per il bene dei nostri buoi VENGA in mezzo a noi, venga a dircelo QUI che quello che è successo è stato buono per noi.
Venga a guardarci negli occhi e ad ascoltare non tanto le nostre parole quanto i nostri cuori!
Ci è dovuto l’incontro diretto con chi dice di rappresentarci in quanto stato.
Lo dico senza ironia, sapremo essere all’altezza dell’incontro.
La comunità di San Martino in Pensilis è famosa per l’accoglienza e l’ospitalità, sapremo dimostrare, se venite qui a parlarci che la nostra accoglienza è di più di quanto si dice.
Sapremo farvi gustare i nostri cibi, anch’essi espressioni di storia, cultura, devozione e tradizione e soprattutto della nostra fama di accoglienza.
Vi faremo visitare le nostre stalle e vi permetteremo di ascoltare anche i nostri buoi.
Molte volte, quando si parla di animali, si pensa a quelli da cortile. Uccellini, pesciolini, cagnolini, agnellini (tutti belli e degni di rispetto).
Il nostro cuore è così grande che oltre a tutti questi animali contiene i nostri buoi. Il nostro cuore è così grande e amiamo così tanto i nostri animali che può contenere tutta l’arca di Noè.
San Martin è nu bell paes, certamente per il paesaggio, per il clima ecc. ma San Martin è nu bell paes soprattutto perché è bellissimo il cuore dei sammartinesi!
E’ facile attaccarci: non abbiamo potere politico dal momento che la demografia ci dà per sconfitti e ci profetizza l’estinzione, proprio come la razza bovina podolica, che in pochi anni si è dimezzata e senza le carresi siamo certi che l’estinzione di questa razza bovina accelererà. Pensi anche a questo chi si erge a paladino degli animali.
Scelte scellerate stanno vuotando le nostre comunità di gente. Il processo di invecchiamento è sotto gli occhi di tutti e quindi non possiamo influire sulle scelte nazionali.
Non abbiamo potere economico, anzi, la ricerca di un lavoro che non c’è spesso è più faticoso del lavoro stesso.
Siamo socialmente poveri e inascoltati e lo sappiamo ma questo non ci toglie l’orgoglio di chi siamo.
Siamo piccoli ma la nostra storia, la nostra cultura la nostra fede ci fa sentire sulle Spalle dei Giganti.
Siamo piccoli come Davide di fronte al gigante Golia.
Davide però alla fine ha vinto! In un clima già incandescente, qualcuno evidentemente vuole provare a tirarmi per la tonaca con la chiarezza e franchezza con le quali ho sempre cercato di stabilire i miei rapporti, voglio dichiarare:
il 30 aprile scorso, dopo la benedizione dei carri sul sagrato della chiesa, la scelta di invitarvi a CALARE, me l’assumo in toto.
Assumo in tutto la responsabilità di quanto ho fatto senza consultare nessuno e senza essere stato spinto da altra forza se non quella di voler fare il bene della comunità. Ho fatto bene? Ho sbagliato? Non lo so dire. So dire però che l’ho fatto con tutto il cuore, in piena libertà e senza alcuna spinta esterna preoccupandomi solo ed esclusivamente di starvi accanto e di metterci la faccia senza nessun tentennamento.
La scelta di non continuare le celebrazioni questa sera non è mia. Rinnovo tutta la stima e il ringraziamento al Comitato Feste della Parrocchia che ringrazio per l’impegno e che già da ora annuncio che nel prossimo anno faremo scelte differenti».
E a Ururi lo strano 3 maggio vissuto senza la corsa dei carri
Un tre maggio insolito, triste, reso ancora più malinconico dalla giornata plumbea e piovosa quella che c’è stata a Ururi! Doveva essere il giorno più atteso di tutto l’anno, quello in cui, già dal giorno prima cominci a sentire le farfalle nello stomaco, cominci a pregare, ti fai prendere dall’ansia, un’ansia mitigata solo dall’atmosfera che comunque è gioiosa perché ci sono i bambini che si vestono con i colori del loro carro, che cantano, che sfilano, che portano striscioni, che lanciano in aria palloncini. E poi ci sarebbe dovuta essere la fede, la benedizione. Le mani che sulla fronte di tutta la popolazione fanno il segno della croce all’unisono. E invece non c’è stato nulla di tutto ciò. E’ stata una giornata come tutte le altre, anzi peggiore, a causa della pioggia e del quasi autunnale. A Ururi si diceva che anche il cielo piangeva per la mancata corsa dei carri.
Ma tant’è… Qualche famiglia è riuscita a pranzare con i parenti che comunque sono venuti, altri, quelli provenienti da fuori regione che raggiungevano Ururi apposta per assistere alla corsa, sono ritornati alle loro destinazioni. Intanto, con il passare delle ore, il pensiero di tutti gli appassionati andava a quando si sarebbe fatta la benedizione, a quando i carri sarebbero scesi, alle ore di attesa fino a quando non si spargeva la voce che i carri si stavano avvicinando e quale dei carri stava avanzando e, inevitabilmente intorno alle 16, o poco dopo, chi arrivava per primo conquistando la bandiera. Quella piazza diventava gremita di gente, di colori, di gioia, di pianti fino all’acclamazione del vincitore che poi sfilava, con la bandiera e tutti i suoi supporters esultando e sfottendo i perdenti. Oggi quella piazza, a quell’ora, era tristemente vuota, deserta, funebre. E’ passato così questo tre maggio 2018, ancora peggio di quel 2015 in cui pure ci fu la sospensione per il sequestro alle stalle. Il 4 maggio ci sarà la festa religiosa con la solenne processione del Santissimo Legno della Croce, alcuni, in segno di protesta pensano di disertarla, altri, invece, dicono che comunque bisogna onorare il Santo Patrono. Idem per lo spettacolo serale che era stato organizzato. Difficile aver voglia di uscire se non si è nello spirito di far festa, di commentare la corsa, di vedere i filmini, di andare in piazza, tra le bancarelle e con i bambini alle giostre.
Ma c’è la volontà di mettersi al lavoro fin da subito per creare le condizioni favorevoli perché questo 2018 venga ricordato negli annali come l’unico anno infausto della sospensione. Ma, dal 2019 bisogna ripartire, mettersi tutti insieme, lavorare con le istituzioni preposte perché non vi siano più cavilli burocratici cui appigliarsi.
Questo divieto è una delle più grandi boiate che associazioni da quattro soldi, affogate in un pericoloso e sterile perbenismo, hanno messo in atto. Se un popolo non si ricorda delle proprie origini, non potrà mai costruire il suo futuro!!!