Un traffico di droga dall’Albania al litorale dell’Adriatico, con un’associazione a delinquere che gestiva lo smercio nei centri del basso Molise, in particolare Portocannone, Termoli, Campomarino e San Martino in Pensilis. Al vertice della ‘cupola’ due cugini albanesi da anni residenti in Molise, e le rispettive compagne, una delle due termolese. Sei persone sono finite in carcere di Larino, due non potranno più vivere in Abruzzo, Molise e Puglia e né espatriare, 13 complessivamente gli indagati. Sono i numeri dell’operazione ‘Alpheus 1’ , l’ennesimo duro colpo inferto dalla Daa di Campobasso allo spaccio di droga. Il blitz è scattato all’alba di ieri a Termoli, Campomarino, Portocannone, San Martino in Pensilis e Vasto: i Carabinieri del Ros, con l’ausilio dei militari del Comando Provinciale di Campobasso, di Chieti, Isernia e Foggia, e anche con il supporto del Nucleo Carabinieri Cinofili di Chieti , hanno dato esecuzione alle 8 misure cautelari personali ed alla misura del sequestro preventivo di un’autovettura, emesse dal gip del Tribunale di Campobasso su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia. Nella rete delle forze dell’ordine sono finite a carico di 8 soggetti di nazionalità albanese, rumena ed italiana, ritenuti responsabili del reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’operazioni sono state inoltre eseguite n 26 perquisizioni.
A snocciolare i dettagli dell’indagine il procuratore Nicola D’Angelo insieme al sostituto Vittorio Gallucci, al comandante dei Carabinieri di Campobasso Emanuele Gaeta e al comandante del Ros Gaetano Mitola. L’attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica e condotta dal Ros, ha permesso di riscontrare come dietro l’escalation del consumo di cocaina, eroina e hashish nella provincia di Campobasso vi fosse anche un pericoloso sodalizio criminale, di nazionalità albanese, rumena ed italiana, composto anche da pregiudicati, che ha aggredito con sistematicità e profondo radicamento, la zona della fascia costiera molisana.
I due cugini albanesi a capo dell’organizzazione, infatti, avevano dei precedenti per droga: «Avevano ottenuto un credito fiduciario dalla magistratura – ha precisato il sostituto Gallucci – e stavano scontando la pena ai servizi sociali». Ma questo non ha impedito loro di gestire il clan dello spaccio. Il quartier generale era a Portocannone, mentre lo smercio di droga avveniva per lo più a Termoli, Campomarino e San Martino in Pensilis. «Si tratta di un’associazione verticistica di livello medio – ha poi precisato il comandante Mitola – che si rifornisce di circa un chilo di sostanza stipe facente ogni mese. I componenti non spacciano in prima persona, ma utilizzano i pusher della zona che poi rivendono al dettaglio». Anche in questo caso, come nelle recenti operazion9o condotte dai militari, le donne avevano un ruolo fondamentale nell’organizzazione criminale: non solo trasportavano la droga e la occultavano (per lo più in case abbandonate della costa), ma si occupavano pure della riscossione.
Nel corso dell’indagine condotta con l’ausilio di attività tecniche, osservazioni, pedinamenti e perquisizioni, sono stati acquisiti elementi a carico degli indagati, in ordine alle attività di spaccio, commercio e detenzione con finalità di spaccio di sostanze stupefacenti in particolare di cocaina, destinate alla commercializzazione nel territorio della provincia di Campobasso. Importate è stato l’apporto ricostruttivo fornito da alcuni testimoni sentiti nel corso delle indagini.
L’attività investigativa si inserisce nel contesto delle linee di intervento che la Procura ha promosso, che mirano a contrastare la diffusione e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, motivo di attrazione della criminalità organizzata sul territorio molisano. Si tratta della terza operazione nel giro di due mesi (dopo l’operazione Lungomare e l’operazione Pacco Free) condotta dal Comando Provinciale Carabinieri di Campobasso volta a disarticolare lo spaccio e il traffico di sostanze stupefacenti che dalla Puglia investono il territorio del Molise. Complessivamente sono finite in manette circa 50 persone.
«Una risposta forte che la Procura e i Carabinieri hanno dato – ha poi aggiunto il comandante Gaeta – Noi cerchiamo di fare il massimo per contrastare il fenomeno dello spaccio di droga, ma i cittadini devono darci una mano, non devono avere più paura di denunciare perché noi ci siamo e siamo tutti uniti per combattere questa piaga. Chi delinque prima o poi viene arrestato, prima o poi tutti devono rendere conto alla giustizia». Resta alta l’attenzione e continua l’azione di prevenzione e repressione dello spaccio di sostanze stupefacenti che l’Arma dei Carabinieri sta portando avanti in tutta la Provincia di Campobasso.
Nicola D’Angelo: «I venditori di morte non la faranno franca»
La guerra allo spaccio di droga il procuratore Nicola D’Angelo l’ha dichiarata da tempo. Da quando sono emersi i dati allarmati del consumo in Molise, soprattutto tra i giovanissimi. La parola d’ordine è dunque prevenzione. Perché accanto alla repressione dei reati bisogna necessariamente mettere in campo azioni di sensibilizzazione. Una di queste è sicuramente l’iniziativa promossa dalla Procura di Campobasso, Forze dell’Ordine, Ordine degli avvocati, Ordine dei giornalisti, Confesercenti e Confcommercio. Da giorni la città è tappezzata di manifesti con un messaggio forte e inequivocabile: La droga ti inganna, ti spegne, ti uccide. Molise senza sostanze stupefacenti’. Un monito lanciato anche ieri dal capo della Distrettuale: «Ho visto che in Molise sono molto sensibili a questo problema. Droga e morte sono sinonimi – ha detto D’Angelo – quindi vendere droga vuol dire vendere morte. La morte fisica di chi muore per overdose o per essersi messo al volante dopo aver assunto droga, ma anche la morte morale di chi distrugge la propria famiglia, magari picchiando la madre per farsi dare il denaro necessario all’acquisto delle sostanze. Ormai ogni settimana vengono familiari dei tossicodipendenti, disperati in cerca di aiuto. C’è chi addirittura non piange neanche più.
L’operazione fatta da Confesercenti e Confcommercio è fondamentale in questo senso, perché bisogna partire dalla prevenzione per non arrivare alla disperazione. Fortunatamente c’è una partecipazione corale, tra avvocati, medici, psicologi, università e mondo dello sport. Siamo tutti uniti per combattere questa guerra e chi vende morte non si illuda di farla franca».