È ufficiale, corsa a uno a Santa Croce di Magliano e per il candidato sindaco della lista Insieme per Santa Croce di Magliano l’avversario da battere sarà il quorum, ossia portare alle urne il prossimo 26 maggio il 50% più uno dei residenti iscritti alle liste elettorali, pena il commissariamento. A rivelarcelo è stato il consigliere di minoranza ed ex sindaco Giovanni Gianfelice, «il Consiglio di Stato si è pronunciato martedì pomeriggio dando ragione alla Commissione elettorale e alla Prefettura difesa dall’Avvocatura dello Stato. D’Ambrosio e la sua arroganza sono fuori gioco. Ora sta a noi far capire alla gente l’importanza del voto per il nostro paese che ereditiamo da questa pessima amministrazione in condizioni disastrose sia fisicamente che economicamente. Faremo appelli calorosi per raggiungere il quorum e cambiare finalmente pagina a Santa Croce dopo anni di mala politica dov’è abbiamo visto di tutto e di più». Secondo il collegio di Palazzo Spada, «Mediante i motivi di appello, viene dedotta l’erroneità della sentenza appellata, sulla scorta di argomentazioni intese a sostenere l’irrilevanza degli elementi di congiunzione tra i fogli separati, rappresentati da sigle o timbri, al fine di dimostrare la riferibilità delle sottoscrizioni alla lista appoggiata, la non imputabilità della relativa omissione ai sottoscrittori e la desumibilità della volontà di questi ultimi di sostenere la lista predetta dall’istanza cumulativa di rilascio del certificato elettorale, presentata anteriormente al deposito della lista dei candidati, che la commissione avrebbe dovuto acquisire prima di procedere all’esclusione della stessa mediante l’attivazione del prescritto soccorso istruttorio». Per i giudici del Consiglio di Stato, «La norma, come è reso evidente dal suo tenore testuale, non fissa in maniera precisa gli elementi formali che devono caratterizzare i “moduli” destinati alla raccolta delle sottoscrizioni dei presentatori: è stata infatti la giurisprudenza a chiarire i requisiti che essi devono presentare affinché sia comprovata la consapevolezza dei sottoscrittori in ordine alla lista ed ai candidati a favore dei quali esprimono il proprio sostegno». Inoltre, «Deve nondimeno ritenersi che il collegamento sostanziale tra le sottoscrizioni autenticate e la lista appoggiata deve tendenzialmente desumersi dagli stessi “moduli” destinati a raccogliere le prime, essendo incompatibile con la celerità del procedimento elettorale, e le esigenze di certezza che lo caratterizzano, che la suddetta connessione possa essere rilevata attraverso elementi esterni a quelli, tanto più se non trovantisi nella diretta disponibilità della commissione elettorale». «A tale ultimo proposito, del resto, non può non osservarsi che, laddove si ammettesse la facoltà di rimediare tardivamente alle lacune documentali cui si correlano garanzie sostanziali di correttezza e trasparenza del procedimento elettorale, si finirebbe per inficiare la stessa perentorietà del termine di presentazione delle liste. Nel senso illustrato è del resto la giurisprudenza del giudice di appello, il quale ha avuto modo di affermare che “la particolare celerità del sub procedimento di presentazione delle candidature e di esame delle stesse non consente lo svolgimento di supplementi istruttori da parte delle Commissioni elettorali, come pure esclude una sorta di sanatoria basata su ricostruzioni postume fondate su procedimenti induttivi (come preteso dagli odierni appellanti), che determinerebbero una inammissibile violazione del procedimento elettorale, predeterminato dalla legge anche quanto a tempi, modi e forme. Ne consegue che tutti gli elementi in base ai quali gli odierni ricorrenti pretendono di comprovare in giudizio che i sottoscrittori hanno appoggiato consapevolmente la lista esclusa sono irrilevanti, non potendosi consentire nel procedimento elettorale una sorta di sanatoria postuma della documentazione presentata alla Commissione elettorale, né può essere ammessa una dimostrazione in giudizio di tale consapevolezza, atteso che tale dimostrazione deve essere fornita alla Commissione Elettorale al momento della presentazione della lista e non posteriormente. Infine, deve aggiungersi che l’univoco orientamento giurisprudenziale sopra riferito, che interpreta rigorosamente i requisiti di forma attestanti la consapevolezza dei sottoscrittori della lista, non può in nessun caso ritenersi un mero formalismo, in quanto tali requisiti sono funzionali a garantire l’interesse superiore ad una trasparente e corretta competizione elettorale, confutando la possibilità che vengano ammesse liste nelle quali possa anche solo dubitarsi che la raccolta delle firme sia stata attuata mediante inammissibili artifici o, comunque, irregolarmente” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2391 del 9 maggio 2014, cit.). L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto, mentre la peculiarità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio».