Ennesimo sopralluogo del sindaco di Termoli Francesco Roberti all’ospedale San Timoteo di Termoli. Si parla di migliorare l’accoglienza delle persone, non basta la tenda da campo allestita per il cosiddetto pre-triage. Oggi sarà montata un’altra tenda per l’ingresso principale. Ma la giornata è stata tremenda in basso Molise. E’ giunta la notizia di due decessi riconducibili al Covid-19. E’ arrivato l’esito del test Covid-19 effettuato sulla salma dell’84enne deceduto mercoledì a Termoli, durante il trasporto al Pronto soccorso dell’ospedale San Timoteo effettuato dal 118. Purtroppo, il tampone è risultato positivo. Ora l’Asrem dovrà cercare di ricostruire la catena di contatti avuta dal pensionato da quando aveva manifestato la febbre, pare una decina di giorni. Poi c’è stata la certezza del quarto decesso di un molisano a causa del Coronavirus, il secondo fuori regione. A perdere la vita una pediatria di 64 anni di Guglionesi, deceduta martedì scorso all’ospedale di Chieti. Lavorava al Consultorio. La paziente aveva patologie pregresse ed era ricoverata in Rianimazione. La benedizione della salma, alla sola presenza dei familiari, è avvenuta ieri l’altro alle 15.30, al cimitero di Guglionesi. Fino a 4 giorni fa la donna era ricoverata al San Pio di Vasto per una patologia tumorale nel reparto di Medicina. Ieri è tornato a intervenire anche il Comitato San Timoteo. «Con il trascorrere dei giorni cresce l’emergenza sanitaria per l’estendersi del contagio da Covid19 anche nelle regioni del Sud. Il Molise non fa eccezione, e mette a nudo le criticità già ben note da tempo, a seguito di dodici anni di commissariamento, piano di rientro e blocco delle assunzioni del personale. Molti sostengono che questa è una “guerra”. Il Molise, già in tempo di “pace” ha avuto difficoltà a reperire personale sanitario. Ogni avviso pubblico per medici specialisti, infermieri, e altro, è stato per lo più disatteso, si figuri oggi che la richiesta viene da tutte le regioni. Da quanto è dato sapere pare che lo stesso personale del 118 in parte risulti in isolamento. Questo preoccupa molto, cresce la necessità di rafforzare il servizio sanitario regionale, e gli enti preposti dovranno provvedere oltre alla possibilità di richiamo dei sanitari in pensione, a chiedere il possibile intervento degli operatori sanitari dell’esercito. Intanto le indispensabili direttive restrittive di libertà emanate dal governo nazionale, dalle regioni e Sindaci, limitando movimenti e circolazioni di persone su tutto il territorio nazionale, se non di estrema necessità, per rallentare la diffusione del Coronavirus, sono state accolte e osservate dal popolo disciplinato e rispettoso del prossimo. Si parla che seguiranno direttive ancor più restrittive. Nelle nostre realtà #iorestoacasa, funziona: città e nuclei abitativi per lo più si presentano poco affollati e per buona parte delle giornate quasi deserte. Ciò, unitamente alle soluzioni che si auspica presto arrivino dalle ricerche scientifiche, fa crescere la speranza di vincere questa guerra. L’isolamento forzato, imposto dalle direttive per fermare l’avanzata del coronavirus., crea disagi a tutti. Un obbligo che, da un giorno all’altro, ha reso ancora più complicata, la vita, già complessa, delle persone e famiglie con disabilità. Molte sono le persone con disabilità: motorie, sensoriali, intellettive, disturbi del neurosviluppo, e socializzazione, e altre ancora. Con la chiusura delle scuole, centri diurni sociali e riabilitativi e specializzati, viene a mancare la possibilità di usufruire dei servizi essenziali e in assenza di quelli domiciliari alternativi che li aiutino. crescono i disagi per disabili e i propri parenti. Ancor più per i disabili ricadenti nella fascia dell’ infanzia. Si pensi ad esempio ai bambini autistici, che se obbligati per molto tempo in ambienti ristretti, senza la possibilità di “scaricare” le energie, cresce la difficoltà a gestirli e la probabilità a generare azioni lesive per loro e a chi li accudisce. Per ovviare a ciò, soggetti interessati si vedono forzati, non per incoscienza o per il gusto di disubbidire, a disattendere completamente alle direttive emanate. Per tali circostanze sarebbe opportuno, non la compassione ma comprensione e tolleranza da parte di tutti, oltre che a prevedere per queste persone, che spesso necessitano di un accompagnatore, una attenzione dedicata, con personale specializzato al trattamento di disabilità fisiche, psichiche e intellettive. Gli enti locali preposti potrebbero, attraverso il terzo settore, fare in modo di assicurare, pur con tutte le cautele e nel rispetto delle regole necessarie a evitare la diffusione del contagio, vicinanza e assistenza ai diversamente abili, in primis a quelli che non hanno familiari, per alleviare almeno in parte la loro solitudine in questi giorni, acuita dall’isolamento forzato, facendo loro sentire la vicinanza della comunità e delle istituzioni».