Presa di posizione critica del sindaco di Montecilfone, Giorgio Manes, contro il cosiddetto “decreto semplificazioni”.
«Il decreto legge n.76 del 16/07/2020, denominato forse impropriamente “decreto semplificazioni”, in fase di conversione, ha introdotto una serie di modifiche nell’ambito della materia degli “usi civici” foriere di incertezze e di possibili danni economici alle comunità territoriali.
Difatti, la sopra richiamata normativa, senza semplificare alcunché, in vero indebolisce ed impoverisce le comunità locali nella tutela dei propri diritti fondamentali di fronte alle società multinazionali che ricaveranno utili dalla costruzione e dall’esercizio delle infrastrutture, senza che le stesse, di fatto, compensino il disagio del territorio che prima la normativa di settore in qualche modo tutelava.
In particolare il riferimento è ai commi 4 lett. a) e 5 lett. a) dell’art. 60 che integrano (il comma 4) e si relazionano (il comma 5) con l’art. 4, comma 1 bis, inserito dall’art. 74, comma 1, L. 221/2015 nel T.U. espropriazioni (L. 327/2001).
Ante riforma, l’art. 4, comma 1-bis, del T.U. espropriazioni aveva previsto, limitatamente ai “beni gravati da uso civico”, un’eccezione alla regola posta dal comma 1 per cui i beni appartenenti al demanio pubblico (cui i beni collettivi preesistenti allo Stato italiano sono tradizionalmente assimilati per i caratteri di non commerciabilità) non potevano essere espropriati fino a quando non ne viene pronunziata la sdemanializzazione. Dunque in via ordinaria, nel caso dei beni collettivi, occorreva una volontà in tal senso della comunità proprietaria ed una positiva valutazione della Regione
Limitatamente ai “beni gravati da uso civico” il detto comma 1-bis aveva escluso la necessità di tale preliminare procedimento quando “l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico”.
Contrariamente a quanto prima previsto, con l’art. 60, comma 4, lett. a) questa eccezione viene integrata e specificata nel senso che è valutata ex lege compatibile con l’esercizio dell’uso civico “l’opera interrata o che occupi una superficie inferiore al 5% rispetto a quella complessiva oggetto di diritto di uso civico.”
Con l’art. 60, comma 5, lett. a), per ora – sembrerebbe – limitatamente agli elettrodotti della rete nazionale di trasporto e per i casi non espressamente contemplati dalla nuova formulazione dell’art. 4, comma 1-bis, la detta valutazione di compatibilità ed anche l’accertamento definitivo dell’esistenza degli usi civici siano demandati alle Regioni, con esclusione delle comunità locali concretamente interessate. Ebbene, è preoccupante che queste disordinate novelle normative possano essere erroneamente interpretate, dalle multinazionali interessate, ma anche in sede amministrativa e giurisdizionale, come legittimanti da un lato l’estromissione delle comunità locali dai processi decisionali sulla localizzazione delle opere di attraversamento e dall’altro alla parificazione dei beni di collettivo godimento ad ordinarie proprietà private individuali ai fini della determinazione delle indennità di esproprio o asservimento e ciò con palese svilimento sia dell’autonomia di gestione dei territori e sia della mortificazione economica di ristoro in danno agli stessi enti territoriali.
Ecco perché noi auspichiamo che in sede di esame parlamentare queste improvvide innovazioni normative vengano soppresse e ci aspettiamo che tutti i nostri parlamentari di riferimento regionale possano prendere coscienza di questa grave situazione e comportarsi di conseguenza per la tutela del nostro territorio ed in particolare – per quello che oggi è in serio pericolo – il nostro bosco di Corundoli».