Solo poche settimane fa il giovane Mario Amatuzio, classe 2005 di Bojano, veniva inserito tra gli Alfieri della Repubblica scelti direttamente dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, insieme ad altri 29 giovani meritevoli per l’impegno riposto nel corso del 2022 riguardo ai temi della solidarietà e della pace. La selezione tra tanti meritevoli è stata orientata a valorizzare comportamenti e azioni solidali, ora nell’ambito dell’accoglienza di ragazzi ucraini in fuga dalla guerra, ora attraverso altri gesti di amicizia, cooperazione, inclusione affinché le diversità non diventino barriere. Il giovane di Bojano, ad esempio, è stato selezionato per aver aiutato i più fragili durante la pandemia, ma anche per il suo impegno nella lotta al bullismo. Perciò, dalle sue stesse parole abbiamo cercato di capire cosa si prova in un’occasione del genere, ma anche i motivi che lo spingono tuttora a proseguire lungo il percorso tracciato.
Partiamo dal momento in cui hai saputo di essere stato scelto tra i 30 Alfieri della Repubblica dal presidente Mattarella. Cosa hai provato?
«È difficile da spiegare. Era una giornata qualunque, eravamo in classe, stavamo seguendo normalmente le lezioni. A un certo punto mi ha mandato a chiamare la professoressa Martusciello, dicendomi inizialmente che dovessi uscire dall’aula per un progetto. Questo è quello che mi ha detto in un primo momento, quando giustamente ancora non si poteva dire nulla. Poi, in disparte, nei corridoi, mi ha comunicato ufficiosamente che ero stato selezionato per l’onorificenza. È stato tutto molto inaspettato. Ho chiamato casa per comunicare la notizia ed eravamo tutti increduli. La professoressa ci ha raccomandato che fosse una cosa ben riservata, perché non era ancora ufficiale. Poi, il giorno dopo la sorpresa più grande. Mi hanno chiamato di nuovo per portarmi stavolta in presidenza, e mi hanno fatto leggere l’articolo senza dirmi nulla. In quel momento non capivo, guardavo lo schermo del computer senza capire cosa fosse. Ecco, l’ho appreso così, e in quei momenti si stringe lo stomaco».
Poi televisioni, giornali, ti sei trovato sommerso dall’attenzione pubblica come accade alle persone famose. Eri emozionato, vero?
«Beh, assolutamente sì, soprattutto perché era la prima volta. Si tratta di quelle situazioni realmente comprensibili solo per chi le vive in prima persona».
Veniamo al momento in cui hai ritirato la pergamena. Puoi raccontarci com’è stato? Eri lì, nelle stanze del Quirinale, seduto in prima fila, davanti a te solo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Di certo non è una cosa che capita a chiunque, e spesso quando capita, è per una volta nella vita.
«Proprio così, è stato qualcosa di indescrivibile. In momenti come quelli avverti sulle spalle l’intera Italia. Se qualche settimana fa mi avessero detto che avrei incontrato di persona il presidente Mattarella non ci avrei mai creduto, figuriamoci ricevere quest’importante onorificenza direttamente dalle sue mani. Sono estremamente grato per tutto!».
Che cosa rappresenta per te il presidente Mattarella? Sei molto giovane, ma hai vissuto sicuramente uno dei momenti più delicati per il Paese, quello della pandemia. In questo frangente, come hai percepito la figura del presidente, che poi è il garante della nostra Costituzione e il rappresentante dell’unità nazionale?
«Da sempre vedo il Presidente della Repubblica come la figura che per eccellenza rappresenta gli italiani. Una figura che incarna tutti i valori della nostra storia. A scuola ci è capitato più volte di approfondire soprattutto l’aspetto valoriale trasmesso dalle nostre istituzioni. In tal senso, ho sempre visto Mattarella come una figura equilibrata, di assoluta garanzia, un punto di riferimento per tutti i cittadini».
Per la comunità di Bojano, sapere che quel giorno tu fossi lì, per i valori che hai dimostrato – appunto -, è stato motivo di grande orgoglio. In quel momento, al cospetto del Presidente, rappresentavi un po’ anche i bojanesi. Questo cosa significa per un giovane come te?
«Era proprio quella la sensazione, sapere di essere lì anche per tanti miei concittadini. Questo naturalmente è un grande onere e un grandissimo onore. Custodire questo riconoscimento mi dà un forte senso di responsabilità, ma anche di speranza per la comunità in cui vivo».
Cosa ti ha detto il Presidente quando ti ha consegnato la pergamena?
«Nessun segreto (sorride, ndr). Essendo un momento molto concitato, ha avuto modo di rivolgermi dei complimenti. Uno scambio di pochi secondi che però mi porterò per sempre nel cuore. Qualcosa di incredibile».
Nel discorso di Mattarella, quando ha fatto un passaggio su chi si è speso per aiutare gli altri nel momento del bisogno, ad esempio consegnando medicinali o cibo ai più fragili, c’era un chiaro riferimento a ciò che hai fatto tu, qui a Bojano, al pari di tanti volontari che nel momento più buio rappresentavano la luce della speranza. L’emblema dell’Italia che con forza ha lottato per risollevarsi, anche sotto i colpi del virus. Il Presidente ha dato molta importanza a quest’aspetto. Tu cosa ricordi di quei momenti?
«Il Covid ha rappresentato un fattore di estrema solitudine per tutti. Quello che posso dire è che l’iniziativa di aiutare i più bisognosi proprio in quei momenti di difficoltà assoluta è partita da mia sorella, che ha iniziato per prima con associazioni di volontariato. Ho voluto quindi aiutarla, lasciandomi ispirare da quello spirito di solidarietà di cui c’era un forte bisogno. Una cosa che è venuta in maniera del tutto naturale. Questo ci tengo a sottolinearlo, la mia storia non costituisce un esempio di azioni rare, ma è solo emblematica di comportamenti diffusi tra i giovani, che illustrano un mosaico di virtù civiche di cui, per fortuna, le nostre comunità sono ricche».
Mattarella però ha evidenziato anche il tuo impegno profuso nel contrasto al bullismo. Di questo ti sei occupato a scuola. Puoi dirci di più?
«È un argomento a cui ho sempre tenuto particolarmente. Lo dico senza vergogna: mi è capitato molto spesso, da piccolo, di subire episodi di bullismo, soprattutto per via dell’aspetto fisico. Mi sono ritrovato più volte al centro di situazioni spiacevoli. La consapevolezza di ciò che si prova in quelle situazioni, quindi, ha innescato in me il desiderio di aiutare gli altri, di fare la mia parte per abbattere il muro dell’omertà, per sconfiggere l’indifferenza. Perché è di questo che si nutrono i bulli».
Come hai coniugato quindi il tuo impegno sul tema?
«A parte l’attività scolastica, molte volte mi è capitato di aiutare amici o altri studenti in difficoltà, sia in ambiente scolastico che all’esterno, vittime di minacce fisiche e psicologiche. Parliamo molto spesso di motivazioni davvero futili».
Quanto pesano secondo te questo tipo di fenomeni sulla società odierna?
«Del bullismo si parla tanto, però la percezione comune è ancora quella che sia un fenomeno distante dalla realtà, un fenomeno che esiste, ma che forse inconsciamente tendiamo a relegare ai margini, fingendo che non ci sia. Insomma, a volte sembra un argomento lontano, invece ci riguarda tutti da vicino e indistintamente. E al giorno d’oggi, con l’uso e l’abuso della tecnologia, è un fenomeno in crescita che trova anche nuove valvole di sfogo. Non bisogna cadere nell’errore di credere che quindi la nostra realtà, seppur piccola, sia esente da questi fenomeni».
L’hai confermato tu, Bojano non è affatto esente da queste problematiche. Ma quella che hai tracciato tu stesso è la strada da seguire, e questo vale sia per i giovani che per gli adulti. Come vedi quindi la situazione della tua città?
«A Bojano come altrove ci sono moltissime persone che, ogni giorno, si spendono anima e corpo per aiutare il prossimo e diffondere sani principi di legalità. Credo che spesso, la tendenza a sminuire gli esempi positivi, virtuosi, sia dovuta al fatto che li percepiamo come normali. Perciò la cronaca negativa fa più notizia. Ma nella nostra realtà è pieno di presidi di legalità, dalle forze dell’ordine alle istituzioni in generale, passando per le associazioni di volontariato, realtà che coinvolgono tanti giovani ma anche liberi cittadini, che ogni giorno fanno la propria parte. È solo che diamo loro poca importanza rispetto a quanta ne meritano. Spero quindi che quello che è successo a me possa accadere anche ad altri giovani meritevoli. La speranza è che tutto questo possa servire anche solo in piccola parte ad aiutare chi vive in condizioni di oppressione, chi viene emarginato».
Hai 17 anni, devi ancora diplomarti, ma hai già in mente di fare altre cose per il sociale e la collettività?
«Di certo non mi fermerò: il mio desiderio è quello di contribuire ancora in prima persona in nuovi progetti che vanno in questa direzione».
E ti vedi a Bojano, in futuro? Quali sono le tue ambizioni, i tuoi sogni nel cassetto?
«Voglio guardare al presente. Quindi voglio dedicarmi agli studi, l’anno prossimo ho il diploma. Poi, sì, il mio sogno è proseguire gli studi in campo economico. Mi piacerebbe fare qualcosa per il Comune di Bojano, dare un contributo, quando avrò acquisito le giuste competenze, per migliorare la situazione del paese. Mi piacerebbe quindi rimanere in Molise. Ma chi lo sa».
Sei giovane ma hai le idee chiare. E si capisce che lo studio, per te, rappresenta qualcosa di fondamentale, così come la tua comunità di appartenenza. Che ruolo hanno avuto quindi la scuola, la prof.ssa Martusciello, e la tua famiglia nel percorso che hai fatto finora?
«Sono estremamente grato alla mia famiglia per i valori che mi ha trasmesso. È principalmente da loro che ho appreso i valori del rispetto e della tolleranza. Non a caso, è capitato anche ai miei genitori di vivere momenti di emarginazione. In particolare, mia madre, che è di nazionalità rumena e molto spesso è stata oggetto di attacchi per via della sua provenienza. Il suo obiettivo, da sempre, è stato proprio quello di educarmi a quei valori contro cui la violenza, l’esclusione, l’emarginazione non potranno mai averla vinta. Gli stessi valori che mi ha sempre trasmesso la scuola, in particolare la professoressa Martusciello attraverso tantissimi progetti per il contrasto al bullismo e al cyberbullismo, ma anche su argomenti come la Shoah, l’educazione civica, la legalità, la Costituzione, l’ambiente. La professoressa in questo senso rappresenta per me e per i miei coetanei una guida di vita. L’esempio lampante che l’insegnante non è solo quella figura che spiega la lezione del giorno e poi interroga, ma un riferimento che ci accompagna nella crescita guardando ai temi che ci riguardano più da vicino».
C’è un ricordo, un’immagine che ti porterai dentro di questi momenti sensazionali che hai vissuto?
«È difficile dirlo, è stata una grande emozione, è successo tutto così velocemente. Ci sono molti momenti che mi sono rimasti impressi. Se devo sceglierne proprio uno, però, dico quello in cui il presidente Mattarella mi ha passato dalle sue mani il riconoscimento. È come se ce l’avessi ancora qui davanti ai miei occhi. Una scena che sogno ancora la notte. E che sono sicuro, mi resterà nel cuore per sempre».
Giorgio Rico