Bojano c’è. È una delle prime cose che Jasmine Tomasi e Samira Rochdi, due giovani bojanesi che hanno trovato una seconda casa in Emilia-Romagna per motivi di lavoro, hanno scritto sui social, forse un po’ per istinto, pubblicando una foto testimonianza del dramma che tante persone stanno vivendo da giorni a causa dell’alluvione. Da una parte per manifestare la vicinanza della loro città di provenienza a chi sotto metri d’acqua ha perso letteralmente ogni cosa. Dall’altra perché, nel fango – al pari di tanti altri giovani che si sono rimboccati le maniche per collaborare -, ci sono entrate con gli stivali ai piedi e gli attrezzi alla mano per aiutare le popolazioni più in difficoltà, con grande spirito di sacrificio e determinazione. «Chi ha un posto in macchina? Io ho stivali e pale per tutti». O ancora: «Ci troviamo tutti lì, forza, forza, forza, questa gente ha bisogno d’aiuto». Sono solo alcuni dei messaggi scambiati tra amici, conoscenti, ma anche sconosciuti, trascinati dalla voglia di aiutare, di unirsi e di risollevare le sorti di interi paesi che da un momento all’altro si sono ritrovati sommersi dall’acqua. In quei messaggi, in quei gesti, le voci e la voglia di fare il possibile di Jasmine e Samira.
Come mai e da quanto tempo vi trovate nelle zone dell’alluvione?
«Sono a Faenza per lavoro ormai da cinque anni, per me è una vera e propria seconda casa. Per me adesso casa è qui, ci vivo, ci lavoro, ho tante amicizie; quindi, mai avrei potuto abbandonare questo posto in una situazione del genere» spiega Jasmine. «Mi trovo nelle zone dell’alluvione perché mi sono trasferita un anno fa a Ravenna per lavoro, quindi vivo qui» dice invece Samira.
Dove eravate quando è scoppiato il caos?
«Quando è iniziato tutto stavo finendo il mio turno in ospedale – racconta Jasmine -. Quando sono tornata a casa era sera. Pioveva già da alcuni giorni quando si sono rotti gli argini del fiume Lamone che passa a Faenza. Tramite Instagram e alcune dirette di amici abbiamo saputo la notizia. Da lì, l’inferno. Io sono stata fortunata, abitando lontana dal fiume non ho avuto danni alla casa e all’auto. Sono stata miracolata. Le zone più colpite sono state quelle del borgo e del centro di Faenza dove si è allagato praticamente tutto» spiega.
«Fortunatamente, quando è scoppiato il caos, ero qui, a Ravenna – dice invece Samira -, dove l’alluvione non è arrivata come negli altri luoghi, come Faenza, Forlì o altre zone della provincia. Trovandomi a Ravenna centro non l’ho subita in prima persona, per fortuna. Ma è stata proprio questa fortuna che mi ha dato la spinta a mobilitarmi nel volontariato e ad aiutare gli altri, per esserci moralmente e fisicamente per questa popolazione».
Cosa avete provato in questi giorni così difficili?
«Tanto dolore, tanto dispiacere per chi ha perso la propria casa – raccontano -. È una catastrofe, tuttora è così. Gente bloccata in casa, cantine, garage distrutti. Con l’acqua che è iniziata a salire anche ai primi piani. Abbiamo visto scene assurde. Persone al buio che si sono rifugiate anche sui tetti cercando aiuto. I soccorsi sono stati fantastici, dai Vigili del Fuoco ai Carabinieri, dalla Polizia alla Protezione Civile, che hanno salvato letteralmente le persone a bordo di gommoni, elicotteri, a nuoto. Anche se purtroppo c’è chi non ce l’ha fatta. Sembrava di stare in guerra. Elicotteri, sirene a non finire. È stato tutto così triste – spiega Jasmine -, anche perché c’è una parte di Faenza in cui la vita è andata avanti. I negozi sono rimasti aperti, le persone hanno continuato ad uscire per fare la spesa. A pochi passi da lì uno scenario completamente diverso. I brividi. Ci si sente impotenti davanti alla natura. Si gela il cuore. Quindi cosa si prova? Tanta tristezza per le persone che hanno perso tutto, per chi ha perso casa, lavoro, auto. Ma più che beni materiali, hanno perso i loro ricordi, ricordi di una vita intera nelle loro abitazioni – raccontano le due giovani di Bojano con commozione -. Tutto questo non si può spiegare. Ma c’è allo stesso tempo tanta ammirazione per chi dalla mattina a tarda sera si aiuta l’un l’altro, facendosi forza, abbracciandosi e cantando Romagna mia. La cosa più dolorosa in questi giorni è stata entrare proprio nelle case di chi non ha più nulla, di chi dovrà ripartire da sottozero. Bambini, giovani, adulti, anziani che hanno visto il loro passato e il loro futuro andarsene in un secondo. Quindi quello che possiamo fare noi per aiutare in questo momento è solo una minima parte, perché mentre a loro è stato tolto tutto, a noi non costa nulla dare una mano. Che sia per un’ora, per un giorno, quello che per noi può sembrare poco, in questo momento per queste popolazioni vuol dire tutto. Perciò, nonostante gli occhi piangano dal dolore, dall’altra parte abbiamo sempre trovato il sorriso di chi all’aiuto ricevuto in questi giorni ha risposto con la gratitudine e con la forza di ripartire, rimboccarsi le maniche. Una cosa che ci ha davvero stupite. Abbiamo visto persone che avevano acqua in casa, ma si sono fatte forza senza perdersi d’animo per andare ad aiutare altre persone che al contempo avevano perso ogni cosa».
Come passano le giornate, tra fango, disperazione ma anche tanta voglia di ripartire?
«Al momento stiamo continuando a lavorare, per cui c’è possibilità di muoversi di più nel weekend. Ma ci sono tanti gruppi di volontariato, migliaia di persone solo sul gruppo di Ravenna, ad esempio; quindi, ci si informa fra ragazzi per capire dove andare e dove c’è più bisogno – racconta Samira -. Quello che ci ha fatte incontrare è stato proprio il sentirsi per capire dove dare una mano. Jasmine ci ha detto che Faenza fosse uno dei luoghi maggiormente colpiti dall’alluvione, e che dei conoscenti avessero bisogno di aiuto. Quindi ci siamo incamminati, io, il mio ragazzo e un’amica di Campobasso che aveva la macchina. Siamo andati subito a Faenza e così ci siamo unite in questa battaglia. Siamo disposti a tutto, perché questa gente merita un aiuto e un gran supporto».
Come vanno ora le cose? La situazione sta migliorando?
«Diciamo che al momento le cose stanno migliorando se si guarda alle condizioni meteo perché non piove più. Però c’è tanto da fare, ci vuole una grande ripartenza e bisogna puntare principalmente sugli aiuti dallo Stato. La forza lavoro è molta, tante persone come noi stanno dando una mano, ma servono rinforzi con macchinari specifici, perché la forza fisica arriva fino ad un certo punto, e servono aiuti economici. La gente ha voglia di ricominciare, di ripartire. Non è facile. Noi nel nostro piccolo stiamo dando una mano a chi ha più bisogno. Ci sono tante case ancora chiuse, piene di fango».
Cosa avete portato di Bojano con voi in quest’esperienza?
«Lo spirito di unità che forse non si vede, nel nostro paese, ma c’è. Ovunque andiamo cerchiamo sempre di incontrare bojanesi ma anche molisani per aiutarci a vicenda. Quindi è questo che abbiamo portato qui di Bojano e del Molise. L’unione, l’empatia che c’è nella nostra terra».
Qual è la speranza, ora, per i prossimi giorni e per il futuro della Romagna?
«L’augurio è che queste persone non perdano la speranza, che non perdano la luce, perché c’è. Speriamo in una grande ripartenza per questa popolazione che si è data sempre da fare e continua a darsi da fare. Noi ci saremo, al loro fianco, fisicamente e moralmente. Il Molise c’è».
E cosa porterete con voi di quest’esperienza?
«Sicuramente gli occhi della signora Patrizia – dice emozionata Samira -. Patrizia è la proprietaria di una casa a Forlì, in cui siamo entrati per aiutare. Ci diceva con voce tremolante di non sapere come sdebitarsi. Il pensiero è stato immediatamente che non ci fosse davvero nulla per cui sdebitarsi. Quello che stavamo facendo era davvero una piccola parte in confronto a tutto quello che aveva perso. Ovviamente porteremo con noi il coraggio e il cuore di queste persone – proseguono -, le immagini di bambini con il sorriso, intenti a giocare con rastrello e pala in mano mentre attorno imperversa la tempesta, oppure i tanti giovani a disposizione per dare una mano, l’immagine di un ragazzo in sedia a rotelle che spalava il fango. Non dimenticheremo mai tutto questo. L’importante, ora, è che i volontari continuino ad esserci, sempre con attenzione e premura per queste persone, perché a casa di questa gente si entra in punta di piedi, persone che hanno perso pezzi importanti della propria vita. Porteremo quindi con noi l’empatia, la voglia di esserci, e il rispetto per questo popolo. Ora andiamo avanti, continuiamo ad aiutare!».
Giorgio Rico