Si è riacceso all’improvviso, dopo mesi di sostanziale calma piatta, il dibattito circa l’istituzione del Parco nazionale del Matese, che è legge ormai da sette lunghi anni, ma che di fatto non vede ancora la luce. A rialzare l’asticella dell’attenzione sul tema, l’importante novità dei giorni scorsi, con l’associazione Italia Nostra che ha portato la questione innanzi al Tar Lazio, che dovrà esprimersi in udienza il prossimo 18 giugno in ordine ai «ritardi e alle inadempienze» lamentate dall’associazione nei confronti di Ministero e Regione Campania. Anche Legambiente, in occasione della Giornata mondiale della biodiversità, ha rilanciato sull’argomento, evidenziando l’importanza di sbloccare l’impasse. E al coro degli ambientalisti si sono uniti diversi esponenti delle opposizioni in Consiglio regionale, con una interrogazione depositata finanche in Parlamento.
C’è anche chi, però, nonostante sostenga la causa del Parco sin dall’inizio, nonostante si sia speso da un punto di vista amministrativo e associativo sin dagli albori per l’istituzione dell’Ente nell’ambito dell’attività svolta dal Comune di Bojano e dalla Consulta del Matese, oggi accende i riflettori sulle problematiche che potrebbero ingenerarsi di fronte ad un pronunciamento del Tar in favore del ricorso promosso da Italia Nostra.
Gianni Marro, ex vicepresidente della Consulta del Matese, oggi assessore comunale a Bojano, si è impegnato in prima linea per produrre infatti una bozza di disciplinare dell’Ente Parco, in sinergia con amministrazioni e associazioni del territorio, per evitare che il regolamento che in sostanza dà forma e concretezza al Parco prima che venga redatto un vero e proprio Piano, fosse aderente alle necessità e ai bisogni di chi il territorio lo vive. Un lungo lavoro che – dopo la proposta di perimetrazione – ha prodotto una bozza di disciplinare avanzata, lungimirante, un modello anche per altri Parchi, in cui ci si è posti il problema di realizzare un Ente che fosse in linea con i tempi, non che imbalsamasse il territorio.
Ebbene, è proprio sul destino di quel disciplinare che oggi sorgono dubbi e preoccupazioni. «Come amministratore locale mi auguro che non si arrivi a una sentenza: sarebbe una sconfitta per la classe politica che non è riuscita a raggiungere l’obiettivo di istituire il Parco in tempi ragionevoli – spiega Marro -. Bojano, come tanti altri Comuni del versante molisano, ha svolto un enorme lavoro per avanzare varie osservazioni alla bozza di perimetrazione individuata dall’Ispra, quella trasmessa nel 2021. Osservazioni che con impegno e in sinergia con tanti altri Enti abbiamo avanzato anche alla bozza di disciplinare. Si sono tenuti vari incontri proprio per realizzare un documento unico che regolamentasse il Parco in attesa del Piano, parliamo quindi di un documento che al suo interno contiene quelle famose clausole di salvaguardia che restano in essere fino a quando non si redige il Piano del Parco, per cui i tempi spesso sono lunghi» – prosegue.
«Dopo un lungo lavoro di dialogo e concertazione, abbiamo inviato le nostre proposte alla Regione, che è l’organo interlocutore per i Comuni, e che invia poi tutta la documentazione all’Ispra. Devo dire che sia Ispra che Regione e Ministero hanno cercato di coinvolgere molto le comunità locali per quanto riguarda la perimetrazione, la zoonizzazione e il disciplinare. E infatti siamo arrivati a presentare le nostre osservazioni alle clausole di salvaguardia col supporto di circa 20 Comuni molisani. Ma da marzo 2022 non abbiamo avuto risposte».
Da qui, dunque, le preoccupazioni dopo la notizia del ricorso: «Cosa si potrebbe verificare ora? Che quel disciplinare resti lettera morta, e che il Ministero dell’Ambiente presenti al Presidente della Repubblica un documento di tutela non condiviso dalla comunità. Sarebbe una sconfitta politica enorme, la dimostrazione che la politica, appunto, non è stata in grado di portare avanti le istanze dei cittadini. Così c’è il rischio che quei malumori, quelle preoccupazioni, quei disagi che alcune associazioni hanno evidenziato, possano diventare realtà.
Invece, nella nostra proposta di disciplinare, si prendono in considerazione anche tanti elementi che rispondono proprio ad alcune problematiche che si potrebbero creare, come quella riguardante la fauna selvatica».
Insomma, il timore, e il rischio, è che ora si arrivi a istituire un Parco lontano dalle vocazioni del territorio. Come mai? Perché di fatto dopo sette lunghi anni resta poco chiaro il destino dell’Ente. E si è arrivati addirittura al punto che un’associazione debba portare la questione in Tribunale per vedere attuata una legge del 2017.
«Mi auguro che prima del 18 giugno la politica prenda in mano la situazione e valuti bene cosa fare – dice Marro -. La stessa politica che ha avuto sette anni per chiudere la partita, ma non lo ha fatto».
Tutto questo accade, tra l’altro, mentre resta poco chiaro anche l’indirizzo sull’individuazione della sede del Parco: l’amministrazione comunale di Bojano si è espressa chiaramente in questi anni affinché il capoluogo matesino fosse individuato come sede dell’Ente, e in tal senso il Consiglio comunale votò un atto di indirizzo politico all’unanimità. Un tema che, tra l’altro, ha trovato sponda anche tra vari esponenti politici regionali. Per coerenza di elementi politici, associativi e naturali, sarebbe la cosa più giusta.
È quanto sostiene anche il presidente dell’associazione Togo Bozzi, Domenico Rotondi, che è campano, ma da tempo sostiene la causa di Bojano: «Il Matese non possiamo portarlo a Capodichino altrimenti vuol dire che la geografia non ha più un valore – dice -. Già sono state imposte scelte politiche in questa direzione che non sono assolutamente accettabili. Il messaggio è sbagliatissimo. In Molise ricade gran parte dell’area parco, ed esiste l’area del beneventano. Per questo Bojano sarebbe la sede naturale del Parco».

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