In un’epoca in cui l’inclusività dovrebbe essere al centro delle nostre comunità, la storia di Gabriel Muccilli – giovane disabile di Castellone di Bojano – evidenzia come, purtroppo, ci siano ancora barriere fisiche e sociali che impediscono alle persone con disabilità di partecipare pienamente alla vita religiosa e sociale.
Un’esperienza dura, quella vissuta in occasione dei festeggiamenti di Santa Cristina a Sepino, che ricalca migliaia e migliaia di storie simili, quelle di moltissime persone che a causa delle barriere architettoniche, nel 2024, non hanno ancora la possibilità di accedere a luoghi di culto, uffici pubblici, attività commerciali e tanto altro.
A raccontare la storia del giovane Gabriel è la voce – rotta dalla delusione e dal disinteresse più volte riscontrato sul tema – del papà Angelo, che nei giorni scorsi haaccompagnato suo figlio a Sepino per visitare la chiesa di Santa Cristina in occasione della festa dedicata alla santa. Giunti nei pressi del sagrato, l’amara constatazione: non si può accedere in chiesa, racconta l’uomo con amarezza.
La fortuna ha voluto che incontrasse una signora che, condividendo la stessa frustrazione per le difficoltà di accesso dovute al proprio fratello disabile, ha mobilitato un gruppo di sepinesi che hanno aiutato Gabriel a entrare. Il nodo centrale della questione, tuttavia, resta purtroppo lo stesso: al giorno d’oggi, è ancora complicatissimo per le persone con disabilità accedere a luoghi e servizi cittadini.
«Possibile che nel 2024 i luoghi di culto non siano accessibili a tutti, specialmente a chi si aggrappa a una speranza, a una supplica per una grazia?» – è la domanda retorica di Angelo che dà voce a un sentimento condiviso da molte famiglie che affrontano quotidianamente simili difficoltà.
Tanta la delusione, per chi già convive con notevoli difficoltà quotidiane e deve poi scontrarsi con vincoli imposti in maniera asettica che impediscono di adeguare alcuni luoghi – come quelli di culto – alle esigenze di tutti. «Ho evidenziato la necessità di realizzare almeno uno scivolo provvisorio ma dalla risposta che ho ricevuto, sembra proprio che non ci sia interesse per le persone disabili» – aggiunge Angelo, esprimendo il suo sconcerto per l’apparente mancanza di empatia e volontà nel risolvere il problema.
L’ennesimo episodio di questo tipo che non solo mette in luce le sfide quotidiane affrontate dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie, ma solleva anche una questione etica e morale: come possono le istituzioni ignorare le esigenze di accessibilità, quando queste sono fondamentali per garantire dignità e partecipazione a tutti i membri della comunità? Eppure quello all’accessibilità non è un privilegio, ma un diritto. E la speranza che questa testimonianza sensibilizzi le autorità competenti e la società civile, affinché si adottino misure concrete per eliminare le barriere architettoniche e rendere i luoghi di culto – e tutti gli spazi pubblici – veramente accessibili a tutti, è ancora alta, nonostante la delusione.
In un mondo che aspira alla parità dei diritti, ognuno dovrebbe impegnarsi a costruire comunità che abbraccino e supportino ogni individuo, indipendentemente dalle sue abilità fisiche. E quello di Gabriel Muccilli, in tal senso, risuona come un appello alla dignità, un richiamo a non dimenticare chi, ogni giorno, lotta per essere visto, ascoltato e accolto. «I problemi sono di chi ce li ha»: Angelo, il papà di Gabriel, chiude con questa frase la sua testimonianza. Un messaggio che risuona come un monito, perché non è giusto – in una società civile – che di fronte a queste cose ci si senta soli e abbandonati, che siano pochi a pagare sulla propria pelle quelle che di fatto sono invece responsabilità di tutti.

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