Insiste, non molla la presa, l’ex amministratore bojanese Giancarla Marra, cultore della materia in tema di ‘acqua’, il bene più prezioso che il capoluogo matesino e tutta l’area circostante hanno da offrire. Non molte settimane fa, Marra su queste colonne ha rilasciato una lunga intervista sul problema della gestione delle acque in cui prospettava una sua personale idea di riorganizzazione del settore anche alla luce della crisi idrica in corso, e affermava contestualmente che è stata operato un prelievo di acque a livello di sorgenti e dalla falda non in linea con le indicazioni della direttiva europea in tema di captazione. Secondo Marra, la captazione effettuata senza criterio avrebbe abbassato notevolmente il livello della falda freatica. Sul tema, l’ex amministratore bojanese ha voluto fare alcune precisazioni, dopo aver ricevuto alcune osservazioni in merito, e lo ha fatto fornendo dati tecnici in suo possesso, come quelli di una perizia commissionata dall’Associazione provinciale allevatori (Ape) nel 1993 relativa ai danni arrecati alla agricoltura locale.
L’obiettivo di Marra, dunque, è quello di illustrare le ricadute economico-ambientali che il territorio bojanese avrebbe subito a seguito del prelievo delle acque.
«La captazione delle acque – spiega – avviene in modo diretto dalle sorgenti (Maiella soprattutto e Santa Maria dei Rivoli) e poi per estrazione dal sottosuolo mediante elettropompe (14/16) site in territorio bojanese e in parte in quello di San Polo Matese. Elettropompe che estraggono dal sottosuolo, a pieno regime, circa 900 litri di acqua al secondo.
Nel 1993, l’Associazione provinciale allevatori commissionava uno studio acquisito agli atti del Comune in merito ad una stima dei presunti danni provocati dall’abbassamento della falda freatica nell’area pedemontana del comune di Bojano. La falda è il bacino di acque sotterranee che esiste nel sottosuolo della nostra città – aggiunge -. Lo studio scientifico fu condotto dagli agronomi dott.ssa Michelina Litterio e il nostro stimato concittadino dott. Massimo Iannetta. Per correttezza riporterò integralmente brani del loro lavoro che non necessitano di commenti. “Gli interventi di captazione, sulla base delle indagini geologiche effettuate, hanno prodotto un abbassamento di almeno 3,5 metri della falda freatica della piana, in una fascia che si estende in lunghezza per tutto il fronte sorgentizio Maiella – S. Maria dei Rivoli – Pietrecadute e in larghezza verso la piana per almeno m. 1000 (1Km)” – scrivevano i tecnici -. Ma non solo, perché “L’area interessata da tale fenomeno di disidratazione del suolo misura quindi circa Ha 150. Attualmente l’unica fonte di alimentazione idrica restano le precipitazioni atmosferiche, con apporti idrici, che solo localmente consentono modesti accumuli, come risulta da misurazioni effettuate in alcuni pozzi nell’ottobre 1987 e recentemente in novembre 1992”.
Insomma, il livello del bacino sotterraneo si è abbassato di 3 metri e mezzo; il bacino va da Maiella a Pietre Cadute e si estende fino al torrente Rio; le piogge (e la neve) non riescono a rifornire il bacino di un quantitativo di acqua pari a quello che viene prelevato – sottolinea Marra -.
“Come riportato nella relazione geologica e nella caratterizzazione pedologica (composizione, genesi e modificazione dei suoli) dell’area in esame, le risorse idriche sotterranee hanno subito una notevole riduzione” – aggiungevano gli studiosi -. “La naturale correlazione esistente fra disponibilità idrica e produttività agricola hanno ridotto la originaria vocazione del suolo nei confronti dell’attività agricola”, e ancora, “Il grado di riduzione di questa vocazione, determinata dalle caratteristiche attuali del suolo, appare legato all’entità delle captazioni di acqua dalle sorgenti del Biferno” e infine “L’abbassamento della falda al di sotto dei 3,5 metri non consente, anche alle colture dotate di apparato radicale profondo, alcuna possibilità di utilizzo della risorsa idrica del terreno e, in mancanza di un regime irriguo, le produzioni sono fortemente vincolate alle precipitazioni atmosferiche che interessano la zona nell’arco dell’anno”.
Riassumendo – spiega Marra -, da quello studio si evinceva che il bacino di acqua sotterranea si è ridotto di molto; che le nostre campagne famose soprattutto per la produzione di ortaggi (in molti ricorderanno i peperoni di Bojano e le campagne di raccolta dell’aglio e della barbabietola che vedevano nella nostra città un centro di raccolta) hanno visto una riduzione drastica di tal tipo di produzioni; tutto si lega alla entità del prelievo di acqua dalle sorgenti del Biferno (e dal sottosuolo); anche le colture agricole con radici profonde non riescono a nutrirsi di acqua dal terreno (per il notevole abbassamento del livello della stessa) e quindi dipendono dalle precipitazioni atmosferiche stagionali (non è garantita quindi ne la continuità produttiva ne la quantità produttiva).
In quello studio degli anni Novanta, scrivevano che “sempre per una valutazione estremamente oggettiva, non si considera il danno provocato dall’aver compromesso la vocazione originaria dell’area e le sue possibilità di sviluppo agroalimentare, bensì il danno derivante dalla semplice riduzione delle produzioni, alla luce degli attuali ordinamenti colturali e dei relativi fabbisogni idrici”.
E veniva stimato il danno legato alla semplice riduzione della produzione delle varie colture, che “ottenuto per differenza tra il valore delle produzioni potenziali dell’area e il valore delle produzioni reali ottenibili con una falda a 3,5 metri (di profondità) ammonta a 235.790 euro annui” – spiegavano.
Un danno stimato nel 1993, che oggi – prosegue Marra – varrebbe il doppio: 445mila euro annui.
Da quello studio, insomma, si possono trarre conclusioni che devono a loro volta tradursi in richieste specifiche: se la captazione delle acque ha prodotto un serio cambiamento della natura del nostro territorio nella sua vocazione agricola – spiega Marra -, se quindi è stato prodotto un danno all’economia locale (nel caso specifico in agricoltura), la nostra città doveva e deve essere “risarcita” con investimenti forti in recupero ambientale. Ma non solo – prosegue -, perché ritengo giusto e doveroso chiedere che gli organismi regionali facciano fluire nelle case dei bojanesi acqua per 24 ore al giorno, senza interruzioni (tanto non avviene dappertutto) dotando la città di rete idrica adeguata (e strutture collegate efficienti). I Per non parlare dei costi dell’acqua, che dovrebbero essere ridottissimi, se non azzerati. E che debba essere assicurata la presenza di amministratori locali bojanesi negli organismi di gestione e contrattazione, a tutti i livelli, della risorsa idrica. C’è infine un discorso da fare legato alla perimetrazione dell’istituito Parco nazionale del Matese: questo dovrebbe includere al suo interno almeno tutta la fascia sorgentizia bojanese, una risorsa naturale di assoluta importanza, unica per estensione nel Meridione.
Come già affermato in precedenti scritti sullo stesso tema riterrei doverosa una risposta alle richieste avanzate da parte di rappresentanti della istituzione regionale per la gestione di una seria e concreta politica del territorio.
Quelli appena citati sono punti di un programma serio e sostanziale per chi volesse servire questa città in amministrazione».