Sono oltre cento le donne vittime di femminicidio dall’inizio del 2023. Un dato agghiacciante che dimostra quanto ancora ci sia da fare per porre fine, una volta per tutte, ad un fenomeno spaventoso che continua a mietere vittime innocenti strappandole, con spietata ferocia, all’affetto di chi quelle madri, figlie, amiche e sorelle le ama per davvero.
Vite spezzate come quella di Giulia Cecchettin, studentessa 22enne di Vigonovo (Venezia), uccisa per mano del suo ex.
Una morte che ha sconvolto l’Italia intera e che, al contempo, ha smosso le coscienze di chi, nel contrasto al fenomeno, può fare la differenza.
Mercoledì al Senato, dopo il voto all’unanimità alla Camera, è stato approvato il disegno di legge per il rafforzamento delle misure di tutela delle donne in pericolo, mentre la premier Meloni ha annunciato un aumento considerevole dei fondi per il piano anti-violenza e per la tutela delle donne in uscita da situazioni di maltrattamenti. È già pronta, inoltre, una campagna di sensibilizzazione nelle scuole. Insomma, qualcosa si sta muovendo.
Anche il Molise non è esente da questo triste fenomeno. Solo negli ultimi mesi, come ha dichiarato ai microfoni di Teleregione il dirigente della Squadra Mobile, Marco Graziano, la media dei codici rossi in provincia è aumentata, registrando anche tre casi al mese. Senza tralasciare quei tantissimi casi “sommersi” che, per paura di ripercussioni, faticano a venire alla luce.
Tante le attività poste in essere sul territorio per sostenere le vittime. A svolgere da anni un ruolo concreto c’è anche la dottoressa Desiree Mancinone, psicologa psicoterapeuta esperta di violenza e discriminazioni di genere, che da anni è professionalmente attiva nel sostegno a donne e minori che si trovano in tali condizioni e nel contrasto al fenomeno dei maltrattamenti.
Dottoressa, in quanti modi si manifesta la violenza di genere?
«La violenza di genere si manifesta in moltissimi modi, dalle più note forme di violenza fisica, psicologica o economica, alla violenza sessuale e allo stalking, ma anche il “revenge porn”, e i gruppi cosiddetti degli “stupri online”. E ancora i matrimoni forzati e le cosiddette “spose bambine”, in crescita anche in Italia, le molestie e discriminazioni in campo lavorativo e molte altre forme ancora. Come vediamo c’è una panoramica molto articolata e complessa da conoscere bene per contrastare appieno tali realtà. Inoltre, come diciamo sempre, la nostra è una cultura improntata a considerare un genere meno valido rispetto all’altro. Questo è ciò di cui si parla quando si dice che la violenza di genere rappresenta un problema culturale. La cultura patriarcale, di cui tanto si sente parlare in questi giorni – ma che in realtà è una tematica che si affronta da decenni nell’ambito degli studi di genere – è basata proprio su questo, ovvero avalla il fatto che uno dei due generi, nel caso specifico quello maschile, abbia più diritti dell’altro. D’altronde ce lo insegna la storia. Pensiamo, ad esempio, a quando le donne hanno potuto finalmente votare, a quando hanno avuto accesso a determinate professioni o allo studio universitario e alle leggi che hanno definito una volta per tutte come reati comportamenti che prima venivano considerati normali ed accettabili».
Quanto può incidere anche un singolo episodio di violenza sulla vita della vittima?
«La violenza impatta a 360 gradi sulla vita delle vittime, perché le condizioni di violenza di genere e di maltrattamenti nelle relazioni si riflettono in tutti gli ambiti: a livello psicologico, possono danneggiare fortemente la psiche andando a creare traumi e uno stato di malessere anche sullo stato psicofisico di chi ne è vittima. Possono generare perdita di fiducia ed autostima, condizioni di ansia e panico, disturbi del sonno e dell’alimentazione, depressione, difficoltà a concentrarsi e perdita della memoria, dolori ricorrenti nel corpo, difficoltà nel gestire i figli, perfino autolesionismo o idee di suicidio. È molto importante far sapere a tutte le donne che gli aiuti ci sono e che non sono sole.
Sono situazioni complesse, ma dalle quali si può assolutamente uscire».
Cosa ne pensa della proposta del ministro Valditara di inserire nella programmazione scolastica l’educazione all’affettività? Pensa possa essere un valido strumento per contrastare il fenomeno?
«È sicuramente utile lavorare nelle scuole su una educazione all’affettività, alla sessualità e alle emozioni. Chiaramente va realizzata da persone competenti e formate e coerentemente con gli studi e le ricerche accreditate scientificamente, perché, come vediamo, la questione è molto seria.
Ovviamente ci auguriamo tutti che ciò possa avere degli effetti positivi. Ma non dobbiamo demandare tutto alla scuola. È un percorso che deve toccare anche altri ambiti: la famiglia, ad esempio, ma soprattutto la società. Deve cambiare l’occhio e la considerazione delle donne e del genere femminile nel contesto sociale. E questo cambio di cultura deve permeare l’intera società. Non può essere relegato esclusivamente nell’ambito scolastico o familiare. Così come per il razzismo non è necessario averlo subito per contrastarlo, non dobbiamo fare l’errore di creare schieramenti “uomini contro donne”, bensì dobbiamo unirci per contrastare tutto questo e promuovere un cambiamento, come persone ed esseri umani, a prescindere dal genere di appartenenza».
A breve ci sarà la presentazione di un progetto molto importante riguardante la tematica del femminicidio che la vedrà impegnata come tutor regionale. Di cosa si tratta?
«Si tratta del progetto Airone che verrà presentato il prossimo 1° dicembre presso la Regione Molise e riguarda la tutela degli orfani di femminicidio. È un progetto presente in sei regioni del Centro Italia. Si occuperà della presa in carico di orfani e famiglie affidatarie, che si trovano a vivere una condizione molto critica e complessa, ma una parte importante sarà dedicata proprio alla formazione delle categorie professionali e alle attività di sensibilizzazione sulle tematiche della violenza di genere e del femminicidio.
Un progetto che in Molise mancava e che fornirà un ulteriore supporto a chi ha toccato con mano, tragicamente, il fenomeno della violenza».
Cosa consiglia alle donne vittime di violenza?
«Di chiedere aiuto perché non sono sole. Il numero di pubblica utilità 1522 è attivo h24 sia telefonicamente sia via internet per fornire aiuto, informazioni o anche un consiglio. In base ai propri territori, poi, si viene indirizzate con garanzia di anonimato e con aiuto anche in altre lingue oltre all’italiano».
sl