Era il 28 luglio del 2015, la cupola della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a Pietracatella crollò improvvisamente. Sotto le macerie morì sul colpo Giuseppe Mancino, un operaio di Riccia di 53 anni che stava lavorando sul cantiere. Due suoi colleghi, invece, rimasero feriti: il capocantiere Bartolomeo Moffa di 52 anni e Antonio Di Iorio, operaio di 42 anni, vennero ricoverati all’ospedale Cardarelli di Campobasso, dove furono sottoposti a delicatissimi interventi di chirurgia per strapparli alla morte. Erano tutti e tre sul tetto della volta. Per quel crollo la procura di Larino aprì un fascicolo iscrivendo cinque persone nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo e lesioni gravissime con l’aggravante della violazione della normativa di riferimento sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. A distanza di otto anni da quell’immane tragedia, nelle scorse ore è arrivato il verdetto dei giudici di primo grado. Condannati a due anni e sei mesi la titolare della “Ni.fra Costruzioni” – l’impresa di Gambatesa che stava eseguendo le opere di ristrutturazione post sisma a Pietracatella – il direttore dei lavori nominato dalla Curia, il responsabile unico del procedimento, e un altro tecnico dell’impresa. L’unica assoluzione è arrivata per Bartolomeo Moffa, il capo cantiere che nel crollo ha riportato gravi lesioni e un’invalidità al 55%. Una sentenza accolta con grande soddisfazione dall’avvocato Nicola De Pascale: «Un pronunciamento che ha fatto in parte giustizia – ha commentato dopo il verdetto dei giudici del tribunale di Larino -, un’assoluzione con formula piena, per non aver commesso il fatto. È stato certamente un processo molto complesso e, nel caso fosse arrivata una condanna, sarebbe stato ancora più doloroso per il mio assistito che, a causa del crollo, ha riportato gravi lesioni, oltre ad aver perso un collega. Sicuramente resta l’amaro in bocca per una tragedia che ha scosso la comunità di Riccia e il Molise intero».
Annuncia invece battaglia l’avvocato Mariano Prencipe, legale del Rup: «Prendiamo atto con delusione della sentenza del Tribunale – dice – ma per quanto riguarda la posizione del mio assistito siamo convinti delle ragioni, prima di tutto giuridiche, che escludono ogni responsabilità. Sono questioni di diritto assai complesse che verranno sottoposte al vaglio della Corte di Appello non appena saranno rese note le motivazioni».
La chiesa di Pietracatella era interessata da lavori di ristrutturazione post sisma che stava svolgendo la ditta ‘Ni.fra Costruzioni srl’ di Gambatesa che aveva vinto l’appalto per riparare i danni provocati dal terremoto del 2002 e per consolidare l’edificio di culto molto caro alla comunità. L’intervento – finanziato dalla Regione per 495milia euro – era stato affidato all’impresa che fa capo alla moglie di Carmine Abiuso, il costruttore già condannato per il crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia.
Lo scorso 30 luglio la stessa chiesa è stata elevata a santuario diocesano per le vittime del lavoro, il primo del genere in Italia.