Era fuggito venerdì da una comunità per minori di Limosano ma, arrivato a Pescara, è stato brutalmente ucciso. Anche i cittadini del paese molisano sono sotto shock per la morte di Thomas Christopher Luciani, il 17enne ucciso con 25 coltellate in un parco di Pescara. La sindaca Angela Amoroso si è detta addolorata per la scomparsa del ragazzo che a Limosano tutti conoscevano. Il giovane, residente a Rosciano, un paese del pescarese dove viveva dall’età di tre anni con la nonna dopo essere stato abbandonato dai genitori, era arrivato in Molise da qualche tempo. Quando venerdì sera ha fatto perdere le proprie tracce è scattata immediatamente la denuncia ai carabinieri. Purtroppo, però, l’epilogo è stato tragico. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, a lanciare l’allarme e permettere il rinvenimento del cadavere del 17enne è stato un 15enne figlio (come uno dei fermati) di un carabiniere. È l’ultimo dettaglio sulla vicenda (come riporta il Fatto Quotidiano) che ha portato al fermo, con l’accusa di omicidio, di due minorenni: uno è figlio di un avvocato e l’altro, anche lui, di un militare dell’Arma. Il testimone, poche ore dopo i fatti, compresa la gravità dell’accaduto ha raccontato i dettagli del delitto prima ai familiari e poi agli investigatori, come emerge dal decreto di fermo.
Uno dei ragazzi (che “vendeva hashish”) – intorno alle 15.40 di domenica – avrebbe detto al gruppo di amici che «voleva tirare due schiaffi» a Luciani per un presunto debito di droga di poche centinaia di euro: forse 200 o 300. Ma al parco avviene tutt’altro. Uno dei giovani fermati avrebbe accoltellato con 15 fendenti il 17enne, poi l’altro (“perché erano amici”, racconta il testimone) avrebbe afferrato il coltello da sub e colpito altre 10 volte la vittima: i due, emerge dalla ricostruzione, continuano a colpirlo – tra calci e sputi – quando lui è già esanime a terra. La vittima, continua il racconto, «faceva dei versi: era quasi morto e loro gli dicevano di stare zitto».
Il testimone racconta di non essere riuscito a intervenire perché era “allibito”: «Avrei voluto fermarli ma non sapevo come fare». Lui e altri 5 ragazzi si sarebbero così allontanati: poi insieme ai due fermati sarebbero andati al mare a fare un bagno. Lì, sugli scogli, sarebbe stata lanciata l’arma del delitto infilata dentro un calzino insanguinato. Ma, al momento, i sommozzatori dei Vigili del Fuoco non hanno ancora trovato il coltello. Qualche ora dopo il 16enne parla con i familiari e il padre dà l’allarme.
Un omicidio spietato con sullo sfondo lo spaccio di droga. I ragazzi fermati, entrambi liceali, durante il primo interrogatorio non avrebbero manifestato emozioni: nessuna reazione particolare e assenza di empatia o pentimento. Uno di loro ha affermato di non aver mai conosciuto la vittima, ma solo di sapere chi fosse. Sono in stato di fermo in un centro di prima accoglienza in attesa dell’udienza di convalida. L’inchiesta è ora nelle mani della Procura dei Minori dell’Aquila.

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