La storia dei domenicani in paese è lunga secoli. Più di mezzo millennio. Sul sito del santuario Santa Maria della Libera è ben illustrata. Una presenza che ha radici profonde e che ieri è terminata con una cerimonia, molto partecipata, officiata dall’arcivescovo Bregantini.
Gli ultimi due padri domenicani, don Pippo e don Carmine, hanno lasciato Cercemaggiore per via di una decisione del Consiglio di Provincia dell’Ordine assunta nel 2015 e subito comunicata all’amministrazione comunale. La ragione che ha indotto i domenicani a sopprimere la Casa di Cercemaggiore sarebbe da attribuire alla mancanza di risorse. E di vocazioni, si è detto.
In paese, in realtà, si parla d’altro. Di qualcosa che non ha funzionato, di frizioni riconducibili agli eventi organizzati in occasione del sesto centenario del ritrovamento della statua della Madonna della Libera, in particolare ai lavori di ristrutturazione del convento. Per la circostanza la Regione Molise, allora guidata da Michele Iorio, stanziò un cospicuo finanziamento. Fu organizzata anche una conferenza stampa per promuovere una «legge regionale – spiegò Iorio il 3 giugno del 2011 nel corso dei lavori a cui presero parte anche i padri domenicani – che supporti istituzionalmente e finanziariamente il VI Centenario nella considerazione della straordinarietà dell’avvenimento e della rilevanza del culto della stessa Madonna della Libera per Cercemaggiore e in generale per tutto il Molise».
Ecco dunque perché la partenza dei domenicani non ha trovato tutti d’accordo, nonostante gli sforzi dell’amministrazione guidata dal sindaco Testa, che si è preoccupata di «evitare che il convento restasse incustodito, nemmeno per un giorno (sarebbe stato un disastro), e che il santuario continuasse ad essere un faro di luce spirituale per l’intera Valle del Tammaro».
Nel corso dell’edizione del tg regionale della Rai, una giovane donna del posto ha definito quella di ieri una «giornata caratterizzata dal dolore. Il dolore della perdita», ha detto. «Ci troviamo come quando si prede qualcuno. C’è il dolore e bisogna abituarsi a non vederli più in paese».
Adesso i custodi del santuario sono i frati della Comunità Maria Stella dell’Evangelizzazione, guidati dal fondatore padre Antonio Maria Saraceno. Opereranno in autonomia ma sotto l’egida dell’arciprete don Peppino Di Iorio, reverendo che con il tempo si è fatto apprezzare, conquistando la stima e l’amore dei fedeli. A don Peppino il complicato ma non impossibile compito di ricucire lo strappo.
ppm