Il blitz è scattato a maggio dello scorso anno ma non si è mai fermata l’attività investigativa e processuale relativa alla maxi operazione denominata “Piazza Pulita” – coordinata dalla Procura della Repubblica di Campobasso e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza – che ha portato a numerosi arresti, sia di soggetti della malavita locale che di elementi di spicco della criminalità campana.
Uno degli indagati di origine campana, considerato un elemento di spicco nell’organizzazione malavitosa, e già colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere nel maggio scorso (poi annullata dal Tribunale del Riesame di Campobasso), è stato sottoposto alle prime luci dell’alba di ieri agli arresti domiciliari dagli uomini dell’Arma e della Guardia di Finanza di Campobasso che hanno dato esecuzione nel capoluogo partenopeo all’ordinanza emessa dalla autorità giudiziaria. La misura cautelare scaturisce dal ricorso presentato in Cassazione dalla Procura di Campobasso avverso l’ordinanza di scarcerazione dello scorso mese di giugno. La Suprema Corte ha annullato la decisione del Tribunale del Riesame, richiedendo pertanto un nuovo giudizio che si è poi definito con la sottoposizione agli arresti domiciliari dell’imputato.
Questo arresto va a confermare il già solido impianto accusatorio delineato dalla Procura della Repubblica di Campobasso relativo all’operazione “Piazza Pulita” che rappresenta una delle attività di Polizia Giudiziaria tra le più imponenti e importanti condotte nella Regione Molise.
E intanto è fissata per dopodomani, 27 febbraio, l’udienza preliminare a carico dei 43 indagati della maxi operazione. Secondo l’accusa, e in base ai gravi indizi di colpevolezza raccolti in circa due anni di indagini, nella cittadina matesina i tre distinti sodalizi, tutti legati tra loro attraverso un sistema piramidale, avevano impiantato un ingente traffico di cocaina, eroina ed hashish. Non solo, i clan erano dediti anche all’estorsione e alle minacce a mano armata, nonché al riciclaggio e reimpiego di denaro ‘sporco’.
A capi delle due associazioni più piccole, e in prevalenza composte da persone del posto, c’erano due pregiudicati molisani. La terza, quella ‘di vertice’ era invece guidata da un campano affiliato al clan Rega di Pomigliano d’Arco, arrivato a Bojano nel maggio del 2017 per scontare un provvedimento restrittivo e stabilitosi nella cittadina matesina insieme alla sua famiglia.
Mentre l’attività di traffico di droga della prima associazione, composta da 7 persone, ha avuto base operativa prettamente a Bojano (sia presso un’abitazione che in aperta campagna), quella del secondo clan composto da 10 persone, è stata più dinamica ed attraverso la gestione del night club “Luxuria” di San Massimo, centro di un vero e proprio smercio di droga fra i clienti, oltre che essere attiva nel centro matesino era presente anche nel capoluogo molisano.
Il clan si serviva anche di un ‘assaggiatore’ testare la qualità della droga: un tossicodipendente disposto a tutto, anche a rischiare la vita, pur di avere una dose. In una intercettazione infatti sono emersi particolari agghiaccianti: l’assaggiatore, dopo aver provato le dosi, è svenuto privo di sensi ma i componenti del clan non hanno allertato il 118. «Se muore lo carichiamo in auto e lo gettiamo in un fosso», l’agghiacciante soluzione.
All’associazione capeggiata dal pregiudicato campano, composta da 10 persone, alcune delle quali provenienti dall’hinterland napoletano e stanziatisi in zona, oltre ai reati di traffico di stupefacenti ed estorsioni di cui alcune con l’aggravante del cosiddetto “metodo mafioso”, vengono contestati anche i reati di trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio con il reimpiego di denaro frutto delle attività di spaccio di sostanze stupefacenti, commesse anche nelle cittadine campane di Castello di Cisterna e Pomigliano d’Arco, attraverso l’attività commerciale “Adriatica Pellet” di Bojano.
L’uomo, al vertice di un’associazione di stampo camorristico operante nell’hinterland campano, dopo essere riuscito a “controllare” il traffico delle sostanze stupefacenti nella cittadina matesina, stava iniziando ad imporre il suo controllo anche a Campobasso (pronto a scontrarsi militarmente con eventuali organizzazioni pugliesi che avessero rivendicato la “piazza”) nel dichiarato intento di passare, successivamente, ad imporre il “pizzo” sulle attività economiche locali ad iniziare da quelle operanti nel settore edile.

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