«Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, mi vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio…»…Un giorno, se io non andrò sempre vagando di nazione in nazione, mi vedrai stare sulla tua tomba, fratello mio, piangendo per la tua morte prematura.
Certamente è tra i sonetti più importanti del poeta, esiliato, Ugo Foscolo, con il quale ha inteso rendere omaggio alla memoria di suo fratello, Gian Dionisio, detto Giovanni, morto prematuramente suicida, sembra per debiti di gioco o furto, agli inizi del 1800. Immagina, il grande poeta, di poter andare un giorno a piangere sulla tomba del caro fratello, ma a lui è negata questa possibilità. Come è negata, per il momento, ovviamente per motivi diversi, ad alcuni familiari di persone scomparse, che stazionano nelle stanze dell’obitorio del cimitero di Campobasso, in quanto non è possibile la loro inumazione per mancanza di terreno.
Alcune salme sono ricoverate nei predetti ambienti da parecchio tempo, qualcuna anche da una ventina di giorni e più.
Il luogo di culto campobassano, quindi, torna agli onori della cronaca. È di inizio anno la vicenda delle lampade votive rimaste spente dopo che l’amministrazione comunale ha stabilito di avocare a sé la problematica, sottraendola alla società che gestisce i servizi cimiteriali.
Come si ricorderà la questione ha sollevato numerosi mugugni tra i cittadini, che, recatisi a far visita ai propri cari defunti, hanno trovato le lampadine spente per mancanza di energia elettrica, volutamente staccata per consentire il passaggio di consegne tra il concessionario e il Comune. Effettuata la voltura, il cimitero è tornato ad essere illuminato.
Adesso c’è questa nuova grana per gli amministratori di Palazzo San Giorgio. Già, perché lasciare questo mondo oggi nel capoluogo regionale e voler essere seppelliti sottoterra, nel locale camposanto, è impresa davvero ardua. Mancano gli appositi spazi, ormai tutti saturi.
A quanto pare, per fronteggiare l’emergenza, dal Comune stanno proponendo provvisoriamente la tumulazione in loculi di proprietà dello stesso ente, in attesa di trovare una via di uscita alla preoccupante situazione. In pratica, appena si individueranno nuove aree per le inumazioni (non ci si poteva pensare prima?) si procederà allo spostamento delle salme, con restituzione dei loculi avuti in prestito (a pagamento?).
Se consideriamo che si è ancora in piena pandemia, che continua a mietere vittime a ripetizione, non avere disponibilità di spazi per coloro che preferiscono al loculo una sepoltura nelle viscere del suolo, c’è davvero da stare poco allegri, tanto più se i tempi di “acquisizione” di nuovi terreni, dovessero essere lontani.
Né è pensabile ipotizzare uno stazionamento dei feretri nelle pochissime sale mortuarie del cimitero per un periodo lunghissimo, anche e soprattutto, oltre che per un aspetto numerico, per una questione sanitaria.
Insomma, una bella gatta da pelare per il sindaco Gravina e per gli inquilini del palazzo municipale, in un contesto sociale che, tra l’altro, oltre alla pandemia, alla neve, vede sempre più forte la preoccupazione, derivante dall’avvicinarsi delle ombre di un conflitto bellico che, appunto, a giudicare dagli eventi, non promette nulla di buono.
Ai cittadini, in definitiva, tutte queste condizioni interessano relativamente; si reclama il sacrosanto diritto di dover assicurare ai propri cari una degna sepoltura con la prospettiva di poter avere un sicuro punto di riferimento, ove poter onorare la loro memoria.
Continueremo a seguire la vicenda e tenervi informati, soprattutto nella convinta considerazione che i morti meritano tutto il rispetto possibile, specie per quel che concerne la loro ultima dimora, che si pretende disponibile e dignitosa.
Michele D’Alessandro

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