Venti di guerra all’interno del Pdl a Palazzo San Giorgio. “Ancora non la formalizziamo – dicono – ma ormai la nostra decisione l’abbiamo presa”. Sono irremovibili Alessandro Pascale ed Elio Madonna sempre più convinti ad uscire dal gruppo del Pdl per una serie di divergenze che hanno avuto con il partito di Berlusconi “poco attento alle questioni che riguardano il Comune e più in generale la città di Campobasso”. Il malcontento, che in realtà è iniziato già da parecchio, si è accentuato negli ultimi mesi, da quando a Palazzo San Giorgio si lavora alla nuova giunta e ai futuri assetti della maggioranza. “I capigruppo durante le trattative per la composizione dell’esecutivo sono stati ‘lontani’ dai loro consiglieri adottando, per gli assessori, la tesi della rappresentatività in aula: ad esempio dovrebbe saltare la testa di Colarusso che in aula è supportato solo da due consiglieri di Progetto Molise. Ma allora – aggiunge Pascale – questo metro dovrebbe essere utilizzato anche per Aldo De Benedittis che in Consiglio è rappresentato solo da Michele D’Alessandro. La verità – continua – è che il grosso punto interrogativo che pesa sulla giunta andava risolto in altro modo e molto tempo fa. All’inizio infatti, quando è stata composta la squadra del sindaco, tra il gruppo del Pdl e il coordinamento provinciale del partito del Cavaliere era stato firmato un accordo: a due anni e mezzo dall’inizio del mandato ci sarebbe stata una rotazione degli assessori, o quantomeno la sostituzione di Giovanni Di Giorgio entrato nella rosa scavalcando Elio Madonna che dopo Giuseppe Cimino è il consigliere che ha raccolto più preferenze. Insomma c’era un documento, e questo non lo si può negare, con cui si sanciva l’avvicendamento di metà mandato. Un po’ come è successo a Isernia e a Termoli. A Campobasso invece , città che per chissà per quali motivi deve sempre distinguersi, le cose sono andate diversamente. Nessuna rotazione, nessuna rimozione nonostante il lavoro dell’esecutivo fosse inequivocabilmente scarso. Da un paio di mesi, quando ormai alla fine del mandato manca poco più di un anno, ecco che rispunta la necessità di rimettere mano alla giunta. O meglio si ipotizza un allargamento. A quel punto non mi sono nascosto dietro ad un dito e ho semplicemente manifestato il mio interesse a portare avanti da assessore una serie di progetti che avevo già avviato nelle commissioni e in consiglio. Ero l’unico, almeno così sembrava, interessato all’ingresso in giunta. E invece col passare dei giorni alla mia ‘candidatura’ se ne sono aggiunte altre, l’appetito vien mangiando dice il proverbio e così ogni papabile assessore ha più o meno accampato buone ragioni per poter fare il grande salto. Quando però la corsa alla giunta si è trasformata in una torre di Babele alcuni gruppi di maggioranza hanno stilato dei documenti con cui si chiedeva al sindaco un azzeramento della situazione attuale e una ricomposizione a 4 (per Udeur, Udc e Gruppo Misto) e a 8 (per Pdl e altri partiti). Opposte fazioni nella stessa maggioranza. A quel punto il sindaco – aggiunge Pascale – ha pensato bene di unire le richieste e tornare all’ipotesi di giunta a sei ma con due sostituzioni. Perché, mi chiedo, due assessori devono tornare a casa? In questa ipotesi non c’è ratio, né politica né numerica. Con le spalle al muro è stato fatto un passo indietro riconsiderando il miniallargamento che però, come da copione, pare sia occasione per premiare senza troppa logica. Tutto questo per colpa di un partito, il Pdl, che è rimasto ad osservare da una debita distanza, dimenticando chi in tanti anni ha speso tempo ed energie per una comune causa e che oggi si vede costretto a lasciare il partito perché ha disatteso tutte le aspettative. Ma fortunatamente non solo l’unico a pensarla in questo modo – conclude Pascale – nel 2009 nel Pdl c’erano dieci consiglieri e ora il rischio è di rimanere in quattro se non addirittura meno. Noi abbiamo fatto sempre del nostro meglio, non si può dire altrettanto dei nostri coordinatori che in città, grazie al loro modo di gestire, hanno fatto perdere consensi, voti e credibilità. E, a un anno dalle elezioni, continuano a rimanere fermi. Ma allora perché dovremmo muoverci solo noi? Meglio cambiare aria”.