Quattro collezioni librarie donate dall’anno della sua fondazione, nel 1882, fino ai primi anni 2000. Circa 130.000 volumi ed opuscoli, opere scritte o pubblicate da autori nati nella Provincia di Molise dal 1200 in poi; opere musicali, atlanti di carte geografiche, una raccolta dei giornali pubblicati a Campobasso, Larino ed Isernia dal 1820 in poi; opere archeologiche, storiche, geografiche, biografiche e statistiche, manoscritti, memorie, disegni relativi ai diversi paesi molisani. E ancora, opere giuridiche relative alla legislazione, alla giurisprudenza, ed alla procedura giudiziaria vigente nelle Province napoletane prima del Diciannovesimo secolo, atti forensi stampati nei giudizi occorsi tra molti Comuni della provincia e i loro feudatari. Ma pure una sezione musicale con circa 1.000 Cd di musica classica, operistica, etnica, world music e fondi contenenti registrazioni (1954-1979) su nastro magnetico per circa 200 ore, in gran parte digitalizzati, di interesse etnomusicale e linguistico. Infine c’è una raccolta di circa 250 cartoline (secoli XIX-XX ) con ritratti di musicisti famosi, scene e costumi da opere italiane ottocentesche. Un patrimonio immenso, quello della biblioteca provinciale Albino, a cui non si può più accedere da settembre del 2016, data in cui sono stati chiusi i suoi cancelli. Eppure, proprio negli ultimi tempi, numerosi studiosi e ricercatori hanno chiesto di poter consultare l’archivio, che però non è più fruibile. Una vicenda intricata che parte della famigerata riforma Delrio che ha comportato il passaggio della struttura di via D’Amato dalla Provincia alla Regione e, successivamente, al Ministero della Cultura. Da allora l’impasse non è mai stato superato nonostante l’interessamento del Comune di Campobasso e della precedente delegazione parlamentare. Il problema è essenzialmente l’attribuzione delle competenze: la biblioteca Albino è finita sotto la Direzione generale dei Musei anziché la Direzione generale delle Biblioteche, come avvenuto per molte altre strutture italiane. Poi sono seguiti problemi di natura strutturale e sismica, che però sembravano risolti grazie allo stanziamento di risorse per la messa in sicurezza. Invece, a distanza di quasi sette anni, non sembrano ancora esserci spiragli. L’amministrazione comunale di Campobasso, nonostante non abbia nessuna competenza, sembra l’unica istituzione ad interessarsi alle sorti dell’Albino. Proprio dieci giorni fa l’assessore alla Cultura Paola Felice, insieme ad altri funzionari di Palazzo San Giorgio, è riuscita ad ottenere un incontro a Roma per capire a che punto sia l’iter. Con l’elezioni del nuovo governo, infatti, la situazione è nuovamente in una fase di stallo, «bisognerà attendere ancora qualche settimana – ha spiegato Felice – quando il ministero formalizzerà le nomine delle Direzioni generali di musei e biblioteche. Solo allora potremmo capire come agire. Nel caso in cui gli attuali dirigenti venissero riconfermati, noi abbiamo già avviato una interlocuzione. In caso contrario, dovremmo ricominciare daccapo. Siamo comunque soddisfatti per l’incontro al Ministero e speriamo che le nostre sollecitazioni, una su tutte la riapertura, possano essere accolte. Sappiamo che il Comune non ha alcuna competenza, ma crediamo sia nostro dovere difendere una struttura dall’immenso valore culturale non solo per Campobasso ma per l’intera regione. Senza contare che l’area di via D’Amato, di cui il Comune è proprietario, versa in condizioni di incuria e degrado anche a causa della chiusura della biblioteca». Insomma l’amministrazione pentastellata «sta facendo davvero di tutto – conclude Felice – sarebbe auspicabile, però, un interessamento trasversale con il coinvolgimento di tutte le istituzioni».

md

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