Ufficiali del Ris che hanno svolto gli esami sui reperti, i carabinieri di Campobasso intervenuti subito dopo il fatto di sangue ma anche la compagna della vittima. È stata un’udienza fondamentale quella che si è chiusa ieri mattina in via Elena e che ha aggiunto ulteriori tasselli alla ricostruzione dell’omicidio di Cristiano Micatrotta. In aula, come sempre dall’inizio del processo, anche l’unico imputato Gianni De Vivo, accusato di omicidio premeditato. Davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Salvatore Casiello i 10 testi hanno risposto alle domande del pm Sabusco, degli avvocati di parte civile Fiorda, Albino e D’Aloisio e dei legali dell’imputato Stellato e Prencipe.
Oltre agli aspetti tecnici forniti dai militari del Ris, che hanno confermato di non aver riscontrato tracce di sangue sugli indumenti di De Vivo e impronte sul coltello, mentre sui cellulari dell’imputato, di Micatrotta, Madonna e Di Mario è stata rilevata la presenza di cocaina, gli avvocati si sono soffermati sulle trascrizioni dei messaggi e delle telefonate intercorse tra i protagonisti della vicenda.
68 le chiamate di De Vivo indirizzate a Madonna – cognato della vittima già accusato di rissa in prima grado – tra le 21.41 e le 22.06 della vigilia di Natale del 2021. Telefonate fatte, secondo quanto ricostruito, per chiedere conto del truffa subita da De Vivo in merito alla cessione di cocaina avvenuta il pomeriggio. Il «pacco», come riportato nei messaggi, che Micatrotta avrebbe fatto all’imputato. Nel racconto dei testi ha trovato conferma pure lo scambio di messaggi tra Madonna e Di Mario prima dell’arrivo in via Vico. Il primo chiedeva ‘supporto’ all’altro per fare un «mazziatone» a De Vivo. Di Mario però, come dichiarato dal luogotenente dei Carabinieri di Campobasso che ha trascritto telefonate e chat , avrebbe cercato di far desistere Madonna dal suo intento. Tentativo però sfumato: i tre (Madonna, Micatrotta e Di Mario), infatti, poco dopo si recano in via Vico.
Ascoltata anche la compagna della vittima, nonché sorella di Madonna che ha negato di essere a conoscenza che il compagno e il fratello facessero uso di droga o spacciassero. La ragazza ha ricostruito i momenti precedenti all’omicidio, ovvero la cena della Vigilia a cui hanno preso parte anche Micatrotta e Madonna prima di lasciare casa intorno tra le 22 e le 22.30. Tra i testi pure il gestore del bar dove, tra le 18 e le 20 della vigilia, sarebbe avvenuta la cessione di droga tra Micatrotta e De Vico, alla presenza di Madonna.
«Una udienza molto più importante di quello che possa sembrare – ha dichiarato a margine dell’udienza l’avvocato di parte civile Fabio Albino – perché tutti i tecnici hanno ricostruito gli eventi a bocce ferme, subito dopo la sera del delitto. Hanno ricostruito anche in maniera esaustiva sia la dinamica sia i movimenti delle persone coinvolte di questa vicenda. Quella della compagna è stata una testimonianza particolarmente struggente».
Soddisfatto anche l’altro avvocato di parte civile, Roberto D’Aloisio: «Il racconto della compagna della vittima è stata fondamentale perché ha dimostrato che il coltello, con tutta probabilità e per noi con assoluta certezza, non può che provenire dalla persone che è imputata per questo delitto. Un fatto che va a corroborare anche il dolo fino a raggiungere un livello della premeditazione. È quello a cui miravamo, dunque è stata una udienza fondamentale».
Opposta la tesi dei legali di De Vivo: «Abbiamo fatto degli approfondimenti in fatto che sono determinanti per comprendere la genesi di questa vicenda – le parole di Stellato – Noi l’abbiamo sempre detto: in questo processo è la genesi complessiva che deve essere costruita in maniera coerente ed è quello che stiamo facendo giorno dopo giorno, teste dopo teste».
«Le idee in questo frangente sono provvisorie – prosegue Prencipe – il processo è una continua evoluzione, oggi registriamo qualcosa che per noi è importante soprattutto nella prospettiva che vorremmo far capire ai giudici, cioè questa è una vicenda che va vista nella sua complessità, non si può separare un singolo frammento e giudicarlo in modo isolato. Va tutto contestualizzato. Un dato certo, emerso più che mai oggi, è che De Vivo è stato l’unico ad aver ammesso che tutto è scaturito da una cessione di droga, lo ha detto nel suo interrogatorio in modo chiaro e netto, mentre le dichiarazioni delle altre persone erano abbastanza ambigue, e iniziamo ad avere le prime conferme scientifiche di questo».
Si torna in aula il 12 maggio.