Le sorti di Khaled El Qaisi si conosceranno domani. Il cittadino italo-palestinese è stato scarcerato ma non è libero.
A casa di un garante, senza passaporto e senza contatti con l’esterno, ma non agli arresti domiciliari. È complessa la situazione in cui Khaled si trova da domenica 1° ottobre, quando il tribunale israeliano di Rishon LeZion ha sancito la sua scarcerazione, ma non la chiusura delle indagini, che continueranno almeno fino all’8 ottobre.
Fino a questa data, infatti, nonostante non sia stata formulata alcuna accusa, Khaled dovrà rimanere a disposizione delle autorità israeliane e non potrà lasciare il territorio palestinese, a causa di un divieto di espatrio comminato dal tribunale israeliano. Una misura di trattenimento, ancora una volta, difficilmente giustificabile a livello giuridico in quanto adottata dallo Stato di Israele, ma eseguita in territorio palestinese.
Per trenta giorni, inoltre, a Khaled è vietato ogni contatto con persone che potrebbero essere coinvolte nelle indagini. Una condizione tanto vaga da essere suscettibile di applicazioni vessatorie e arbitrarie, che di fatto gli impone di ridurre all’osso qualsiasi comunicazione o spostamento dal momento che, nell’ignoranza dell’ipotesi accusatoria, non ha modo di sapere quale contatto possa essere considerato pericoloso. Anche una telefonata o un incontro fortuito per strada rischiano di configurarsi come la violazione delle condizioni del rilascio. Eventualità che, tra le altre cose, determinerebbe anche un’immediata (e gravosa) sanzione pecuniaria a carico della persona che si è offerta di fungere da garante e che da ieri lo ospita nella propria casa a Betlemme.
È in questo quadro, ancora incerto e delicato, che la moglie di Khaled, la campobassana Francesca Antinucci, sebbene rassicurata sulle sue buone condizioni di salute, chiede che su El Qaisi «l’attenzione dei media e la cura del governo italiano restino altissime», auspicando al contempo la «massima accuratezza» da parte dei mezzi d’informazione e la cautela richiesta dal caso.
Il Comitato per la liberazione di Khaled prosegue con determinazione la mobilitazione avviata lo scorso 15 settembre, anche perché la scarcerazione di Khaled non va certo a sanare le gravissime violazioni dei più fondamentali diritti della persona perpetrati fino ad ora, e quotidianamente, dal sistema israeliano.
Dopo la lettera aperta di intellettuali e accademici, le manifestazioni degli studenti universitari nei principali atenei nazionali e i presidi sotto le sedi Rai di otto città, è stata lanciata una raccolta fondi a sostegno delle spese legali sulla piattaforma “Produzioni dal basso” e in settimana sono previste altre iniziative locali e nazionali a cui tutte le persone solidali alla causa di Khaled sono invitate a partecipare.

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